Troppo bello per essere vero
DI MICHELE SERRA
A Perugia, per le comunali, si candida una giovane donna, Vittoria Ferdinandi, sostenuta da Pd, Cinquestelle, rosso- verdi, Psi e un paio di liste civiche. È laureata in psicologia, impegnata da diversi anni nel sociale, cavaliere al merito della Repubblica (ha aperto un ristorante per dare lavoro e dignità a persone con problemi psichici), cita Aldo Capitini, è molto radicata nel territorio che andrà al voto. Per giunta, cosa che me la rende molto simpatica, se la ride della nomea di radical-chic: “considero le mie origini borghesi un valore aggiunto”.
Leggo la notizia, un paio di sue belle interviste (su Repubblica e Manifesto) e penso: dev’esserci un errore. Non è possibile che per costruire il fantomatico “campo largo” bastino candidati di alto profilo e un progetto politico che non si limiti ad arrabattarsi sulla difensiva, ma opponga alla destra un’altra idea di città e di società. È troppo bello per essere vero.
Difatti, l’errore c’è. Pare che un pezzo del Pd umbro (solo un pezzo, per fortuna) si senta tagliato fuori e non accetti una candidatura che giudica “affrettata”. E si sia messo di traverso.
Sulla litigiosità a sinistra sono stati scritti, oramai, ponderosi trattati. È una sindrome composita, che si manifesta con sintomi multipli (narcisismo, settarismo, verticismo, pelonelluovismo, ecc.). Difficile dunque azzardare una diagnosi, tra l’altro destinata poi a suscitare ulteriori litigi tra i pazienti in sala d’attesa. Però, lasciando alla sinistra umbra la propria autodiagnosi, ci sia consentito un sospetto: la paura di una vittoria sulla quale non si può mettere il cappello, è più forte della paura di perdere, però asserragliati, pochi ma buoni, nella propria vecchia bottega.
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