martedì 25 luglio 2023

L'Amaca

 

La ricchezza obbligatoria

DI MICHELE SERRA

Della vicenda Santanchè mi sono fatto questa idea: che i soldi, in certi ambienti, sono considerati un diritto. La proporzione tra lavoro e denaro, tra merito e successo salta. Ci sono persone che si iscrivono all’Albo dei Ricchi a Prescindere, e non mollano la presa a nessun costo. Essere ricchi per loro non è una conquista, una fortuna che capita, una ricompensa della fatica e del talento: è una decisione. Dicono a se stessi: io sono ricco perché così mi va di essere — e la cosa fantastica è che gli altri ci credono.
L’accesso al credito per loro è un’ovvietà indiscutibile. Io (come tanti) lavoro da quasi mezzo secolo, e nel mio piccolo ho avuto visibilità e successo: ma se vado sotto di mille euro in banca, la banca mi telefona, e gentilmente me lo fa presente. C’è una cerchia di italiani che si sottrae a questa regola e non ho mai capito come — se per le amicizie, per l’abilità, per la capacità di vendersi. Vive al di sopra delle proprie possibilità, e per dirla tutta anche dei propri meriti professionali. Può “andare sotto” di milioni di euro senza fare una piega. Ma ce la fa, ci riesce, come se fosse considerata solvibile non per come si comporta, non per quello che produce (siamo in una società di mercato oppure no?) ma per come si presenta in società. Per quello che dice di essere.
Se le regole fossero uguali per tutti, per tutti sarebbe uguale far quadrare i conti, e pagare pegno alla voragine dei debiti. Ma non funziona così. Ci sono persone che camminano avendo sotto i piedi il baratro economico, però spavaldi, e sorridendo. Gli esseri umani sono un mistero irrisolto.

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