sabato 6 aprile 2024

Commenti e risposte

 

L’Italia è in Caste “Siamo preda di lobby che pensano a se stesse”
di Francesco Provinciali
Il libro “La Casta” ha raggiunto negli anni un alto indice di gradimento, descrivendo della politica i difetti più radicati, dall’incompetenza all’autoreferenzialità, dai cambi di casacca dei voltagabbana ai privilegi, alle immunità, alle prebende, ai vitalizi. Oggi quel libro dovrebbe volgere al plurale il suo titolo poiché nel frattempo si sono accreditate altre categorie negli anni sempre più spesso al centro della cronaca, in una dimensione di spettacolarizzazione di ruoli e funzioni, a cominciare dalla magistratura, per proseguire nel mondo dell’informazione fino ai cenacoli sindacali che trovo svuotati di indipendenza e autonomia e collocati in una sorta di collateralismo ai partiti a livello centrale-nazionale.
Innovazione e sviluppo economico hanno creato una differenziazione nel mondo del lavoro, ma le crisi aziendali e le chiusure delle piccole e medie imprese sono all’ordine del giorno, presto si aggiungeranno l’intelligenza artificiale, la digitalizzazione e la diffusione delle tecnologie e la specializzazione delle mansioni sarà compensata in negativo da una drastica riduzione degli organici: uno studio del Centres for European Policy Network (Cep) ha ipotizzato una perdita secca di 20 milioni di posti di lavoro nel breve termine in Europa. Dopo Enrico Berlinguer non ho più sentito altri politici di rango parlare di “masse lavoratrici”. Forse perché le masse lavoratrici non esistono più nemmeno in una dimensione iconografica. Nel frattempo cresce il divario che separa la gente dalle istituzioni, lontane anni luce dai problemi del popolo. La politica non recluta i migliori perché vuole degli yes-man, mentre i partiti sono diventati congreghe proprietarie di capi e capetti che non mollano l’osso: politici a vita. I siparietti televisivi serali dei soliti noti che recitano giaculatorie mandate a memoria la dicono lunga sulla capacità progettuale e la lungimiranza che nessuno possiede.

di Antonello Caporale
Una società divisa in caste è esattamente la misura della retrocessione della politica a potentati che scambiano, come fossero figurine, favori e concessioni con i gruppi sociali di riferimento. Quando la classe dirigente perde la reputazione pubblica, scivola cioè nell’assoluta disistima, la sua autorevolezza, proprio in ragione della considerazione generale di essere giudicata casta, si perde nel buio delle vergogne più o meno irriferibili. Il dramma che lei scorge dal fatto che negli anni sono proliferate le lobby, che chiama assai opportunamente caste, senza che il Paese sia riuscito a fare mezzo passo in avanti è un sentimento che ci accomuna. Non è servita a nulla la consapevolezza di subire le scelte della Casta, c maiuscola, sempre più simile a una cupola infrangibile. L’effetto collaterale del ridimensionamento della capacità, della responsabilità, dell’immagine (in una sola parola: della reputazione) della classe dirigente produce la proliferazione di gruppi sociali che esercitano pressioni a tutela del proprio status e, generalmente, a danno degli altri gruppi, specie se concorrenti. Cosicché ogni ceto ha cercato di costruirsi una referenza politica, un collegamento privatistico con questo o quel partito.
I bonus cosa sono se non l’effetto della pressione vittoriosa di innumerevoli e distinti gruppi sociali? Cioè, appunto, delle caste?

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