domenica 27 aprile 2025

L'Amaca

 

Una pace senza parole
di MICHELE SERRA
Si chiama, la nostra, “società dell’immagine”, e dunque l’istantanea di Trump e Zelensky (in ordine alfabetico) che confabulano in San Pietro, seduti su due sedie, ha un forte impatto. Se si chiamasse “società della parola” l’impatto sarebbe molto minore: senza didascalia, quella foto è solo una foto.
Che cosa si saranno detti? Qualche frase improvvisata, probabilmente, magari qualche espressione di circostanza che rimedi, almeno in parte, al disgraziato incontro/agguato nella Sala Ovale. Meglio che niente, ma un percorso di pace richiede il lavoro paziente di molte persone esperte, documenti lunghi, faticosi e sempre passibili di correzioni rigo per rigo, trattative, colloqui, tentativi parziali, mosse tattiche e obiettivi strategici. Parole messe in fila, insomma, in mezzo alle quali le sole immagini pertinenti sono carte geografiche e fotografie satellitari: questa è, tecnicamente, una pace. Parole, nero su bianco.
Ci sia concesso di dubitare che questo lavoro sia in atto; che a farlo siano persone con le dovute competenze e la necessaria esperienza; che la pace, insomma, non sia solo una suggestione legata allo scatto fortunato di un bravo reporter (quella foto è, comunque, notevole). Trump non sembra disporre di un personale politico all’altezza, Zelensky fatica addirittura a essere riconosciuto, con pieno diritto, parte in causa, e delle intenzioni dei russi, a parte le bombe sui civili e le invettive social che fanno il paio, per rozzezza e stupidità, con quelle trumpiste, sappiamo poco o niente.
Il tragico depotenziamento di tutte le sedi internazionali, a partire dall’Onu, aggrava il quadro. Sarebbero i luoghi deputati per discutere di pace. Il nazionalismo epidemico che sta devastando il mondo le sta smantellando, mattone dopo mattone.

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