martedì 24 ottobre 2023

Pino e Giambru

 

È toccato a tutti quanti conoscere un Gianbruno
DI PINO CORRIAS
È toccato a tutti conoscere un gianbruno. Quando saltavamo la scuola e andavamo a giocare a biliardo nel bar d’angolo tra via Giambellino e via Tolstoj, la sala ne contava almeno una manciata già prima di pranzo. Erano i giambruno nullafacenti.
Avevano l’Alfone parcheggiato sghembo o anche il Kawasaki 500, detto la Bara, perché faceva i 200 all’ora, ma aveva i freni delle biciclette. Arredavano il tavolino della sala biliardo con il pacchetto di Marlboro, l’amaro con la scorza di limone e ghiaccio, la sigaretta appoggiata e accesa. Parlavano di soldi facili, tipo i cavalli, la truffa o la spaccata. E di cose da uomini, tipo le donne. Se intimi, anche dell’ultima ciulata fuorivia con una tipa niente male rimediata alle Rotonde di Garlasco, con tutti i dettagli del caso, compresa la tripla con l’Attilio, “hai presente l’Attilio? Un drago”. E di come aveva sganciato la bimba il lunedì dopo, inventandosi una moglie inesistente che non potevano lasciare: “Ah, se ti avessi incontrato prima!”.
Al colpo d’occhio erano dei ganzi fatti in serie: ciuffo esagerato, faccia mobile con cingomma tra i molari, catenina d’oro al collo, camicia spalancata sui primi tre bottoni, jeans attillati, con cerniera sbiancata dal vizio di grattarsi il pacco, le scarpe a punta, purtroppo impolverate. Spegnevano la sigaretta prima di un tiro speciale, uno di quelli di complessa geometria balistica: due sponde, seconda palla nel castello, boccino in buca. “Porco zio!” esclamavano gli avversari estasiati. E il vincitore, con gli occhi rovesciati al cielo, si dava una grattata special, come fosse un personale abbraccio al suo stile e al suo totem.
Erano giambruni di periferia, destinati a fare il grano a singhiozzo, ogni tanto in sofferenza per qualche guaio con la Madama, la spesa imprevista per l’avvocato di malavita che consigliava: “Nega sempre, anche l’evidenza, mi raccomando”. Li aspettava, in genere, un futuro da impiastro permanente e una moglie molto più sfortunata di loro.
Una sinfonia un po’ più elaborata suonavano i giambruno nei giornali. Stavano e stanno d’abitudine alla macchina dei caffè. Pensano che l’astuzia, il culo e il cinismo coincidano con gli ingranaggi che muovono la carriera. “Quello è furbo c’ha l’aggancio” e “Quella è stronza, c’ha l’amante”, sono quasi sempre il risultato di ragionamenti non del tutto complicati, dove la fatica del mestiere va bene per i fessi e il merito maggiore è sfangare il servizio, dove l’incasso raddoppia grazie al conto spese falsificato.
I Giambruno dei giornali sono a caccia permanente di viaggi e biglietti gratis, automobili in prestito, un affitto di favore, vacanze a sbafo, almeno un servizio all’anno nei privè per fare la morale ai lettori di provincia e intanto vantarsi coi colleghi: “L’abbiamo fatto in quattro”.
Di solito sono eleganti in finto british: camicie bianche, cravatte di maglia Tricot a righe, giacche Coin. Profumano Eau Sauvage. Indossano scarpe su misura lucidate a specchio. Ai colleghi, grattandosi il pacco, raccontano l’ultimo cuccaggio al Radetzky Café di Largo La Foppa, “una modella bella come il sole”, ma cazzo “un po’ troppo abbronzata, non so se mi spiego: etiope”. D’abitudine finiscono prepensionati dal giornale e fulminati dalla moglie, quando non è sfortunata come loro.
Stoffa se possibile più ricercata e insieme più fangosa i gianbruno nella politica. Arrivano a Roma sognando in pubblico l’ideale, in privato l’ammucchiata. La loro idea fissa è: “Adesso tocca a me”. Pretendono un mutuo agevolato, amicizie altolocate, l’affare sottobanco e un’auto di servizio con la tutela per fare il ganzo in trasferta. Quando si siedono a tavola al Bolognese, in piazza del Popolo, si avvolgono nel tovagliolo a preservare il Carceni pagato a debito. Venendo da lontano non sanno mai riconoscere una escort per tempo, credono sia il loro eloquio a farle innamorare e cadono dal pero quando quelle pretendono il conto. Si grattano anche loro in pubblico, ma con moderazione e mai in televisione.
Se privi di ciuffo, puntano sul potere e sui danè. Ce n’era uno che ne pagava una trentina a fine mese, dicendo che non aveva mai pagato una donna in vita sua, il che era quasi vero, considerandole tutte delle bambole gonfiabili. Per fare il simpatico raccontava in Parlamento la barzelletta della mela che sa di fica – la battuta era “girala, sennò sa di culo!” – e al pre-partita prometteva in premio ai suo giocatori “un intero pullman di troie”.
Poi si grattava e rideva contento, come fosse ancora al bar del Giambellino. È stato per tutti il migliore gianbruno della nostra vita.

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