mercoledì 20 aprile 2022

Robecchi

 

Dalla Francia all’Italia qualcuno dica alla sinistra quale destra votare
di Alessandro Robecchi
Domenica si vota in Francia, si decide se tenersi l’usato sicuro di Macron o gettarsi dalla rupe verso madame Le Pen, una specie di Meloni francese ma meno corteggiata dai media. Cinque anni fa i francesi si trovarono di fronte allo stesso identico dilemma: votare Macron sennò arriva Le Pen, quando si dice la continuità. Insomma, turatevi il naso e votate Macron, non so se vi ricorda qualcosa.
Assiste basito allo scontro un popolo intero, gli elettori di sinistra, quelli della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Avrebbero potuto andare al ballottaggio se altre tribù di sinistra li avessero seguiti: trotzkisti, socialisti, comunisti. Diciamo tanto della nostra, ma anche la sinistra francese sembra il bar di Guerre Stellari.
Dunque lo scenario che si apre è il seguente. Vince Macron, tutto bene, per circa sessanta secondi la Francia liberale si mostrerà riconoscente agli elettori di sinistra – bravi, responsabili! – e poi tornerà al lavoro come prima. Oppure vince Le Pen, e allora la sinistra si prenderà la colpa, brutti stronzi che preferite la signora fascista a Macron, non vi vergognate? Uccidete l’Europa, eccetera, eccetera.
Il modello francese differisce per molti piccoli particolari da quello italiano. Intanto là si tratta del 22 per cento dei votanti, non poco. Un francese su cinque è disposto ad ascoltare con attenzione (fino a votarlo alle presidenziali) un discorso che cambia i parametri, una sinistra popolare abbastanza radicale, di classe, quella che qui da noi quasi non esiste e viene chiamata con disprezzo sinistra-sinistra, sbertucciata in ogni modo, cosa che non stupisce in un clima di rivalutazione della svastica.
Non è un caso che Mélenchon passi qui, sui titoloni dei giornali, come il “Populista”, o addirittura l’“Antisistema”; cioè si gioca la solita carta della delegittimazione, mettendo insieme al tradizionale derby destra-sinistra (uff!) un altro più attuale scontro di civiltà: i futili sognatori-guastatori e i professionisti competenti (?). Segno dei tempi, ma, a conferma, basta fare la prova infallibile dell’insulto. Nel secolo scorso, se dicevi “Ehi, al posto delle armi, spendiamo quei soldi in case popolari!”, eri un fesso comunista. Se lo dici oggi sei un fesso populista. Ne abbiamo fatta di strada, eh!
La lezioncina francese non servirà a niente. Ed è destinata a riproporsi qui, sempre nelle dimensioni della piccola farsa locale, quindi una specie di caricatura. I contorni sono più sfumati, anche perché qui una sinistra-sinistra o non c’è o è microscopica, e c’è invece abbondanza di sinistra-destra, quella che segue Draghi senza se e senza ma, e vota in Parlamento con Brunetta e Giorgetti.
Chi lo sa se esiste anche qui, come al di là delle Alpi, un’area culturale e politica che vagamente guarderebbe a un cambio di sistema, a un ribaltamento dei parametri sociali. Si direbbe di no, a giudicare dai sondaggi. Ma si direbbe anche di sì, se si pensa che almeno quattro italiani su dieci non votano, un po’ disgustati. Il voto di questi disperati è già oggetto di scandalo: si piegheranno verso le destre, la sora Le Pen nostrana e il baciatore di salami, oppure verso i sostenitori del draghismo illimitato? Avvertenza: chi si metta in testa di rispettare una sana pregiudiziale antifascista (quindi no Meloni), ma anche di non votare chi abbia sostenuto il governo Draghi, si metterà un po’ nei pasticci. Non è un paese per giovani, né per vecchi, né per donne, né per bambini, né per non allineati, che fa brutto e poi ti dicono “populista”.

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