Tra ruggine e rancore. Il viaggio di JD Vance dall’inferno al potere
Elegia americana. Per fuggire dal terzo marito della madre tossica, cresce con la nonna che una notte dà fuoco al nonno alcolizzato. Nella vita, gli diceva: “Devi avere uno scopo”. Quindi l’Iraq e Thiel
DI PINO CORRIAS
Uno è il nonno iracondo che le spara sempre più grosse, coadiuvato dalle sue numerose sinapsi bruciacchiate dal sole della Florida e da una formidabile ignoranza che al netto di tutti i misfatti, imbrogli, reati, bugie, lo rende persino più innocente dell’“Idiota” di Dostoevskij, se fosse fatto di inchiostro.
L’altro è il nipote giovane e se possibile ancora più cattivo: JD Vance, tutta l’energia in quegli occhi infossati nel buio del viso che hanno visto l’inferno. E da quelle fiamme di tragica infanzia – per colpa del padre alcolizzato, della madre eroinomane, della nonna violenta – ha tratto così tanta energia da diventare potente come uno di quei supereroi malvagi della Marvel, che ogni mattina si danno il compito di farla pagare al mondo
Di Donald, il nonno milionario che secondo il New York Times passa il 25 per cento del suo tempo a giocare a golf, sappiamo quel che ha già combinato. Di Vance ci allarma quello che combinerà, vista l’anagrafe che lo avvantaggia di quasi quarant’anni sul suo mentore e visto quello che è diventato il Partito Repubblicano evangelizzato dai furori armati dei suprematisti bianchi.
Vance odia quasi tutto quello che lo circonda, a cominciare dall’Europa “decadente e scroccona”. Odia le nostre democrazie liberali che ha dichiarato “inservibili”. Odia le università sovversive. Odia il Messico “che ci invade”, il Canada “che ci sfrutta”, la Cina “che ci minaccia”, l’Iran “che guida l’asse del male”.
Odia gli immigrati che fa rastrellare dalla sua addetta alla sicurezza nazionale, Kristi Noem, che li esibisce accatastati nei gabbioni, come un tempo gli schiavi della nascente America. Odia le donne, anche se non proprio tutte, quelle lontane dal focolare, quelle che non fanno figli e che ha definito “infelici gattare”. Odia i diritti civili, a cominciare dal “divorzio facile” che consente “di cambiare coniuge come biancheria intima”. Sostenendo che la scusa di divorziare da un uomo violento “è uno dei grandi trucchi che la rivoluzione sessuale ha inventato”. Odia il diritto all’aborto per il quale auspica il “divieto assoluto”, senza riconoscere neppure l’eccezione per stupro e incesto che ha definito “inconvenienti”. E pretende che non andrà consentito in nessuno Stato “per impedire che George Soros faccia volare le donne nere in California per abortire”. Crede, come tutti i sovranisti, alla “grande sostituzione”, la planetaria cospirazione delle élite che vogliono “sostituire i veri americani bianchi con una sottoclasse di immigrati”. Odia la solidarietà e la compassione.
In compenso Vance ama i soldi e il potere, che sono la misura di tutte le cose. Come insegnano la vita e la Bibbia che rilette dai neocon premiano con la ricchezza gli uomini di buona volontà, mentre puniscono alla pena della povertà i meno meritevoli, infiacchiti dall’assistenza pubblica che invece di stimolarli al riscatto, li condanna al ghetto della dipendenza infinita.
In quanto a dipendenza infinita, James David Vance deve tutto alla sua biografia che fu, in principio, persino commovente. Nasce il 2 agosto 1984 nella piena decadenza di Middeltown, Ohio, città della Rust Belt, la “cintura della ruggine”, tutte le fabbriche dell’acciaio chiuse dalla crisi economica, le ville della passata ricchezza abbandonate e in rovina, i negozi chiusi. È il paesaggio di macerie che racconterà nella sua Elegia americana, il libro delle sue memorie, pubblicato nel 2016, destinato a diventare il manifesto della sua rabbia permanente. La sua famiglia è un disastro. Per fuggire dal terzo marito della madre tossica, cresce nel Kentucky, con la nonna che si vanta di possedere 19 pistole e che una notte ha dato fuoco al nonno alcolizzato, stufa di subire insulti e violenza. È la nonna che gli insegna il viatico della vita: “Da dove veniamo è chi siamo. Ma chi diventare lo scegliamo ogni giorno”. JD lo usa come suo biglietto di sola andata. Studia in un college statale. A vent’anni si arruola nei Marines, parte per l’Iraq per “dare una lezione ai terroristi”. Dirà: “È laggiù che ho scoperto di avere uno scopo”. Torna, vince una borsa di studio per veterani, si iscrive all’Università di Yale, si laurea in Scienze politiche. L’incontro decisivo è con Peter Thiel, il miliardario della tecno-destra, il socio di Elon Musk in PayPal, che lo assume in una delle sue miniere finanziarie della Silicon Valley. Debutta in politica dopo il clamoroso successo della sua biografia che diventa un film e insieme un manifesto sul rancore della white trash, la “spazzatura bianca”, che brucia sotto i velluti dell’America woke. A nome di quel rancore, attacca il miliardario Trump ogni volta che può, lo definisce “un farabutto”, “il grande frodatore”, “un oppioide per le masse”, “un disastro morale” e persino “l’Hitler d’America”. Ma quando si candida al Senato, anno 2022, sceglie di rimangiarsi tutto, si butta a destra seguendo Thiel che si è già genuflesso a Trump. Diventa il terzo profeta del Maga, il movimento Make America Great Again, indossa il cappellino rosso e tutti i valori della nuova destra, il patriottismo guerriero, la devozione al duro lavoro e alla famiglia, la religione come strumento di dominio politico, la mascolinità. Thiel e Musk fanno tutti gli investimenti necessari per metterlo al fianco di Trump nella nuova corsa per la Casa Bianca. Vance si inchina. Dichiara: “È vero, qualche volta non sono stato gentile con il mio comandante in capo. Poi ho scoperto che è stato e sarà il migliore presidente per l’America e che ha svelato la corruzione come nessun altro”. Chiede legge, ordine, muri e deportazioni a ogni comizio. È lui che si inventa la storia degli haitiani che a Springfield mangiano i cani e i gatti dei vicini di casa. È lui che dopo l’attentato di Butler, Pennsylvania, accusa Biden di essere il mandante dell’uomo che ha sparato a Trump. È lui a fargli da spalla mentre umilia Zelensky in diretta planetaria. È lui che si incarica del disastroso viaggio in Groenlandia insieme con la moglie Usha, dove agli abitanti promette: “Ci prenderemo cura di voi e della vostra sicurezza”. Con le buone o le cattive. Così come la sua nuova America si prenderà cura delle terre rare in Ucraina. Del Canale di Panama. Del petrolio degli Emirati. Delle macerie di Palestina. Dello spazio, della luna, di Marte. Parola di JD Vance, che ha il tempo dalla sua parte. E lo sguardo che serve.
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