La prevalenza del Cremlino
di Marco Travaglio
Chiedo per un amico: ma questi russi, precisamente, come fanno a pilotare elezioni in mezzo mondo? Sono anni che non mi perdo un articolo sulla poderosa macchina del Cremlino per truccare le urne in quasi tutto l’orbe terracqueo, nella speranza che qualcuno mi ripaghi dell’immane sforzo e mi spieghi in parole semplici, magari con un disegnino, come avviene concretamente l’infiltrazione della piovra moscovita nelle menti degli elettori, nei seggi e nelle urne. Ma niente: a parte le solite pippe su spie, hacker, troll e fake russi (che esistono, ma come quelli americani, francesi, tedeschi, australiani, persino italiani), appena si entra nel cuore del problema – milioni di italiani indotti a votare per chi vuole Putin – si tengono tutti sul vago, alludono, ammiccano con l’aria di chi la sa lunga ma non può parlare. E il bello è che sono gli stessi che accusano i “populisti” di “complottismo”. Io però continuo a leggere. E a sperare.
Scopro dalla Stampa, grazie al commissario Iacoboni, della “lunga ombra di Medvedev in Italia e il giallo di quella tenuta nel Chianti”, dove il “presunto prestanome” (espressione meravigliosa) dice: “Le polemiche ci han fatto vendere più vino”. Ecco, forse sciolgono nel Chianti qualche polverina sovranista che fa votare come dice Putin, perdendosi però gli astemi. Apprendo dal Messaggero del nuovo “allarme del Copasir”: “Blog, talk show e social, così i russi influenzano la campagna elettorale. Sotto i riflettori dell’intelligence alcuni ‘facilitatori’ che collaborano con Mosca”. Per i nomi dei “facilitatori” occorre attendere le liste di putiniani autunno-inverno su Corriere o Rep. Nell’attesa, resta da capire perché più cresce l’influenza russa, più i partiti filorussi Lega e FI calano nei sondaggi. In compenso un bel facilitatore putiniano l’abbiamo già: papa Francesco, che deplora l’autobomba che ha arrostito e squartato l’inerme figlia del filosofo Dugin, e viene prontamente zittito dal democratico governo ucraino e dal Foglio, increduli perché il Pontefice non benedice il terrorismo. Così chi condanna le ingerenze russe nel voto italiano, senza mai spiegare chi, come, dove e quando, teorizza le ingerenze ucraine e americane nel voto italiano, visto che nessun leader o elettore può contraddire Zelensky o Biden (che poi sono la stessa cosa). Anche perché sennò s’incazza pure Paolo Mieli. L’altro giorno scrive sul Corriere che il clima della nostra campagna elettorale, chissà perché, “piace a Mosca”. Poi Letta accusa Meloni, più atlantista di Biden e dunque anche di lui, di portarci in dote a Putin & Orbán. Allora Mieli dichiara a Libero che “nel Pd comandano ancora i valori della Rivoluzione russa”. E noi ci arrendiamo. O chiamiamo la Croce rossa (attenzione: rossa, non russa).
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