lunedì 12 agosto 2024

Palio

 

Il Palio è patrimonio di tutti, anche di chi non lo capisce
SIENA E IL SUO SIMBOLO VIVO - Non solo cavalli. Per i “nemici” è uno show crudele. Le contrade invece sono disposte “alla guerra” per difenderne il valore. Che ora lo Stato riconosce per la prima volta
DI TOMASO MONTANARI
Perché esista un “patrimonio culturale” deve esistere una “comunità patrimoniale” che, lungo i secoli, dia senso a quel patrimonio, e da quel patrimonio a sua volta attinga senso: un circolo virtuoso che, nei casi migliori, si apre a comunità più vaste, e infine all’intera comunità umana. È il caso del Palio, che venerdì prossimo conoscerà uno dei suoi due culmini annuali: la carriera in onore della Madonna Assunta, unica regina di Siena. In tempi in cui l’ignoranza e la stupidità trovano nella rete un potentissimo catalizzatore, anche il Palio ha i suoi irriducibili nemici: la stragrande maggioranza dei quali non sa di cosa sta parlando. Il Palio non è una corsa di cavalli: è un sistema culturale complesso e secolare che ha condensato su un piano simbolico la vita culturale, sociale e politica di una orgogliosa capitale che si vedeva privata del suo Stato. Siena ha saputo riprodurre il cosmo intero nel suo microcosmo urbano, e le sue diciassette contrade sono divenute altrettanti popoli sovrani, pronti – e qui è il prodigio, e anche la straordinaria attualità – a farsi ogni anno una guerra rituale nelle due corse in Piazza del Campo, e subito a stringersi in una pace, superiore e comune, che è quella della città – la Siena il cui “Palio dura tutto l’anno”, come recita una massima chiave per capire la festa senese e il suo valore.
Il mondo semantico e rituale del Palio tiene insieme spazio e tempo, segnando il calendario senese e consacrando il tessuto della città: pietre e popoli vi si saldano, in una densità di testi, letterali e metaforici, che è difficile sospettare finché non la si conosca. Un autentico e complesso patrimonio culturale, materiale e immateriale, che ora la Repubblica italiana ha, per la prima volta, riconosciuto come tale, tutelandolo in attuazione del mandato costituzionale (articolo 9: “La Repubblica … tutela il patrimonio storico e artistico della nazione”). Dopo un lungo lavoro di un comitato scientifico, l’Istituto centrale per il patrimonio immateriale ha notificato al Comune e al Magistrato delle Contrade la pubblicazione dei diciassette decreti di dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante delle testimonianze materiali dell’espressione dell’identità culturale collettiva “Palio di Siena”. Con una procedura inclusiva, e innovativa, le comunità contradaiole hanno partecipato alla stesura del “vincolo”, scegliendo ciascuna un oggetto (bandiere o tamburi) da tutelare materialmente, in una rete che rendesse concretamente e simbolicamente tangibile la tutela del patrimonio-Palio, fatto di strade, chiese, musei, fontane, canti, riti, storie, cene, amori, odi, ricordi… Appare a tratti vertiginoso riuscire a tenere insieme, e a definire come patrimonio culturale, un simile, inafferrabile, palinsesto plurisecolare di “cose” e pensieri: ma è proprio questa la realizzazione della più alta idea di patrimonio, quella del “contesto”. Alla fine del Settecento, il francese Antoine Quatremère de Quincy spiegava ai suoi connazionali, e a tutta Europa, che “il vero museo di Roma si compone, è vero, di statue, di colossi, di templi, di obelischi, di colonne trionfali, di terme, di circhi, di anfiteatri, di archi di trionfo, di tombe, di stucchi, di affreschi, di bassorilievi, d’iscrizioni …: ma nondimeno è composto dai luoghi, dai siti, dalle montagne, dalle strade, dalle vie antiche, dalle rispettive posizioni delle città in rovina, dai rapporti geografici, dalle relazioni tra tutti gli oggetti, dai ricordi, dalle tradizioni locali, dagli usi ancora esistenti, dai paragoni e dai confronti che non si possono fare se non nel paese stesso”.
Ecco, è esattamente questo intreccio che si tutela, ora, a Siena: un contesto coeso, ancora vivo e visibilissimo. Il Comune ha giustamente sottolineato che “la ricerca ha fatto emergere, entro una comune cornice di senso e di pratiche, la pluralità dei punti di vista e la specificità di ciascuna realtà. I vincoli emessi non sono volti a una sorta di “congelamento” degli oggetti stessi, ma intendono preservarne e garantirne usi e significati correnti, valorizzando il loro legame con il patrimonio culturale immateriale del Palio di Siena, con la storia delle Contrade e con la vita delle persone che li hanno costruiti, cuciti, utilizzati, suonati, vissuti e, in qualche modo, messi in valore nel tempo, e continuano a farlo tuttora”. Se aveva ragione Carlo Levi, se “il primo dei caratteri che distinguono l’Italia è quello di essere il Paese dove si realizza, in modo più tipico e diffuso e permanente che altrove, la contemporaneità dei tempi”, allora in pochi luoghi come a Siena ciò è evidente. La circolarità della corsa del Palio suggerisce proprio questo: la saldatura tra il passato e il presente. È un volo, un giro di trottola nel quale ogni cosa è chiamata a convenire, e a dissolversi. Un sortilegio di fronte al quale Eugenio Montale esclamava: “E tu dimentica! Dimentica la morte”.

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