domenica 7 aprile 2024

L'Amaca

 

La scoperta dell’acqua fredda
DI MICHELE SERRA
Si legge che nella Sicilia assetata ci sono tre grandi dissalatori dismessi da vent’anni. La domanda è una sola, e molto semplice: e perché mai? Perché in una regione arida, e in una fase climatica molto siccitosa, tutto ciò che riguarda il regime delle acque e la gestione delle acque non è costantemente in primo piano, continuamente curato, sempre aggiornato alle nuove tecnologie disponibili? Perché, nel caso i dissalatori fossero obsoleti, non si è provveduto a rimpiazzarli? Perché la maledetta parola “emergenza”, perenne miserabile squillo di tromba in un Paese appisolato e imprevidente, deve echeggiare con petulante stupidità quando sappiamo tutti, e da quel dì, che non c’è, né è mai esistita, nessuna emergenza, né idrica, né sismica, agricola, industriale, sanitaria, sociale, politica, istituzionale: c’è solo un costante trascurare le cose in attesa che le cose si sfascino?
La risposta che si dà al bar, in casi come questi, è: “Se non si è fatto niente, è perché nessuno ci poteva guadagnare qualcosa”. Ma lo Stato, gli enti locali, le municipalizzate, non sono stati inventati “per guadagnare qualcosa”, semmai per spendere i soldi di tutti, perlomeno della valorosa minoranza che paga le tasse, e possibilmente spenderli bene. Al posto delle varie Commissioni parlamentari di inchiesta costituite a vanvera, spesso con un non recondito scopo punitivo nei confronti di questo e di quello (indimenticabile, in questo senso, la Mitrokhin), si mandi in Sicilia e ovunque ce ne sia bisogno un commando di ingegneri idraulici, geologi, tecnici, maestri tubisti (esisteranno?), naturalisti, con l’incarico di aggiustare il colabrodo esistente e progettare nuovi bacini e nuovi impianti di depurazione senza scempiare il paesaggio. E il primo che dice che la siccità è “un’emergenza”, venga dissuaso con ogni mezzo. La parola emergenza, in Italia, deve essere bandita. E sostituita con due parole di ben diverso significato: cronica imprevidenza.

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