sabato 17 agosto 2024

Garfagnana

 

Lucignana il borgo dimenticato che torna a splendere grazie ai libri
DI MARIA NOVELLA DE LUCA
LUCIGNANA (LUCCA)
Se avete fame a Lucignana dovete bussare in canonica, davanti alla chiesa di Santo Stefano che si affaccia sul verde elettrico delle Apuane, in un’aia dove il vento leggero anche d’estate caccia via l’afa e regala spicchi d’ombra, i lecci e i castagni sembrano tracciare la linea dell’orizzonte, il passo si fa lento e il respiro si placa. Davanti all’infinito della natura, uccelli, ruscelli, fiumi, sentieri, orridi, gole, canyon, praterie di giunchiglie e di elicriso, brughiere di violette e violaciocche, il pensiero è: adesso mi fermo, lascio andare, assaporo la pace, mi faccio assordare dalle cicale mentre ascolto il silenzio e medito sulla vita, in questo angolo remoto di Garfagnana, terra di briganti e di anarchici, di eremi e di solitudini. Ne scriveva Giovanni Pascoli che da queste parti, a Castelvecchio, decise di creare il suo “cantuccio d’ombra romita”, nel giardino c’è la tomba dell’amatissimo cane Gulì, in casa le tre scrivanie sulle quali lavorava, i vestiti nell’armadio, i liquori sulla tavola, l’alcolismo fu il tormento di Pascoli, visitare questa villa di campagna, intatta come se il poeta e sua sorella Mariù fossero appena usciti, è un’esperienza letteraria e tattile da non mancare.
Per trovare la pace bisogna deviare, salire, fare fatica. Non è un caso che la “frontiera” per giungere quassù, digressione dalla Toscana più nota anche se la Versilia è a un passo e Lucca a una manciata di chilometri, sia un ponte, il Ponte del Diavolo, nella valle del Serchio, a Borgo a Mozzano, stranissimo ponte a tre arcate voluto, si dice, da Matilde di Canossa. Qui si approda per lasciarsi alle spalle qualcosa — ognuno sa cosa — e ricominciare. Come ha fatto Alba Donati, scrittrice e poetessa che a Lucignana, 180 abitanti di cui ben 20 bambini, è tornata per aprire una minuscola, stupefacente libreria, uno chalet di legno azzurro azzurro appoggiato su un poggio che era l’orto incolto di famiglia, diventata oggi con una scommessa ardita una delle 20 librerie più belle d’Europa. Meta di viandanti letterari, di pellegrini curiosi di parole che nel giardino di Alba fanno scorta di volumi, sorseggiano tè freddo in tazze inglesi fine bone china, tra le rose selvatiche, le peonie e il plumbago blu, in dichiarato omaggio ad “Alice nel paese delle meraviglie”, ma anche a Emily Dickinson e Jane Austen. Niente menù, né prezzo fisso alla canonica di Lucignana, borgo di pietre dell’anno mille rinato grazie a “Sopra la penna”, la libreria di Alba Donati, qui ognuno mangia e lascia quel che può, del resto un ristorante non c’è e nemmeno il bar o un’osteria.

Così due signore di Lucignana si sono organizzate per dare ristoro e magari una spartanissima stanza a chi proprio a valle non vuole scendere. Del resto come rinunciare a un cielo stellato nel buio assoluto? E se capitate nel giorno giusto, quando Rosita e Francesca aprono la cucina della casa del prete, infornano le lasagne e stendono i maltagliati, friggono la pasta fritta, affettano salame, prosciutto e lardo profumato, tagliano il pecorino con miele di castagno e pane di patate, mentre l’odore del ragù inonda l’aia, l’esperienza sarà mistica. Il mio viaggio in Garfagnana, amore adulto, tra gli Appennini e le Alpi Apuane, è iniziato così,dalla libreria “Sopra la penna”, scoperta la prima volta sotto una pioggia scrosciante con conseguente arcobaleno sulle montagne rasate di Prato Fiorito che a primavera si coprono di giunchiglie.
Un viaggio mosso dallo stupore che un luogo di libri, raffinatissimo e sorprendentemente in attivo, dove domina una ricercata selezione di titoli, potesse far rinascere una comunità e una micro-economia in un borgo spopolato e in parte dimenticato. Racconta Alba che qui è cresciuta, poi partita e infine tornata dopo lunghi anni dedicati all’editoria, «oggi insieme a me in libreria lavorano amiche d’infanzia e giovani nipoti, arrivano visitatori da tutto il mondo, sembrava una cosa da pazzi vendere libri in un paese di 180 abitanti, invece grazie al crowfunding il sogno ha preso forma, a due mesi dall’apertura, nel 2019, lo chalet era andato a fuoco, l’abbiamo ricostruito con l’aiuto di tutti, in una gara di solidarietà che ancora mi commuove». «Ogni mattina scendo in giardino e guardo le piante, quando è ancora tutto fresco, penso ai libri di Pia Pera, anche lei aveva un giardino da queste parti, a Tereglio, respiro profondamente e ringrazio per questa bellezza». Dunque è a Tereglio che bisogna salire (e poi a Barga, all’orrido di Botri e al fiume Lima, all’eremo di Sant’Ansano) seguendo i consigli di Alba che all’avventura di “Sopra la penna” ha dedicato diario letterario biografico e sentimentale “La libreria sulla collina” (Einaudi) già tradotto in dieci lingue.

Tereglio è una strada stretta e lunga, dimenticate l’auto in questo micro borgo della Val Fegana si entra soltanto a piedi, camminare lenti perché le salite mordono mentre si segue la perfetta cinta delle mura che porta al castello, in un nascondersi di orti e giardini segreti, fontane e antichi lavatoi. Ma Tereglio è soprattutto Giovanna Niccoli e la sua “Fagiana”, Bed and Breakfast incantevole e incantato ristrutturato da Giovanna e suo marito Massimo Duranti, approdati qui 35 anni fa, anche loro per lasciarsi alle spalle qualcosa e ricominciare. «A Lucca era in atto una gentrificazione selvaggia, Tereglio ci colpì per la densità del silenzio, questo palazzo nobile era poco più di un rudere, Massimo faceva l’avvocato ma voleva cambiare vita, io l’ho seguito lasciando il mio lavoro all’università. Abbiamo passato anni meravigliosi. Oggi Massimo non c’è più, sono io che accolgo gli ospiti nelle nostre sei stanze».
Letti magnifici e stanze ariose, ma è la colazione ad essere un vero dono. Dal miele alla ricotta, dal burro al latte fresco, tutto arriva, dice Giovanna «da minuscole produzioni locali». Ma Tereglio è anche la storia di una scrittrice, slavista, botanica, Pia Pera, che di Massimo e Giovanna era amica e qui aveva comprato una minuscola casa con un minuscolo giardino, dopo (anche lei) aver lasciato qualcosa — nel suo caso Milano — essersi trasferita nel podere di famiglia vicino a Lucca per riscoprire una filosofia del coltivare raccontata ne “L’orto di un perdigiorno”, essersi ammalata di Sla e aver lasciato un libro bello e straziante “Al giardino non l’ho ancora detto”, verso di Emily Dickinson, prima di morire, a 60 anni. Si torna ripassando da Castelvecchio Pascoli, tra le stanze della casa del poeta fa strada Sara Moscardini della Fondazione Pascoli, bravissima. E si esce con la sensazione di essere entrati in un luogo segreto, fabbrica di poesie sempre conosciute e mai conosciute davvero.

Nessun commento:

Posta un commento