sabato 12/01/2019
Conte, uno “normale” nell’era dei fenomeni
di Andrea Scanzi
Se volete ridere (per non piangere), rileggetevi gli epiteti con cui venne accolto Giuseppe Conte tra maggio e giugno. Neanche aveva cominciato a fare il presidente del Consiglio, che già era stato dilaniato dalla stessa classe dirigente che – con la sua incapacità – aveva aperto la strada al Salvimaio e dalla stessa informazione che – con la sua ruffianeria – ne aveva incensato i predecessori. Conte era un millantatore, un prestanome, un incapace: un omino inutile, telecomandato come Ambra con Boncompagni. E questi erano i complimenti: di solito lo si riteneva null’altro che un mezzo deficiente, comandato per giunta da due minus habens come Salvini e Di Maio. È ancora il parere di chi resta turborenziano, tipologia umana che temo non potrebbe essere salvata neanche dal combinato disposto di Jung e Freud.
Era più che lecito avere dubbi su un sostanziale sconosciuto, scelto dal M5S come ministro della Pubblica amministrazione nell’impossibile monocolore 5 Stelle e – di colpo – catapultato in cima a un governo di per sé stravagante. Ora, però, se ci fosse un minimo di onestà intellettuale e non questo generalizzato tifo purulento di qua e di là, bisognerebbe ammettere come e quanto Conte stia stupendo: in positivo. Ne è prova ultima la risoluzione, colpevolmente tardiva ma politicamente encomiabile, del caso Sea Watch-Sea Eye. Una risoluzione (si ribadisce tardiva, e in quel ritardo c’è tutta la colpa del governo italiano e dell’Unione europea) che dimostra non solo il talento diplomatico di Conte (e Moavero), ma pure la sua autonomia.
Da mesi va avanti la nenia secondo cui, nel governo, faccia tutto Salvini. A furia di ripeterlo nei social e talk-show, è divenuto una sorta di Dogma. Ma è così vero che Salvini regni e signoreggi su Di Maio, Conte e il mondo intiero, compresa la non marginale Galassia di Andromeda? È vero mediaticamente ma non politicamente: a parte il dl Sicurezza, pieno peraltro di storture, per ora di concreto Salvini si è fatto – più che altro – le pippe a manetta. Conte, reputato “prestanome” dagli stessi che celebravano Monti (noto filantropo vicino ai deboli), veneravano la Diversamente Lince di Rignano e santificavano Gentiloni dimenticandosi quel suo essere “prestanome” di Renzi, ha più volte messo all’angolo Salvini. Sulla Sea Watch, sugli inceneritori, sulla legge Anticorruzione. E si spera pure su trivelle e Tav.
A settembre, in tivù, osai affermare che sul Salvimaio avevo (ho) miliardi di dubbi e certe cose mi facevano (fanno) schifo il giusto, ma che Conte era la sorpresa più positiva dell’esecutivo e che mi pareva già allora il miglior presidente del Consiglio dai tempi di Prodi. Fui massacrato, e ovviamente il massacro arrivò dai soliti scienziati rintanati nei loro attici con vista grandangolare sul proprio ombelico. Oggi ribadisco il concetto, ben sapendo che neanche gli faccio tutto ’sto gran complimento: anche una sogliola morta di onanismo sarebbe preferibile a Renzi.
Conte è migliorato pure nei suoi discorsi in Parlamento, dove all’inizio soffriva parecchio, e in tivù, dove – altro suo unicum – si ostina ad andare pochissimo. Le prime volte, da Floris a ridosso del voto (quando raccontò di provenire dalla sinistra) e poi ancora a DiMartedì dopo la nascita del Salvimaio, parve moscio. Idem all’esordio da Vespa, durante la quale mostrò il santino di Padre Pio a cui è devoto. Pochi giorni fa, ancora a Porta a Porta, si è rivelato molto più sicuro e quasi baldanzoso (“Salvini non vuole sbarchi? Vorrà dire che li farò prendere in aereo…”). L’uomo non disdegna l’ironia. A volte esagera (“I tagli ai pensionati sono impercettibili, nemmeno L’avaro di Molière se ne accorgerebbe”) e a volte ci prende (“Chi butto dalla torre tra Renzi e Gentiloni? Renzi si è già buttato da solo…”). Sottovalutandolo (quasi) tutti oltremodo, hanno finito col rendere ancora più evidenti le sue qualità: un’altra delle troppe cantonate di una cosiddetta “opposizione” che non riuscirebbe a essere così ridicola neanche se ci si impegnasse deliberatamente.
Aggiungo un ultimo aspetto legato alla sua veste diplomatica. Quando Conte va all’estero, è assai a suo agio con le lingue (compresa quella italiana: e già qui c’è del clamoroso). Non solo: ai summit coi (presunti) grandi della Terra, non fa le corna e neanche si improvvisa ilare bullo come quell’altro gradasso quando incontrava Schulz. Cordiale, affabile: sicuro di sé. Forse è la prima volta dal 2006 che tanti italiani non si vergognano di un presidente del Consiglio. Non che Conte sia un fenomeno: è solo un uomo serio e normale alla guida di un governo improbabile e sbilenco, che a volte le indovina e più spesso no. Ma anche solo essere “normali”, in questi tempi di fenomeni finti e politica sputtanata, suona quasi rivoluzionario.
Nessun commento:
Posta un commento