domenica 2 luglio 2023

L'Amaca

 

Un coperchio che salta
DI MICHELE SERRA
Di tutte le frottole governative, una delle più fraudolente è attribuire al permissivismo il consumo sconsiderato di droghe e l’impatto devastante in termini di reati, violenza, reclusione, costi sociali vari e assortiti.
Come è noto, e ammesso che la realtà conti qualcosa, la situazione attuale è figlia del proibizionismo, con conseguente prosperità delle mafie piccole e grandi che gestiscono il traffico. Di alcol e di nicotina, che sono droghe legali, ci si ammala e si muore assai più che di eroina, cocaina, droghe sintetiche. Ma l’alcolista e il fumatore non patiscono lo stesso stigma sociale, né la stessa esposizione al crimine e ai rischi legali, che gravano sugli altri tossicodipendenti: ci si scanna, tra ragazzi, per pochi euro di cannabis, come recenti fatti di cronaca raccontano; ci si scannerebbe anche per una cassa di birra se procurarsela implicasse lo stesso iter clandestino e criminogeno.
Mi ha colpito, in questo senso, il ragionamento anti-proibizionista contenuto nell’intervista (bella!) di Giulia Santerini a Manuel Agnelli per Metropolis.
Fa spicco, nelle parole di Agnelli, la totale assenza, rara di questi tempi, di ogni forma di recriminazione e di lagna, e il continuo rifarsi alla responsabilità personale.
All’uso che facciamo di noi stessi. Il proibizionismo si fonda sull’idea opposta: io Stato (mi correggo, io Nazione) ti dico che cosa devi fare di te stesso. Decido io per te. Se avesse funzionato, le droghe non sarebbero così diffuse e le mafie così ricche e potenti. Ma non ha funzionato. E se ammetterlo è così difficile, è perché il proibizionismo è un’ideologia: un “dover essere” imposto agli altri. Un coperchio che salta in aria ogni minuto, da decenni.

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