Un americano a Roma
di MICHELE SERRA
Trump è stato eletto dagli americani per fare gli interessi degli americani, dice il Salvini. Vero. Ma, per quanto possa essere incredibile, anche il Salvini, almeno in teoria, sarebbe stato eletto dagli italiani per fare gli interessi degli italiani. E può capitare, per una amara congiura del destino contro il Salvini, che gli interessi degli uni e degli altri non siano coincidenti; e anzi, entrino in conflitto.
E dunque continuare a ripetere che «con Trump bisogna trattare», nel momento in cui quello ti ha dichiarato una guerra commerciale senza tregua, ricorda da vicino — sebbene siano in ballo le mozzarelle e il prosecco, non vite umane — quelli che volevano trattare con Putin mentre bombardava l’Ucraina e faceva rapire i bambini dalle sue truppe di invasione. È sempre un’intenzione lodevole, trattare: ma per farlo bisogna essere in due, e i prepotenti non trattano, aggrediscono e umiliano, invadono e minacciano.
Del Salvini, dunque, rischiamo di dover dire che è stato eletto dagli italiani per fare gli interessi degli americani. E che gli farebbero bene due chiacchiere con Zaia (incredibilmente: nel suo stesso partito) che, da veneto eletto dai veneti per fare gli interessi dei veneti, maledice i dazi, e invoca una risposta “europea” a Trump.
Ma Europa è una parola troppo stretta per il Salvini. Sospesa la fase del colbacco, è entrato in quella del cappello da cowboy. Ha una specie di vocazione all’esotismo, pur di non passare per europeo per lui vale tutto.
Prima o poi potremmo vederlo con il turbante, o con l’elmo vichingo, nemmeno a Cinecittà ne conoscono uno come lui.
Diversi lettori mi segnalano che la frase “la proprietà è un furto”, da me attribuita genericamente “al marxismo” nell’Amaca di ieri, era invece di Proudhon. Mi scuso per l’errore, dovuto all’abisso temporale che mi separa dal mio catechismo giovanile. (michele serra)
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