Una caricatura di guerra e pace
di MICHELE SERRA
Non sono mai stato hippie e però non ho mai avuto in mano una pistola o un fucile. Sto, come quasi tutti, nella dubbiosa e complicata condizione di chi odia la violenza e dunque cerca di difendersene. E mi domando, leggendo i giornali e ascoltando i dibattiti politici, perché mai la discussione sulla difesa europea, ovvero sul futuro dei nostri figli e nipoti (il nostro è già passato) debba procedere per caricature, con tutto il rispetto dei figli dei fiori e dei feticisti delle armi.
Sappiamo tutti che ogni Paese ha una polizia e un esercito, la differenza sta tutta e solamente nella funzione, negli scopi, nell’educazione. Se la polizia è fatta di sgherri e l’esercito di energumeni che non vedono l’ora di sparare a qualcuno, c’è da avere paura. Se sono fatti di donne e uomini muniti di cultura civica e spirito di servizio, c’è da stare tranquilli. Se la polizia e l’esercito sono al servizio di una dittatura, ogni divisa diventa odiosa agli uomini liberi. Se la polizia e l’esercito sono al servizio di una democrazia, dunque della comunità intera, ogni divisa è vista con simpatia.
Se von der Leyen avesse detto: discutiamo di quale difesa comune, quale esercito europeo, per quali ideali battersi, nessuno avrebbe avuto niente da ridire. Ma non lo ha fatto. Se il pacifismo più violento (mai ossimoro fu più comico) non opponesse a qualunque ipotesi di difesa l’accusa sguaiata e calunniosa di essere al servizio dell’industria bellica, la pace sarebbe un valore condiviso, non un randello nelle mani dei bigotti. C’è ancora margine per ragionare? O dobbiamo affidare il futuro degli europei al derby tra l’Atletico Cannoni e il Vaffa Armi?
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