sabato 19 gennaio 2019

Durissima!



E' dura, durissima, quasi impossibile da gestire; il rischio di trovarsi il postino all'uscio con una querela supera di gran lunga la possibilità che la Madia scriva qualcosa di suo senza scopiazzare. Nell'inconscio roteano parole incredibilmente scurrili, travalicanti enormemente il confine della decenza. Come un ebbro risvegliatosi in un campo minato cercherò di sminuire l'impeto di collera nel leggere ciò che questi due dispersi nel giusto anonimato hanno avuto il coraggio di scrivere. 
Il primo: l'ex Egoriferto prossimo oramai a pubblicizzare profumi, salumi e salviette per sbarcare il lunario, visto che i vari mutui accesi per comprare villone alberate nel cuore della sua città gli depauperano lo stipendio da senatore sfanculante la promessa di ritirarsi dalla politica in caso di catastrofe referendaria, per fortuna accaduta, è divenuto il simbolo dell'antipatia, della goffaggine, dell'insapore, dopo aver fatto scempio di ideali, di cultura conquistate a caro prezzo dagli antichi padri. Spera il poveretto in una resurrezione ben più ardua di quella di Lazzaro, cogita, eufemismo simile a dire che il suo sodale zio malvagio sia una persona per bene, un ritorno per rinvangare tempi per fortuna andati, allorché si faceva scrivere leggi e decreti dagli amici di confindustria al fine di inchiappettare astanti e lontani, fingendo di essergli amico ed invece, tipico dei ribaldi, cospirare ed abbattere valori e conquiste proletarie, in nome di un regno basato sulla parodia, la fuffa incolore e le bugie più sfacciate, colossali, rimodulate e tendenti all'infinito ogniqualvolta fossero arrivate a scadenza; una su tutte: la promessa di ricostruire Amatrice e dintorni in un paio di anni. 


La seconda: per lei non potrò soffermarmi molto sulle sue gesta per non inciampare in querele ed avvocati visto che rappresenta il massimo della volgarità democratica, una cima di alterigia, di disprezzo del pensiero difficilmente riscontrabile nella storia repubblicana; l'emblema del radical chic, della puzza sotto il naso, il simbolo del "compagno tu lavori ed io magno", l'oasi dell'arrivismo, del presenzialismo, del dorato mondo di sopra distaccato da tutto e tutti, il fascinoso relegato a mercificare concetti, pensieri sociali, una muffa in cotonificio, la personificazione del disprezzo culturale verso i meno abbienti. Difficile trovare un'altra persona che pur parlando argutamente non riesce a trasmettere nulla, quasi fosse la sua una lezione mandata a memoria (da qui la oramai famosa Mnemonica). Evito di toccare tasti lancinanti quali Etruria e babbo annesso. 

Quello che si percepisce dai loro inutili, demenziali messaggi social è il rancoroso rosicamento che li pervade, li sconquassa non tanto per l'assistere inermi a scelte politiche innovative, anche se pur pregne di difetti e di aggiustamenti, rivolte verso il substrato arrancante nella quotidianità. No, il loro dramma è un altro: la vaporizzazione verso la nullità, i fari spenti attorno, il glaciale silenzio al cicaleccio che tentano pur sempre di elargirci, sperando che qualcuno li ascolti. E di questo godo moltissimo, prorompendo in canti di gioia, ringraziando pure le tante Leopolde gustate entusiasticamente ed accostabili per scompiscio a "I Figli del Deserto" di stanolliana memoria (a proposito! Tanti auguri Holly per il tuo 127mo compleanno!)

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