sabato 9 aprile 2022

L'Amaca

 

E se saltassero un turno?
di Michele Serra
Nei tigì della Rai lo spazio per la politica italiana è assai ridotto, la guerra si prende, a mano armata, almeno metà del tempo. E dopo un quarto d’ora di case sventrate, cadaveri, missili, l’arrivo della raffica di dichiarazioni di partito, compresse per la fretta di impilarle una sull’altra, suona ancora più sbiadita del solito.
Lo stacco tra una tragedia storica e il siparietto serale dell’onorevole che in sei secondi, magari nel tragitto tra Montecitorio e il ristorante, deve dire la sua sulla tragedia storica, è abissale. Per giunta aggravato dalla qualità, generalmente alta, dei servizi degli inviati di guerra con il giubbotto antiproiettile. È probabile che almeno la metà dei dichiaranti colga la difficoltà di comparire, senza preavviso, in coda al macello: sente la trascurabilità della parte che il copione gli assegna. E preferirebbe, in cuor suo, saltare un turno, anche due o tre.
Ma il tran tran ormai pluridecennale non lascia tregua, l’onorevole Tizio teme che, se lui rinuncia, invece Caio parla, ognuno ha il suo posto assegnato, in quel carosello: è uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pure farlo.
La politica è un mestiere difficile, dunque non si vuole infierire su chi, magari per spirito di servizio, si presta ad apparire, come il cucù dal suo orologio, nei tigì della sera. Può essere d’aiuto, però, rivedersi il giorno dopo (è molto professionale, rivedersi), e concludere che era meglio imboccare un vicolo e non farsi trovare dalla troupe; o lamentare un mal di testa o un mal di denti invalidante, come fanno gli studenti impreparati per rimandare l’interrogazione. Scoprirsi impreparati o inadatti, a qualunque età, può spalancare le porte dell’autocoscienza.

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