mercoledì 30 aprile 2025

Robecchi

 

Mondo al buio. Col black-out tutto si spegne, a parte il complottismo
DI ALESSANDRO ROBECCHI
Se va via la luce, la seccatura è notevole, con diversi gradi di gravità. Per esempio è fastidioso se non avete la birra fredda, ma è ancora più fastidioso se vi stanno mettendo un bypass in sala operatoria, oppure se state in ascensore con gente antipatica e realizzare che ci dovrete stare alcune ore, o se arrivate al semaforo e quello smette di funzionare di botto (segue altro botto). Il grande black-out iberico, che ha coinvolto Spagna e Portogallo ci dice alcune cose sulle nostre società avanzatissime, che sembrano un po’ fragili, ma anche su di noi che le abitiamo, che sembriamo fragili ancora di più. Sulle cause – almeno mentre scrivo questa rubrichina – è buio fitto (per rimanere in tema) e non si capisce bene cosa abbia generato il disastro. Quel che è sicuro è che si è assistito, in poche ore, a una specie di declino immediato della società elettrica ed elettronica, interconnessa, moderna, avanzata, cablata, entrata improvvisamente in stand by. Una cosa che può capitare ovunque e in qualsiasi momento, e da cui non ci salverebbe nemmeno il divertente zainetto di resilienza consigliato dal partito della guerra europeo. Sì, certo, possono servire una radiolina e una torcia, ma si consiglia anche di saper accendere il fuoco con due legnetti, o comunicare con i tamburi e i segnali di fumo.
La cosa che ha colpito da qui, dove la luce non è andata via, è un’improvvisa impennata del complottismo, malattia diffusa e sempre più radicata tra le menti semplici o tra le menti complesse che si alimentano di sospetto e malafede. Il black-out è scattato a mezzogiorno e mezzo e non era nemmeno l’una che in tutto l’universo dei social era un esilarante rincorrersi di soluzioni già individuate, colpevoli già scoperti, condanne già emesse. Sono stati i russi, ovvio, come giuravano alcuni acutissimi osservatori geopolitici. Oppure è stata la politica green, perché vedi le rinnovabili? Col carbone non sarebbe successo. Sono stati gli hacker (con gli hacker si spiega tutto, sempre, se poi sono hacker russi si fa ambo), no, sono state le auto elettriche, no, l’errore umano, no, un sabotaggio, eccetera eccetera, che a un certo punto – viste le cazzate lette e sentite – ci si rammaricava che non fosse andata via la luce anche qui. Non ci si capacita, insomma, che le cose umane possano ogni tanto guastarsi e smettere di funzionare. Cresceva, insieme al fascino inestinguibile della dietrologia complottista, una strabiliante fascinazione medievalista, con gente che esultava per la crisi dei pagamenti elettronici, che si rammaricava per la nostra dipendenza dalle macchine, e – in soldoni – per la modernità in cui siamo immersi. Nostalgie analogiche un po’ sconcertanti, soprattutto perché espresse quasi sempre da gente che va in paranoia se il telefono scende sotto il venti per cento di carica o se le scale mobili smettono di funzionare, che parlano con Alexa per sapere se fuori c’è il sole, che consumano megawatt di energia per giocare con l’intelligenza artificiale e le cui vite, dal lavoro al tempo libero, sono governate dall’algoritmo.
Insomma, una bella lezione sull’assurdità del vivere, bella soprattutto perché l’hanno pagata gli spagnoli e non noi, e rivelatrice di una grande e infantile voglia di antico e di primordiale che si annida tra chi abita il mondo moderno. Visto? Nel Quattrocento non sarebbe successo! Bella consolazione, che però non funziona se dovete prendere un aereo o farvi una radiografia, perché anche le nostalgie, alla fine, hanno bisogno di energia elettrica.

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