di Paolo Ziliani
Non so se siete d’accordo, ma il comunicato stampa con cui la Juventus, la sera di giovedì 13 luglio, comunica al mondo – ma in particolare ai giudici dell’Uefa che sono in procinto di decidere le sue sorti in campo europeo dopo la doppia indagine aperta sul suo conto, una sul mancato rispetto del Fair Play Finanziario e una sugli illeciti commessi e puniti, sia pure blandamente, nel campionato italiano – è un capolavoro di improntitudine, per non dire di faccia tosta. Nell’evidente intento si ingraziarsi i favori dell’Uefa e di addolcire le pene, la Juventus di Elkann e Scanavino ufficializza ciò che già aveva annunciato nel comunicato stampa del 6 giugno: usciamo dal Progetto Superlega. E tuttavia, prosegue Madama, anche se vorremmo non possiamo farlo perché per motivi contrattuali serve il consenso di Real e Barcellona, che non ce lo danno. Direte: è uno scherzo vero? Invece no. Ecco la frase testuale. “Juventus conferma di aver iniziato la procedura di uscita dal suddetto Progetto, pur rammentandosi che, ai sensi delle disposizioni contrattuali applicabili, affinché il recesso produca i suoi effetti è richiesto il previo consenso di Real Madrid, FC Barcelona e degli altri club coinvolti nel Progetto Super Lega”.
Avete capito bene: la Juventus rammenta a se stessa (che, sbadata, non ci aveva pensato prima) che causa contratto firmato entrando a far parte della società A22 titolare del Progetto Superlega, ha il cappio al collo. A22 è la società che ad oggi raccoglie solo tre club, Real Madrid, Barcellona e Juventus; i tre club che dopo la pioggia di defezioni di due anni fa, quando nel giro di 48 ore dall’annuncio della nascita della Creatura se ne andarono in massa i club inglesi, l’Inter, il Milan e compagnia bella, fecero quadrato e cementarono la loro intesa di “irriducibili” riscrivendo il contratto che li legava alla fedeltà più assoluta nella buona e nella cattiva sorte. Al punto che al fine di scongiurare nuovi tradimenti, Agnelli, Laporta e Florentino Perez si accordarono per inserire una penale di 400 milioni a carico del club che in caso di impazzimento avesse deciso di abbandonare la nave nel bel mezzo della traversata.
Ebbene: sballottata nel mare in tempesta delle inchieste Uefa, e col fondato timore di essere esclusa dalle coppe europee per almeno due anni, il che significherebbe bancarotta certa, la Juventus ha gettato la scialuppa in acqua e se l’è data a gambe (o meglio a braccia, visto che sta remando verso la riva Uefa). Un ammutinamento in piena regola che decreta, ammesso che ce ne fosse bisogno, la fine definitiva del Progetto Superlega per il quale tanto si era battuto Andrea Agnelli, che da presidente dell’Eca (associazione club europei) fingeva di fare gli interessi dei 450 club affiliati e in realtà lavorava alla creazione di un torneo per soli eletti, gli unti dal Signore come Juventus, Real e Barça, che avrebbero giocato in un Eden a numero chiuso, facendo un po’ di elemosina un anno a un club, un anno a un altro club invitati di volta in volta alla tavola dei potenti, vincendo e arricchendosi, arricchendosi e vincendo.
Non è andata così. A finire in mare è stato proprio Agnelli e chi adesso guida la scialuppa bianconera implora l’Uefa di essere portato in salvo e di tornare a giocare le meravigliose competizioni che l’ormai ex presidente aborriva e sdegnava. E sì, è vero, ci vorrebbero 400 milioni da dare a Real e Barcellona: sul momento non ci sono, ma fidatevi sulla parola. Siamo la Juventus, dopotutto.
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