venerdì 31 maggio 2019

Impegno irrinunciabile



L'evidenza dell'allocchismo


Dai vi prego! Ditemi che non sto uscendo di testa, please! V'accorgete, spero di si, di come sia aumentata spasmodicamente la voglia innata di distoglierci, di obnubilarci mente e cuore? 
Sta emergendo tanta di quella aria fritta da riempire un dirigibile! Ditemi che ve ne state accorgendo pure voi! Questo blog vive e vegeta solo per questo scopo: ogni mattina infatti, chissà a causa di che cosa, probabilmente la cena della sera precedente oppure l'ansia personale di non finire dentro la cesta dei creduloni, degli ovini al servizio del potere, ogni mattina dicevo cerco di scrollarmi di dosso e spero di farlo anche a voi, la malsana idea di uniformarmi al pensiero comune, a quello che permette a pochi di continuare a opprimere molti. 
Dai ditemi che vi siete accorti dell'innalzamento del pericolo che chiamo "allocchismo"! 
Guardate il caso della poveretta Pamela Prati, standoci naturalmente alla larga: imperversa da qualche mese, nei bar è fonte di discussione, ci sono pure commentatori che fingono d'infoiarsi, a pagamento naturalmente, su questa querelle tanto idiota che, se vi fosse un museo delle "scorregge mediatiche", sarebbe posizionata all'ingresso. 
Non addentratevi naturalmente dentro i meandri della vicenda! Sorvolate e ammirate il letame lanciato ad arte in aere solo per distogliere le menti dall'essenziale. 
Quale essenziale? Il più importante: divenire protagonisti della propria vita senza demandare ad altri il nettare sociale. Chi ci rappresenta infatti dovrebbe essere un tramite, un mezzo e non un protagonista. 
State sempre in guardia, diffidate di chiunque tenti di disorientarvi con commedie melodrammatiche "d'ursiane", la peggior specie, quella che invoglia a lacrimare per nulla. 
Diffidate gente, diffidate! 
Continuerò la lotta e il pungolamento sino a che i polpastrelli me lo consentiranno! 
Buona vita, soprattutto, sveglia! 

(ps alle votazioni del movimento ho votato no, perdendo. Luigi Di Maio a parer mio si dovrebbe dimettere da capo politico dei 5Stelle. Come Conte. Lo vorrei vedere infatti il Cazzaro senza il bastone pentastellato, a svincolarsi dall'abbraccio del Delinquente affamato!)  

Scanzissimo


A PROPOSITO DI LUIGI DI MAIO E DELLA WATERLOO 5 STELLE ALLE EUROPEE

di Andrea Scanzi

Premessa 1 (che a qualcuno non farà piacere): non sono riuscito ad appassionarmi a queste Europee, me ne fregava poco prima e meno di niente adesso. Per il referendum 2016 ci sentivo tantissimo. Per le elezioni 2018 mi sentivo carichissimo. A queste elezioni qua mi sono avvicinato come ci si avvicina a un fagiolo lesso. E mi annoiano mortalmente quelli che ne parlano come se domenica fosse accaduta una tragedia. Ma state calmi, via.
Premessa 2: non chiedetemi neanche di essere stupito. Con Luca Sommi, giocando, avevo detto Salvini 32 Zinga 24 M5S 20. Quindi ho sbagliato di molto poco. Erano i talebani 5 Stelle a vivere sulla Luna, convinti che i sondaggi li avesse fatti Soros e che tutti fossero felici di ‘sto governo senza infamia e senza lode.
Ciò detto, mi colpisce – ma non mi stupisce – questo godimento trasversale per il disastro che ha travolto Di Maio. Capisco gli orgasmi dei bimbominkia ultrarenziani, ma vedere tutta questa foia garrula in giornalisti e “intellò” fa un po’ cascare le palle (le loro; le mie stanno bene). Di Maio ha sbagliato tanto, ma spenderei tutto questo entusiasmo (e livore) quando i gasparri non faranno più parte della politica italiana. Il problema dell’Italia non è certo Di Maio, che almeno è una brava persona e tante cose buone le ha fatte. 

Con trasporto minimo ed entusiasmo nullo, nel giorno del redde rationem grillino a Roma butto giù alcune considerazioni su Di Maio e 5 Stelle. Poi però basta, altrimenti mi annoio.
- Nessuno può fare contemporaneamente il vicepremier, il ministro (due volte) e il leader di partito. Neanche Adenauer. E Di Maio non è decisamente Adenauer. Far votare la “base” su Rousseau in merito al suo “ruolo di capo politico” - Di Maio lo ha comunicato stamani - è giusto. Ed è proprio il minimo sindacale.
- Reagire alla sconfitta – come molti ultrà grillini fanno – dando la colpa all’elettorato “insensibile e ladro” è bambinesco e patetico. E vi farà perdere ancora più voti. Anche perché è lo stesso elettorato che vi aveva votato in massa a marzo 2018. Quindi la colpa, a questo giro, è solo vostra. 
- Ed è solo vostra perché avete fatto cose belle, che in pochi hanno sottolineato e che voi avete pure comunicato malissimo, ma avete fatto anche porcate vili come salvare Salvini sulla Diciotti per mero (e stolto) calcolo politico, neanche foste diventati democristiani minori. Lì avete tradito voi stessi e avete insultato chi ve lo faceva notare. Non solo avete dimostrato - in quel caso - di non capire nulla di politica (Salvini non avrebbe mai fatto cascare il governo), ma peggio ancora avete tradito voi stessi. Con l’avallo di un pavidissimo (in quel caso) Di Maio. E certe cose, poi, nell’urna le paghi.
- Avete un elettorato esigente che non vi perdona le cazzate e con voi ha dato l’ultima chance alla politica: se deludete anche voi, loro smettono di votare per sempre. Infatti il 38% di chi vi ha votato a marzo 2018 se n’è stato a casa e quasi nessuno (il 4%) ha votato Pd. Se dite di essere i migliori e poi sembrate di colpo il predellino di Salvini, la pagate cara. Non era difficile prevederlo.
- Di Maio è stato sussiegoso oltremodo fino alla “via della seta”, per poi di colpo trasformarsi in picconatore esagitato anti-Salvini dopo. Totale mancanza di misura.
- “E’ colpa dei giornalisti”. Mah. Vi odiano da sempre, ma fino a domenica quella demonizzazione (spesso a casaccio) vi ha rafforzato. Come accadeva con Berlusconi. Se ora non è successo, un motivo ci sarà. Cercate una risposta, se non volete che a votarvi la prossima volta restino giusto i babbei ultrà col poster del sanculotto Giarrusso (Mario) in camera.
- Sempre a proposito di giornalismo. Nel 2019, ancor più a ridosso del voto, Di Maio è stato ovunque in tivù. Ovunque. Anche a sportellarsi con la Chirico da Porro. Anche nel canale satellite degli studenti del Liceo Fava. Anche nel sottoscala del Poro Merda. Proprio ovunque. Tranne che da noi ad Accordi & Disaccordi, noti mangia-grillini servi di Renzi, Salvini e Berlusconi. Lo abbiamo invitato 8mila volte e alla fine – come se fosse una concessione regale - aveva promesso di essere da noi mercoledì 22 maggio (in collegamento mezz’ora). Eccezionalmente in prima serata. Il canale Nove aveva predisposto una puntata speciale ad hoc, con tutto ciò che ne consegue (anche in termini di costi). Lo avevamo anche annunciato durante la puntata di venerdì 17 con Paragone e Gomez. Poi, due giorni prima della messa in onda, Di Maio ha fatto disdire tutto tramite “chi gli cura la comunicazione”. Wow: che stile, che correttezza. Detto che sopravvivremo tutti e che i problemi sono altri, un simile atteggiamento è da peracottari miopi quando non maleducati. Così non vai lontano.
- Per ora la vostra fortuna è che perdete sempre le elezioni che contano di meno, cioè le Europee. Se però non vi rialzerete in fretta, alle Politiche andrà anche peggio (alle Amministrative e Regionali accade già).
- Di Maio non ha solo colpe, chi lo asserisce è in malafede, e resta uno dei più bravi lì dentro: ma alcune colpe le ha. Per esempio avere detto 180 volte tra giugno e dicembre 2018 che “io e Salvini ci capiamo al volo”. Come se, poi, la cosa costituisse un vanto. Ehi, bimbo: prima delle elezioni dicevi che Salvini era quello che “Vesuvio lavali col fuoco” e poi di colpo ci limoni duro? Dai, su.
- Avere criticato la Raggi (e nelle stanze neanche troppo segrete Di Maio lo ha fatto eccome) perché era stata a Casal Bruciato “nel giorno di Siri” è stato pietoso. Andava casomai applaudita, la Raggi.
- La scena sul balcone è stata dilettantismo puro. La “sacra teca” con la tessera numero 1 del reddito di cittadinanza è stata patetica. E dire (più o meno) “aboliremo la povertà” è stato da neuro. Tutte cose che, purtroppo per Di Maio e 5 Stelle, rischiano di offuscare le tante cose buone fatte.
- Parlo a titolo personale, ma questa sbroscia dei soldi restituiti dallo stipendio è una grande rottura di palle. Bella, eh. Nobile, eh. Bravi. Ma non ho mai pensato che una brava persona dovesse per forza rifuggire la ricchezza, ancor più se meritata. Quei soldi sono vostri e non frega niente a nessuno se li ridate o no. Anzi, ci fate pure la figura dei bischeri. Teneteveli: sono vostri. Meglio immaginarvi a bere Champagne nel privato che vedervi salvare Salvini al governo.
- Vale lo stesso per la ”storica” riduzione dei parlamentari. Bella, eh. Bravi, eh. Ma sticazzi? Non me ne frega nulla. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore (cit). 
- Vedere i Sibilia e le Castelli sottosegretario all’Interno e viceministro all’Economia è semplicemente osceno. Non li vorrei neanche ad amministrare un geranio depresso.
- Se in un anno e tre mesi il tuo collega di governo raddoppia i voti e tu li dimezzi, vuol dire che tu per lui sei stato linfa e lui per te è stato Demonio. Può essere ingiusto, cattivo, folle. Quel che vuoi. Ma così è. Di Maio e i 5 Stelle sono stati il perfetto maquillage per far sembrare nuovo il partito più vecchio della politica italiana. Mero dato di fatto. 
- Lunedì, in conferenza stampa, Di Maio è parso distrutto. Ci sta. Mi è parso però possibilista, o quantomeno fumoso, sul Tav. Come a dire: "Tutto pur di stare al governo". Forse ho capito male io. Forse.
- Sono tre anni che parlate di una seria organizzazione su scala locale e nazionale, ma ancora sembrate “una strana monarchia elettiva” (cit Travaglio). Datevi una svegliata. Di Maio non è il “male” del movimento, chi lo dice/pensa o è in malafede o è una serpe frustrata, ma non può fare tutto da solo. E il primo a dovergli dare una mano è Di Battista. Come lui ben sa.
- Se siete arrivati fin qui senza imprecare mi fa piacere. Se invece state per insultarmi nei commenti, evitate di farmi perdere tempo bannandovi: non ho tempo per perdere tempo e non voglio ultras tra le palle. La stupidità mi annoia. 
- Gran Finale. I 5 Stelle, oggi, sono in un cul de sac: come si muovono, si muovono male. In una tale condizione per loro disastrosa, l’unica certezza è questa: meglio far cadere il governo che vivacchiare tirando a campare. Ve lo dico da sempre, ma voi niente: a volte siete duri come le pine verdi. Ora non c’è più tempo: cercate un “pretesto” serio, tanto con la Lega non avete quasi nulla in comune e un pretesto lo trovate. Fate saltare il banco. Ritrovate voi stessi, se ancora un “voi stessi” esiste. E tornate a fare quello che sapete fare meglio: l’opposizione. Perderete poltrone. Perderete potere. Ma non perderete l’anima. Più starete dentro il Salvimaio e più lui vi spolperà. Più vi incollerete alla cadrega e più evaporerete.
Buona fortuna, anzitutto (privata) a Di Maio, che certo non è “il” problema dell’Italia (ma in tanti lo stanno trattando come se lo fosse).
Passo e chiudo. 
Amen.

Fantasmagorica Daniela!


venerdì 31/05/2019
La sinistra ignara del suo popolo

di Daniela Ranieri

Non lasciatevi ingannare dalla foto che ritrae Zingaretti e Gentiloni presi dall’ilarità per aver perso voti solo nell’ordine del centinaio di migliaia e non dei milioni come s’erano abituati. La sinistra vera, che non si vergogna di chiamarsi tale e non ha subappaltato il simbolo a inquilini liberisti per non spaventare i moderati, ha preso intorno all’1% (La Sinistra di Fratoianni l’1,74%; il Partito Comunista di Rizzo, che ha raddoppiato i voti in un anno, lo 0,9%). Ovunque, tranne che in Portogallo dove hanno vinto i Socialisti col Blocco di Sinistra, è stata una carneficina: ha perso France Insoumise di Mélenchon in Francia, Podemos in Spagna, il Labour di Corbyn nel Regno Unito. L’exploit dei Verdi in Francia, Germania e Regno Unito non è una vittoria della sinistra: piuttosto, si tratta del risultato di un product placement presso la popolazione colta europea sulla scia del traino Greta Thunberg – e del resto del tema ecologico si sono impadroniti un po’ tutti nel tempo, da ultimi alcuni nel Pd che auspicano una sua reinterpretazione in chiave del “Sì”, cioè del Pil.

Non si tratta solo di una perdita di voti, non essendo mai stata la sinistra nella storia un aggregatore di interessi fluttuanti, bensì sorgendo sulla base di bisogni umani e dei valori di giustizia sociale e uguaglianza; ma della ormai acclarata e forse irreversibile perdita di un popolo.

Tutto ciò a meno di voler pensare che il fenomeno del Pd parzialmente derenzizzato che perde meno del previsto sia l’apparizione di uno spettro di sinistra in una Elsinore orfana e desolata, falsità che nemmeno i più ingenui e i meno ingenui d’Italia si sentono più di sostenere. Quella che esce dalle urne è un’Italia ambidestra. I cittadini nel cui petto batte ancora qualche valore di sinistra hanno scelto l’astensione, che raccoglie tanti voti quanti tutti i partiti messi insieme. Proprio oggi che ci si aspetterebbe dai popoli una ribellione alle élite globali e allo sfruttamento di manodopera da parte di multinazionali e padroncini locali per il tramite di una sinistra internazionalista, le sinistre nazionali falliscono.

Il motivo non è, come suggeriscono i sempliciotti, che oggi “si vince al centro”. Al contrario: si vince dove la proposta è radicale, come l’impennata della Lega dimostra. Il discrimine non è la posizione nel Parlamento ideale dentro cui si andranno a fare gli interessi del popolo, ma esattamente il rapporto, il dialogo con quel popolo, che nel caso della sinistra si è sfaldato. Non per un problema di “comunicazione”, come diceva quell’anima semplice di Renzi, ma di proposta politica, che non appare genuinamente socialista e popolare nel mondo attuale. È cambiata la società, i rappresentanti della sinistra sono rimasti uguali. Parlavano di lavoro fisso o in fabbrica mentre tornava il cottimo fisico e cognitivo (e quanto alle fabbriche, si sono fatti schizzinosi, e a salire con gli operai sui tetti delle aziende che chiudevano o dislocavano era la Lega Nord). Hanno guardato con sudditanza alla “sinistra riformista” senza svelarne i reali rapporti di potere, accettando la narrazione totalizzante della democrazia liberale. Stigmatizzavano la globalizzazione ignorando il grido di dolore di chi ne subiva gli effetti, mentre Salvini, con l’iPad in mano, dava l’impressione di essere sul pezzo, ricevente di un’emergenza. Hanno pagato l’obolo simbolico di salire sui barconi dei migranti senza fare la fatica di unire i derelitti di ogni Paese. Hanno trascurato la Patria, che prima di essere un topos di destra è il luogo dove riposano le ossa dei padri, che la Costituzione impone il “sacro dovere” di difendere. Mentre il M5S capitalizzava la trasformazione della democrazia in oclocrazia (da oclos, folla), loro parlavano di classi, che – come dice Mario Tronti ne Il popolo perduto (Nutrimenti) - si sono sciolte e raggrumate nelle tre società dei garantiti, dei precari e degli esclusi (9 milioni di persone).

La coscienza di classe non esiste più e loro non l’hanno ricostruita; l’organicismo culturale non può penetrare una realtà pulviscolare. Non avendo una politica, non hanno il linguaggio relativo: “ruspa” e “prima gli italiani” sono subito comprensibili, a ogni livello sociale, e ciò che si comprende dà conforto e unisce.

La vera sinistra parla della vita vera: di lavoro dignitoso, abolizione delle nuove schiavitù, sanità gratuita, ospedali che funzionano, diritto alla casa e allo studio, diritto a vivere e lavorare in un ambiente salubre.

I leader della sinistra non dicono queste parole perché non parlano con le persone. In questo sono uguali a quelli del Pd, che almeno hanno trovato un filone per quanto smagliato di marketing politico (diritti civili, Erasmus, sogno europeo etc.). Fanno parte della società dei garantiti: sono in sostanza degli impiegati pubblici di buone letture; non hanno idea di cosa abbiano bisogno gli esclusi.

giovedì 30 maggio 2019

Pulizie di primavera



Ma guarda, che strano! Ha accettato subito le dimissioni del gaudente, a spese nostre, Rixi. Poteva provare a fare il Cazzaro, ricordandoci  le fregnacce tipiche del suo amico puttaniere (magistrati politici, garantismo, fino al terzo grado di giudizio etc.) magari con qualche felpa delle sue. E invece no! Ha chiuso subito il caso. Sapeva infatti che Conte sarebbe salito immediatamente al Quirinale per rassegnare le dimissioni, creandogli non pochi problemi. Ha abbozzato, perché chi sbaglia paga e va a casa. Capito Zinga?

Spregevole



Questa fucina di palle e fakes, che pur di uscire dall’oltretomba dove il popolo italiano lo ha giustamente relegato agguanta ogni cosa pur di farsi notare, anche pernacchie mediatiche come questa a cui non crede più nessun allocco, gli fa ‘na pippa a iene e condor. 
Chiariamo: è morta un adulto e di questo sono avvilito e mi dispiace tanto. Quello che vorrei portare in evidenza è la ricerca del pietismo lacrimevole alla D'Urso per dirci "guardate che esisto ancora!" 
Questo è spregevole. 

Glacialità


Isabella Conti sindaco di San Lazzaro, Bologna, ha vinto con l’80,9% la sua conferma a sindaco PD. Famosa per il suo no ai compagni cementiferi, quelle delle celeberrime cooperative, che avrebbero voluto costruire solo per il gusto, ed il malloppo, di farlo, creando l’ennesimo scempio pullulante di casermoni, non ha ricevuto nessuna telefonata dalla direzione del suo partito, neanche dal “Fegretario” nazionale. Il gelido silenzio è figlio della sua riottosità, del niet ai voleri degli allora “installatori di sepolcri imbiancati” capitanati da quel flaccido bamboccino per fortuna scomparso assieme ai suoi adepti che se da un lato approvò il classico scempio del mattone, dall’altro distrusse nobili e sani principi ritenuti sino a quel momento incrollabili. 
Solo persone come Isabella Conti potrebbero risanare l’azienda mescita di ideali, che solo per distinguo dall’amichetta fabbrica di mascalzonate diretta da un delinquente abituale, continuiamo a chiamare partito, e per di più democratico. Ma constando il glaciale trattamento a lei riservato, meditiamo ancora una volta di come le calende, gli orfini, i giullari, i fassini nei boschi, le madie piciernianti, abbiano desertificato beltà culturali, veri antipodi dell’attuale pensiero comune: una radical chic tracotanza intellettuale imperniante l’abbraccio mefitico e peripatetico col manigoldo. E ce ne dispiace.

Tentava ma non li trovava!



Si, in effetti lui lo sapeva far bene, anche se non poteva intrattenersi molto con loro, visto che non avevano né la barca, né il podere.

E ha detto tutto!


giovedì 30/05/2019
Viva i vinti

di Marco Travaglio

Dopo due giorni e due notti di commenti sull’apocalittica, catastrofica, epica, spettacolare disfatta dei 5Stelle, mi è improvvisamente passata la voglia di criticarli, sopraffatta da quella di difenderli. L’amore per la minoranza e possibilmente per la clandestinità me li ha pure fatti tornare simpatici: come agli inizi quando si arrabattavano nelle piazze con mezzi di fortuna a raccogliere firme contro la casta, il nucleare, la mafia, la corruzione e la privatizzazione dell’acqua; e come avevano smesso di essere quando avevano vinto le elezioni, erano andati al governo e si aggiravano da una tv all’altra in doppiopetto con l’arietta tronfia dei primini della classe. È stato l’altra sera, quando Dimartedì, per imperscrutabili motivi, ha messo in fila Calenda, Letta e Zingaretti, come se il Pd avesse preso il 100% dei voti. I tre parlavano come se fossero piovuti da Marte senz’aver mai governato, come se l’emergenza Italia fosse frutto di 12 mesi di governo giallo-verde e non di 25 anni di destra&sinistra.

Letta, quello che nel 2013 governò con Berlusconi e con lui abolì l’Imu sulle ville e le regge dei miliardari (uno scherzetto che ci costa ancora 4,5 miliardi l’anno), insegnava la coerenza a Di Maio che purtroppo frequenta cattive compagnie: “La legge è uguale per tutti”, sentenziava sul caso Diciotti-Salvini, lui che si era alleato non con un indagato, ma col re degli imputati e dei prescritti, e l’aveva implorato di restare a bordo anche da pregiudicato. Gli altri due fingevano di avere stravinto le Europee, dopo aver portato il Pd al nuovo minimo storico (111 mila voti persi rispetto al disastro renziano del 2018, senza contare il milione di elettori di LeU misteriosamente scomparsi dopo il ritorno all’ovile dem), le tre destre al massimo di tutti i tempi e la maggioranza giallo-verde altri due punti sopra. Tutti e tre spiegavano cosa bisognerebbe fare: cioè quel che il Pd si era sempre guardato dal fare. In compenso quel che avevano fatto e non avrebbero dovuto fare si dicevano prontissimi a rifarlo. Lì ho capito perché quel diavolo di Floris li aveva invitati: per esibirli perfidamente così come sono, nature; ricordare ai più smemorati perché un anno fa li avevano cacciati a pedate; e ammonirli in vista delle prossime Politiche: occhio che, a furia di fare gli schizzinosi, vi ribeccate questi qua. Altre due-tre puntate di TeleNazareno, e la rinascita dei 5Stelle è fatta. Più Calenda, Letta e Zinga ridevano senza spiegare che c’è da ridere dopo aver perso 5,2 milioni di voti e tutte le regioni tranne la Toscana, più montavano la simpatia e la riconoscenza per il bistrattatissimo Di Maio.

Il quale, con la sua Armata Brancaleone e i suoi errori, è riuscito in un anno a fare più leggi giuste (e per giunta di sinistra) del Pd in tutta la sua storia. Se anche i 5Stelle scomparissero domattina, avrebbero comunque il merito di aver regalato all’Italia l’anticorruzione, la bloccaprescrizione, il reddito di cittadinanza, il dl Dignità, la riforma del voto di scambio, lo stop al bavaglio sulle intercettazioni e alla svuotacarceri, l’abolizione dei vitalizi; di aver avviato il taglio del numero e degli stipendi dei parlamentari, il referendum propositivo col quorum abbassato, il salario minimo e la sospensione del Tav (salvo ripensamenti suicidi); di non aver rubato né truccato concorsi; di aver cacciato in due minuti il loro unico arrestato per corruzione e messo alla porta un sottosegretario leghista in flagrante conflitto d’interessi. È di questi meriti, e non dei molti demeriti, che lorsignori vorrebbero che i 5Stelle si pentissero. È per questi pregi, e non per i molti difetti, che il Pd ha sempre considerato i “grillini” degli intrusi, degli ultracorpi infettivi da tenere a distanza e da combattere strenuamente come mai aveva fatto con B. e mai farà con Salvini. Ed è per questo che ora la finta sinistra se la ride senz’aver nulla da ridere, dal profondo del suo abisso: perché pensa di ricominciare con Salvini (Dio glielo conservi) il comodo giochino dell’ultimo quarto di secolo, quando incassava voti gratis da chi non l’avrebbe mai votata agitando lo spauracchio del Caimano il giorno del voto, salvo poi inciuciarci fino alle urne seguenti.

È l’eterno teatrino destra-sinistra, buono per fregare gli elettori, che sogna chi vede un “ritorno al bipolarismo” (destre al 49, Pd al 22,7, M5S al 17): il suo obiettivo non è sconfiggere Salvini, ma tenerselo stretto per annientare chi gli ha rotto il giocattolo del “siamo meno peggio degli altri”. Può darsi che la truffa funzioni di nuovo e che il M5S sia destinato a rapida estinzione. Ma può pure essere che, con una dirigenza collegiale, una gestione saggia dell’inevitabile rottura con Salvini, una traversata del deserto all’opposizione per riorganizzarsi sui territori e ritrovare l’identità smarrita, sopravviva o addirittura riviva. Se ci riuscirà, sarà un bene non solo per i grillini (dei quali ci importa ben poco), ma anche per l’Italia. Perché costringerà Salvini a mostrare ai suoi fan di cosa è capace come uomo di governo e il Pd a dire qualcosa di meglio che “votateci perché di là c’è il babau”. Di Maio, dopo il ko, è un pugile suonato. Ma resta il più bravo fra i suoi. Purché si liberi dei lacchè e dei miracolati pronti a tradirlo al primo inciampo. Si circondi di gente valida, cioè critica. E abbandoni le piazze virtuali (tv e sondaggi) per tornare in quelle vere. Se oggi sarà confermato capo politico dagli iscritti, nell’imbarazzante plebiscito con un solo candidato, non dovrà scambiarlo per una rivincita sulle urne, come fece Renzi con le primarie interne dopo la débâcle referendaria. Sei milioni di voti persi non si cancellano con qualche migliaio di clic. Ma sono recuperabili. Soprattutto i 4 milioni finiti nell’astensione. Che sono lì in attesa di un segnale chiaro. Possibilmente quello giusto.

mercoledì 29 maggio 2019

In effetti



L’importante è essere morigerati. E quando vuoi fare un presente affettuoso con i fiori, ne basta uno solo, per il pensiero. A meno che tu non voglia trasmettere l’intera Divina Commedia alla tua amata!

Nel mondo parallelo



C'è mondo irreale, parallelo, di cui conosciamo poco anzi, nulla. E' la Versailles Sabauda, una setta adorante il fascino impagabile del dio Frusciante, una sorta di dipendenza da possedimento quasi impossibile da risanare e che solo "a livella" è in grado di sparigliare. 
La parentela di questo giovane adepto, discendente da un nonno tanto avido quanto incensato smisuratamente, è una legione di silenziosi fantasmini, probabilmente in possesso del timbro della specie, la famigerata "evve moscia" doblone d'appartenenza a questa setta dedita all'accaparramento maniacale di ricchezza. Celebri erano le feste del nonno, attorniato da duchi, duca conti, principi, cugini, sorelle, zii, famiglie intere ringrazianti in eterno madre natura la quale, come un'enorme ruota della fortuna, gli confezionò dna similari al fondatore automobilistico, formante una progenie di gaudenti, specializzati nel dolce far niente. 
Pare che si siano già divisi in questi ultimi mesi un pochetto più di un miliardo e mezzo di cedole ed ora, grazie all'accordo con Renault, saranno in arrivo altri 2,5 miliardi. Per tutti loro, distanti dalla realtà più che Alpha Centauri, un altro diluvio di moneta, per godere, sfregnacciare alla facciaccia nostra. Non conosciamo il loro volto, non sappiamo nulla dei gusti, delle abitudini, dei pensieri, delle meditazioni, dei progetti, delle aspettative. Gongolano e magari avranno pure il coraggio di criticare quest'onda anomala di malumore, non comprendendo come possano molti vivere con briciole cadute dai loro tavoli di epuloni impenitenti. 
Dov'è o Giustizia la tua sede, dove s'evidenziano le tue azioni, e tu Fato o Destino come meglio s'aggrada, perché non intervieni per colmare questi gap destabilizzanti le comuni coscienze? 
Non vorrei mai che si pensi all'invidia né al rancore! Niente di tutto questo. Solo un'eclatante difficoltà a condividere terra ed aria assieme a gaglioffi carnevaleschi di cotanta aria fritta. Nulla di più! 

Chapeau Dibba! E grazie!


E' un momento di difficoltà. D'altro canto abbiamo appena preso la più grande “scoppola” della nostra vita ma, credetemi, di momenti drammatici nella nostra storia ne abbiamo vissuti molti altri. E quindi ora basta, ora si ricomincia come sempre. Da dove? Dai volti di giubilo di politici e commentatori TV che si vedono in queste ore. Li vedete non è vero? Fantasticano l'implosione del Movimento e credono di essersi salvati. Quei volti di giubilo siano la nostra più grande motivazione. Gli orgasmi televisivi di personaggi privi di passione e di ideali, personaggi politicamente frigidi capaci di gioire solo del risultato del Movimento ci diano forza e coraggio. Fino a che ci saranno così tanti avversari, ma che dico avversari, nemici dell'interesse collettivo il Movimento avrà ragione di esistere.

A tutti gli attivisti, ai simpatizzanti dico: “dateci una mano. Sosteneteci come avete sempre fatto. Abbiamo fatto un mucchio di cazzate evidentemente. Cazzate politiche, strategiche, comunicative, di atteggiamento. Ma ricordatevi due cose. La prima è che non abbiamo mai messo le mani nelle tasche degli italiani e la seconda, la più importante, è che ci vedrete anche in TV, sulle pagine dei giornali, inseguiti per una dichiarazione, ma siamo cittadini, cittadini normali, come voi, come tutti e abbiamo bisogno di una mano”.

Anche ai miei ex-colleghi, eterni fratelli di mille battaglie dico alcune cose. La prima è che chi è in difficoltà va sempre sostenuto. Va sostenuto dicendogli in faccia cosa non è andato bene e proponendo idee e cambiamenti. Io l'ho fatto, ovviamente, anche in queste ore. Poi vi dico un'altra cosa: “state tranquilli, ce la faremo anche questa volta. Basta mantenere la barra dritta. La Lega ha vinto le elezioni? Amen. Quelle che danno i numeri in Parlamento le abbiamo vinte noi. Quindi, come sempre, si vota ciò che è giusto e si bloccano le porcate.

Non temete di essere irriverenti, non temete il “politicamente scorretto”, non temete editoriali, articoli o servizi televisivi contro. E' la paura il nostro peggior nemico. Paura di sbagliare, paura del fango mediatico. Ma poi perché? Ci hanno tirato fango addosso dal primo giorno e siamo ancora qui, addirittura al governo del Paese. Siamo sempre stati impertinenti e sfrontati di fronte al potere. Continuiamo ad esserlo anche se al potere ci siamo noi. E un'ultima cosa. Provate a pensare che non abbiamo nulla da perdere. Nè ruoli, né poltrone, né carriera. Sono gli altri i politici di professione, non noi. Perché è proprio quando non si ha più nulla da perdere che si ricomincia a vincere”.

(Alessandro Di Battista)

Foto




Il Travaglio


mercoledì 29/05/2019

Monumento ai caduti


di Marco Travaglio


Non vorrei che i funerali anticipati dei 5Stelle e i festeggiamenti del Pd per il suo minimo storico e il massimo storico delle destre oscurassero eventi ben più certi e definitivi. Il primo pensiero di cordoglio va a Sandro Gozi da Sogliano al Rubicone (Forlì-Cesena), nostro idolo ex prodiano poi renziano poi gentiloniano, una sorta di eroe dei due mondi, anzi tre, visto che si divide fra l’Italia, la Francia e San Marino (della cui banca è consulente). Siccome in Italia non lo vota nessuno e lo trombano sempre, aveva deciso che la patria non lo merita e si era candidato in Francia, dove invece si sente popolarissimo. Ovviamente nel partito di Emmanuel Macron “La République En Marche”, di cui è un po’ il padre nobile, visto che il presidente francese – come rivelò lui stesso (Gozi, non Macron) aveva consultato proprio lui prima di fondarlo. “Scusa, Sandro, hai niente in contrario se faccio un partito?”. E lui, pancia in dentro e petto in fuori: “Fai pure, Emmanuel! Marchons!”. Di qui l’ideona (“al servizio di una nuova avventura che spero sia replicata altrove”, “una scelta pannelliana”, ma anche “una decisione che viene da lontano”, forse da San Marino) di cedere alle pressioni dell’Eliseo e di “rendermi disponibile” per il partito macroniano, che mai avrebbe osato sperare in un simile apporto di consensi e anche, diciamolo pure, di prestigio. Non capita a tutti il privilegio di avere un Gozi in lista. Uno che promette di “reinventare la politica in Europa” in senso “transnazionale” con la sola forza del pensiero, in qualità di “europeo di cittadinanza italiana” e “figlio rifondatore” dell’Ue dopo i “padri fondatori”, nonché di sbaragliare “l’incompetenza, l’improvvisazione e le fake news dei sovranisti” con le nude mani.


Ora, è con somma costernazione che ci vediamo costretti a comunicare ai milioni di fan transnazionali e intergalattici di Gozi che il loro beniamino è stato trombato anche in Francia: candidato al 22° posto in lista, è arrivato 22°. E indovinate quanti europarlamentari ha eletto la lista? 21. Colpa, ovviamente, degli incompetenti e improvvisati elettori francesi, obnubilati dalle fake news sovraniste che gli hanno remato contro anche Oltralpe. L’unica speranza di essere ripescato è che la Brexit cancelli i neoeletti britannici liberando 5 posti per i macronisti. Ma ci rifiutiamo di credere che un euroarrapato come lui possa mettersi a tifare Brexit per una questione di vile poltrona. Anzi, siamo convinti che, per coerenza, rifiuterebbe sdegnosamente il repechage. A parziale consolazione delle masse goziane in gramaglie, c’è la certezza che il loro e nostro idolo abbia presa bene la trombatura transnazionale.


Un po’ perché è già abituato a quelle nazionali, un po’ perché è un tipo sportivo e decoubertiniano, che già in tempi non sospetti aveva avvertito: “La mia non è una candidatura con scopi elettorali”. Lui infatti si candida alle elezioni non per essere eletto, a scopo ginnico-dietetico: per fare un po’ di moto. Ora però non vorremmo che, non avendo un posto di lavoro neppure in Francia, il governo Macron lo scambiasse per un sans papier e lo rimpatriasse col foglio di via alla frontiera di Ventimiglia o di Bardonecchia, o che la Gendarmerie lo scaricasse nottetempo nei boschi di Claviere con i consueti carichi di clandestini. In ogni caso, gli sia lieve la terra.


Altre luttuose notizie giungono dalla lista +Europa di Emma Bonino che, a giudicare dai titoloni e dagli intervistoni sui giornaloni e dalle masse ritte sulle barricate per salvare i 14 milioni annui di fondi pubblici a Radio Radicale, prometteva sfracelli. Avendo perso le elezioni politiche del 2018 col 2,55% con la soglia di sbarramento al 3, anche grazie al decisivo contributo di Tabacci (un antiabortista con la madrina dell’aborto), +Europa aveva deciso di perdere altri voti alleandosi col fantomatico partito di Federico Pizzarotti “Italia in Comune” (detto familiarmente “il partito dei sindaci” perché, oltre a quello di Parma, vantava pure quello di Cerveteri). E candidando altri noti sfolla-urne come Taradash e Della Vedova, un paio di ex grillini e un esercito di riciclati e voltagabbana, senza contare il tentativo purtroppo abortito (con rispetto parlando) di imbarcare pure Calenda. Insomma, per dirla con la Emma, che siede in Parlamento appena dal 1976, “una sfida liberal contro i sovranisti”, un sostegno agli amici del Pd “per marciare divisi e colpire uniti i populisti”, visto che “una lista unica prenderebbe meno voti”. Invece, divisa, ha preso il 3,09 con la soglia al 4, buttando nell’eurocestino 832.544 voti. Ma anche Bonino &C. fanno sapere che non si candidavano a scopo elettorale, no di certo. L’importante non era vincere, né tantomeno eleggere eurodeputati, ma partecipare. “Ottimo risultato”, commenta il coordinatore nazionale di Italia in Comune Alessio Pascucci. Tanto lui fa il sindaco di Cerveteri, Pizzarotti di Parma e la Bonino la deputata Pd. Dunque, dichiarano entusiasti gli eurotrombati, “l’esperimento è riuscito”. E il paziente è morto.


Sull’altro fronte, sempre a leggere le inchieste, le analisi e i titoli dei giornaloni sull’Italia in preda all’“Onda nera” del rinascente nazifascismo, il redivivo Duce e il risorgente Führer, si paventava un’irresistibile avanzata dell’estrema destra, capitanata da CasaPound-Destre Unite e Forza Nuova, dipinte come padrone incontrastate d’Italia a partire dalle periferie romane. Risultato: CasaPound-Destre Unite raccoglie un formidabile 0,33% e Forza Nuova un ragguardevole 0,15 (ben al di sotto dello 0,23 del Partito Pirata). Neppure sommando i loro voti, le poderose falangi mussoliniane riescono a eguagliare lo 0,6 del Partito Animalista. In attesa della marcia su Roma, ci si contenta della retromarcia.


© 2019 Editoriale il Fatto S.p.A. C.F. e P.IVA 10460121006

La Frana


Un tempo neppure troppo lontanissimo, quando parlavi di Emilia Romagna, della regione rossa per eccellenza, si bloccava ogni sorta di tentativo di critica da parte di chicchessia: L'Emilia Romagna era la fucina, il simbolo, il laboratorio di quella "vaga idea di socialismo" che incuteva rispetto, quasi ammirazione. Terra accogliente, sapiente, volitiva, esemplare. Erano tempi di lotta e ansia per chi pareva non essere in viaggio con gli altri, avendo perso l'ennesimo treno. 
La regione stimolava, era quasi un fiore all'occhiello per chi credeva nel cambiamento, nella fine dei soprusi, delle angherie, delle contraddizioni; i grandi segretari del partito la coccolavano, la privilegiavano perché se tutto funzionava bene in quelle terre molti, me compreso, avrebbero potuto sognare la sua trasposizione nei palazzi romani. 
Venne però un vento di pensiero afflosciante ideali ritenuti incrollabili, una collusione con tutto quello che in Emilia mai si sarebbe potuto concepire: finanza, protezione di interessi, di banche, accordi con l'imprenditoria dedita a non rischiare più nulla affidandosi e giocando con debiti e borsa con avventure piratesche per aumentare vergognosamente guadagni a danno del proletariato. Omuncoli s'aggirarono nelle stanze rosse dei bottoni, decisi a modificare sentieri e confini, in nome di un mescolamento di ideali, di certezze, di obbiettivi che ha portato negli ultimi anni a non vedere più nessuna differenza tra quel partito e l'azienda affaristica camuffata da centro di pensiero comune di un noto delinquente abituale. 
Aggiunta a questa scelta vergognosa ecco la nobile idea di accogliere disperati senza però crearvi attorno un progetto valido di ricezione motivata con proposte integrative, e non laido sfruttamento disinteressato. 
Accordi idioti con la fucina burocratica sita in Bruxelles tramutarono il nostro paese in un'enorme reception di profughi, una cantina di lamenti senza alcun futuro se non quello di arricchire pochi attraverso la quota pro capite derivante dalla nota becera accoglienza fine a se stessa. 
La gente soffrì oltremodo per questa scellerata manovra mai accompagnata da quella progettualità che tanto è servita alla crescita comune anche in nazioni vicine, vedi Germania. 
L'Emilia cominciò a screpolarsi, la sua gente da sempre arginante il malaffare fascista si pose delle domande, senza che nessuno, per via dell'arroganza dell'élite spocchiosa nel frattempo andata al comando del partito un tempo fiore all'occhiello di "quella vaga idea di socialismo", si degnasse di rispondere, di porre rimedio all'evidente sconquasso provocato dallo scellerato ebetino con il suo politichese alla cazzo&campana. 
Nel frattempo antichi baluardi come l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori caddero, vennero abbattuti dall'arroganza di quel giullare, che aiutò la cosiddetta imprenditoria a trasformare nuovamente i lavoratori in schiavi 2.0 al servizio della causa comune, l'arricchimento di pochi. 
Per farla breve e dolorosa: domenica paesi emiliano-romagnoli, orgoglio dell'antifascismo come Vergato, han deciso di mettersi in mano alla destra melliflua comandata attualmente da un Cazzaro Verde, violando l'inviolabile, sfanculando l'impensabile. 
Hanno scelto la sponda da sempre combattuta, irrisa, sminuzzata. L'uomo ora al comando, con le sue "f" al posto delle "s" speriamo che centri il problema, il segnale. Prima che sia troppo tardi.

Riconoscenti in eterno!



martedì 28 maggio 2019

Problema di fondo



Il problema non è questo Pillon. Il problema è il cretinismo che sembra non avere più ostacoli, soprattutto nei baciapile che usano del loro settarismo per affermarsi tra gli allocchi. Scusa Vittorio!

Fakelandia




No, no, no! La Fabbrica di Fakes capovolge ad arte la realtà per affossare ulteriormente gli ultra sconfitti delle europee. Non è il Cazzaro che da i trenta giorni come il giannini che tutti abbiamo dentro profetizza. È l’opposto: il Cazzaro teme che Di Maio stacchi la spina e non spingerà più di tanto su Tav e autonomia regionale. La ragione è semplice: se si va al voto il Cazzaro non potrà evitare l’abbraccio mefitico col Delinquente (che ha preso 500mila preferenze: grazie Italia!)
Ma la linea editoriale di questo fake club sta tutta nella foto a destra: il proprietario del quotidiano che spiega la grande sinergia con i francesi. Un eroe, un condottiero che non paga più le tasse nel nostro paese, il cui nonno creò miliardi di nero in conti offshore. Ecco l’essenza editoriale Made in Repubblica!



Futuri




Pareri


La profonda delusione, la rabbia, verso il M5S di governo non ha premiato il Pd (che perde altri 110mila voti rispetto a Renzi nel 2018: altro che festa!), né i pezzi di sinistra (obbligatorio il ritiro a vita privata del ceto politico). I voti perduti (6 milioni in 14 mesi!) sono andati o nell’astensione (aumentata rispetto al record negativo delle Europee 2014) o alla Lega. Dovrebbe essere chiaro che fare gli scendiletto di Salvini non paga: perché gli elettori che approvano questa linea di sottomissione, scelgono poi direttamente Salvini. Mentre chi non approva non va a votare: nonostante le messinscena “sinistrorse” dell’ultimo mese. Questa mancanza di alternative al centro (occupato dall’invotabile Pd) e a sinistra (vuota come la coscienza di un banchiere europeo) dovrebbe dare ai 5S la forza di ribellarsi: meglio far cadere il governo sui princìpi (esempio: il Tav), che continuare a essere mangiati vivi. Poi bisognerà cambiare (dopo questa ecatombe!) il capo politico: e interrogarsi su come sceglierne un altro. Democrazia interna cercasi.
(Tomaso Montanari)

È la vittoria del variegato partito dei corrotti, cosa che non dovrebbe poi meravigliare più di tanto visto che in Italia sono la stragrande maggioranza. La parola “legalità” non ha diritto di cittadinanza nel nostro Paese. La sera di domenica nelle varie no-stop televisive i conduttori e soprattutto i commentatori non riuscivano a trattenere l’esultanza per il tonfo dei 5Stelle, mentre dalle finestre aperte delle ricche e borghesi case milanesi si udivano grida di trionfo, come dopo l’ultima nostra vittoria ai Mondiali di calcio, non tanto per l’exploit di Matteo Salvini quanto per la clamorosa caduta dei 5Stelle. Una buona mano l’han data le cosiddette sinistre attaccando per anni i grillini a spada tratta, con motivazioni molto profonde, basate soprattutto sui congiuntivi, e aprendo così la strada alla destra più becera, più antropologicamente razzista, più antisociale che si sia mai vista in Italia, perché anche il Fascismo un programma sociale almeno ce l’aveva.
(Massimo Fini)

lunedì 27 maggio 2019

E ancora


La forma di elevazione suggerita dagli antichi padri è la migliore: innalzarsi per veder meglio passato e futuro. 
E allora, sforzandomi, cerco di portarmi fuori dai liquami, dalla fogna di questo periodo storico per capire, meditare, proporre: che vedo? Vedo un assembramento piuttosto squallido di sotterfugi atti a destabilizzare quello che agli occhi di tutti i liberi pensatori sarebbe dovuto essere un cambiamento epocale, la fine della vecchia politica, che poi di politica non aveva proprio nulla in sé visto che era affarismo, lobbismo condito da una dose massiccia di corruttela. 
Uscivamo malconci dal periodo montiano dei sacrifici per tutti, tranne loro, e piombammo nell'Era del Ballismo, una ciurma di incapaci guidati da un Ebetino che promisero la Luna non riuscendo in seguito a garantire che qualche sassolino di dubbia provenienza. 
Venne allora un ideale di totale rinnovamento, sfanculante macigni in apparenza inamovibili. Quel movimento che riuscì a divenire il primo partito d'Italia si espose ai fuochi incrociati di chi, professionalmente, vedeva in loro la fine della cuccagna supercazzolante. 
Inesperienza, mancanza di decisionismo, protezione degli ideali fondanti l'essenza stessa dei Cinque Stelle ne hanno ieri decretato un ridimensionamento tanto eclatante quanto destabilizzante. Paga per tutti quella politica che ha cercato di essere anzitutto onesta, ligia ai doveri, ossequiosa delle regole, protettrice della classi meno abbienti. Ed è un'anomalia questa che deve necessariamente avere dei responsabili. In primis Luigi Di Maio che è stato incoronato capo politico del Movimento. Sono a lui ricondotte le scelte che hanno provocato la disfatta: mescita e conseguente liquefazione delle architravi su cui tutto si reggeva, dal rifiuto ad appoggiare politici indagati, alla questione dei migranti; dalla scelta di acquisire ministeri molto difficili, come quello del Lavoro dell'Industria, lasciando agli altri quello dell'Interno, una fornace di consensi senza nulla rischiare, un coacervo di spinte propagandistiche che ha trovato una pianura senza alcuna barriera atta a contenere l'espansionismo del Cazzaro Verde. 
Invece che essere il primo partito a dettare le agende, si è verificato l'opposto, tra selfie e dichiarazioni tanto becere quanto destinate e recepite da allocchi impenitenti. 
Salvini ha stretto in una morsa asfissiante tutte le risorse e le differenze del movimento, finito a far da comparsa all'Unno. Nel contempo la stampa ha continuato il suo lavoro di logorio ai fianchi, inventandosi palle clamorose, evidenziando notizie a dir poco insignificanti, sproloquiando contro i ministri del cambiamento, ridicolizzandoli, sbeffeggiandoli oltremodo. Media da sempre proni all'affarismo hanno consentito di far entrare nel pensiero comune, quello di tutti i giorni, l'idea, in parte vera, che gli aderenti al movimento fossero incapaci, inesperti, indegni delle cariche a loro affidate. 
La maggioranza dei cittadini ha quindi optato per l'Uomo Forte, una voglia perennemente insita in molte menti italiche dai tempi del Pelato Guerrafondaio. 
Quest'ingiusta manovra d'informazione ha agevolato oltre ogni previsione l'avvento del Cazzaro, ora primo partito con più del 34% di consensi. 
Ribadisco quindi che Di Maio dovrà al più presto rassegnare le dimissioni da capo politico del movimento e il presidente Conte salire al Colle per la necessaria crisi di governo. 
Non si può tergiversare, né far da sponda al Cazzaro Vincente. Si voli verso nuove elezioni lasciando il cerino acceso in mano ai leghisti. I quali dovranno nuovamente cercare l'abbraccio mortale con il Delinquente. Insomma: è l'ora della rinascita.     

A botta calda. Ekkebotta!


In questa notte “pozzo nero” con la mancata iscrizione alla futura Champions e col tracollo, l’ecatombe del M5S, mancava solo che qualche cherubino discendesse dall’alto per sgranarmi qualche incisivo nel sonno!
Di primo acchito emerge da questa tornata elettorale il ritorno clamoroso dell’Uomo Forte che in queste lande va sempre di moda. Il Cazzaro Verde è il trionfatore di queste elezioni grazie ad un’astuta campagna propagandistica che lo ha portato a non fare alcunché al ministero per riempire i media di tutto quanto possa abbacinare menti e cuori vogliosi di riveder incarnarsi l’Uomo solo al comando.

Il PD di Zingaretti ha vinto senza colpo ferire. Gli è bastato allontanare l’Ebetino e tutta la sua corte per ritornare ad essere un partito decoroso e sopratutto serio.

Il M5S con queste percentuali da partito animalista paga la propria miscelazione identitaria: stampella al Cazzaro, indulgenza plenaria per ogni sua goffaggine, cambiamenti di pensiero, di visione politica, di umore in stile menopausa. 
Il capo politico deve immediatamente rassegnare le dimissioni. Chi lo sostituirà non potrà far altro di staccare la spina a questo governo per andare a votare. Per una volta almeno Giggino prendi il boccino e sfancula l’abbraccio mefitico del Cazzaro! Intorno a te infatti, se ancora non te ne fossi accorto, han gruberato, gianninizzato oltre ogni misura perché ardono dalla voglia di riportare in auge la vecchia politica, quella che permette loro di riciclarsi, di favoleggiare, immersi nell’inamovibilità, al grido, che tra non molto riudiremo, di “è l’ora dei sacrifici per tutti!” Tutti noi naturalmente!
Adieu Gigì!

domenica 26 maggio 2019

In ricordo



Ultimamente non condividevo le sue opinioni; se ne va comunque un grande del giornalismo. Riposa in pace Vittorio!

Assegnazione



Il Pinocchio d’oro quest’anno non avrà duellanti! Infatti Jeff Koons che ha appena venduto questo coniglio in acciaio per la modica cifra di 91,1 milioni di dollari ha testé dichiarato:

“Mi crede se dico che non ci penso ad essere il re del mercato dell’arte? L’arte ha senso se riesce a portare lo spettatore da un’altra parte, se sprigiona le potenzialità di chi realizza l’opera e di chi la guarda. (Attenti ora!) il vero valore è questo. Quello economico viene in un secondo momento.”

E allora lo regali Mr Koons! Lo regali! O venga a ritirare il premio, please!

Brooom!



Estikazzi! Mi chiamassi Lamborghini avrei anch’io una fede indomita verso i miei dei, quelli che ti fanno trasalire nel gaudio ogniqualvolta sbirciassi l’estratto conto! Chissà quale culto professi questa figlia di cotanti ottani. Dovrebbe essere la stessa fede di molti rivestiti di porpora credenti nel subitaneo, nella smargiassata terrestre! Chissà quali richieste la carrozzata invocherà, forse nuovi bilioni o più Krug per tutti. Non voglio giudicare ma Estikazzi!

Nove anni!! Tanti auguri Blog!!


Oggi è il compleanno di questo pazzo blog nato dalla mia cervice ben nove anni fa! 
Un bel traguardo non c'è che dire! Compreso questo, sono 6547 articoli! Caspita! 
Un modo per oliare le sinapsi cercando di non farvi annoiare. 
Ne abbiamo viste tante in questo recente passato, forse anche troppe. 
Scrivere sul blog ormai rappresenta per me un'abluzione mattutina, entrata nel quotidiano come il tonificarsi sul far del mattino. 

Come dice il grande saggio "ho ancora tante cose da raccontare, per chi vuole ascoltare!"

Grazie di cuore a tutti per la vostra pazienza. 
Ed in questo giorno di festeggiamenti non poteva mancare una sontuosa buona notizia, almeno per il sottoscritto. 
Musica per le mie orecchie! 




Besos a todos en la cabeza! 

sabato 25 maggio 2019

Come se


Un vegano direttore della macelleria di Greve in Chianti

Un piromane Ceo di una società produttrice di estintori

Al Tappone insegnante di Morale all'università Cattolica

Uno qualsiasi degli abitanti la casa del Grande Fratello iscritto ad ingegneria

La Picerno scelta per una prolusione sulla vita della Montalcini

Orfini iscritto ad un corso su "Coraggio ed Indipendenza"

L'Ebetino Rignanese che apre il Forum su "La Verità vi farà liberi"

Il Dott Bertone, che è anche cardinale, che spiega in un video "come vivere con dignità in un monolocale"

Il Cazzaro Verde che fa il ministro degli Interni (questa è vera ma ancora non l'ho metabolizzata) 

Insomma: 


Bazza Belpietro che firma la direzione per un giorno del defunto quotidiano "L'Unità" è uno schiaffo di gravità incommensurabile all'idea gramsciana di sinistra. Solo il "Ritardatore di appalti" Pessina poteva cogitare una stronzata tanto eclatante quanto rischiosa. Nel senso che questo rimescolamento continuo di ideali, di dignità, di fierezza delle idee potrebbe in breve far emergere il merdone posato sui fondali della nostra becera politica. O forse si è già avverato, visto che domani un inetto, anzi: l'Inetto per antonomasia, frenato con estrema difficoltà dal M5S, potrebbe essere incoronato neo Uomo Forte nostrano. 
A quel punto anche l'armageddon risulterebbe inefficace.  

Mitica Selvaggia!!



Trussardi e l’incriticabile piatto del “pesce scimmia”
PANE, ODIO E FANTASIA - NEL RINOMATO RISTORANTE DI FAMIGLIA IL MENU È TRADOTTO MALE, MA GUAI A RICORDARLO AL PROPRIETARIO

di Selvaggia Lucarelli

Ci sono mestieri che nessuno vuole più fare. Il lavapiatti. La badante. Il panettiere. Il critico gastronomico. O meglio, di gastronomia vogliono scrivere tutti, ormai, ma evitando con acrobatica diplomazia qualsiasi conflitto con ristoranti, aziende alimentari, chef, ristoratori. Primo perché si rinuncia a un sacco di cene a scrocco. Secondo perché attorno al mondo della gastronomia ruotano molti inserzionisti e “se dici che il mio uovo puzza di cure termali il tuo prossimo inserzionista sarà Roberto Carlino”. Terzo perché il settore ha un livello di permalosità che neanche Salvini con gli striscioni.

Ergo, basta scrivere “il radicchio era un po’ salato” che il giorno dopo l’ufficio stampa del ristorante minaccia di chiuderti nelle cucine e di farti fare, incaprettato, due giri di lavastoviglie impostata su “100 gradi”.

Non per niente il più noto critico gastronomico, Valerio Massimo Visintin, gira incappucciato. Lui dice che è perché così quando va nei ristoranti nessuno lo riconosce e gli servono quello che servirebbero a un cliente qualunque, ma secondo me è per non farsi riconoscere quando lo cercano per menargli. La meravigliosa querelle avvenuta giorni fa via social tra il critico gastronomico Dominique Antognoni e Tomaso Trussardi è un esempio smagliante di quello che si è detto.

L’antefatto. L’esperienza nella ristorazione di casa Trussardi ha avuto una vita abbastanza travagliata e da pochi mesi Tomaso stesso è stato nominato presidente e ad del segmento food. “Mio padre ha aperto la caffetteria, mio fratello l’ha trasformata in ristorante, mia sorella ha voluto le stelle: una scelta prestigiosa ma che non creava economicità. Io ho deciso di non prendere più chef star”, ha dichiarato in febbraio alla stampa. A quel punto la stampa gli ha domandato quale fosse la sua rivoluzionaria idea di ristorazione, visto che aveva rinunciato al suo chef e alle due stelle Michelin, e lui ha risposto: “Una trattoria di lusso, la gente vuole mangiare bene senza spendere una follia”. Cosa voglia dire “trattoria di lusso” è mistero fitto. È tipo “un’utilitaria Lamborghini, la gente vuole andare a 200 all’ora senza spendere una follia”. Cioè, se la gente vuole mangiare bene senza spendere, va in trattoria, se la trattoria ha i divani con struttura in ottone brunito e le posate d’argento non è più una trattoria, se la costoletta di vitello costa 50 euro come attualmente al ristorante Trussardi alla Scala, il prezzo non è da trattoria di lusso, ma da ristorante costoso. Quindi “trattoria di lusso” non vuol dire un’emerita cippa. Il critico Antognoni, a quel punto, fa un’osservazione simile su Facebook e a febbraio, nel pieno della settimana della moda, quando i Trussardi in teoria avrebbero altro a cui pensare, Tomaso risponde piccato che se il critico vuole sapere cosa sia una trattoria di lusso, questa volta deve pagare. Insomma, lascia intendere che il critico in questione in passato sia andato a mangiare nel suo ristorante senza tirar fuori un euro.

La querelle finisce lì, ma è in arrivo il secondo round. Antognoni, qualche giorno fa, studia il menu della trattoria di lusso e scrive un articolo su chefmaitre.com intitolato “Il pesce scimmia del signor Trussardi”. Vedo il titolo, penso che dopo anni di logo col famoso levriero, Tomaso abbia deciso di cambiare logo e animale e di buttarsi sul genere fantasy-mitologico, con un simbolo che sia metà carpa e metà bertuccia. Invece no, Antognoni sta parlando della nuova trattoria di lusso, più precisamente del menu.

Un menu che lui definisce “un foglio word qualsiasi” in cui “Piccione rapa e piselli” diventa Pigeon with turnips and beans, solo che beans non vuol dire piselli, ma fagioli. In cui a sinistra, in italiano, si informa il cliente che la bistecca viene calcolata all’etto, mentre a destra, in inglese, viene detto che si calcola al grammo. Ma soprattutto, tra le proposte di pesce, spicca la “rana pescatrice” (monkfish, in inglese) che però nel menu di destra diventa MONKEY fish, ovvero pesce scimmia. Un menu pensato da Tim Burton, insomma. Di sicuro un’esperienza culinaria insolita assaggiare il famoso “gorilla pinna gialla”. Insomma, che il ristorante Trussardi abbia un menu con gli errori del menu cinese in Viale Padova o di quell’indimenticabile menu in Bolivia in cui gli spaghetti al pesto erano tradotti “Spaghetti alla peste”, è una sciatteria incredibile e Antognoni lo fa notare. Apriti cielo. Tomaso Trussardi, in tutta risposta, come un bimbominkia qualunque lancia strali su Facebook: “Certi imbecilli sedicenti critici culinari si permettono di giudicare senza competenze e esperienze di lavoro…. gli veniva permesso di mangiare a ufo (per non dire a scrocco)… ha dimostrato con copertine al miele il suo totale asservimento a chi lavorava nelle nostre cucine e gli permetteva di gozzovigliare a mie spese… ma si sa, la pacchia finisce, questo dodicenne hater…etc…”. Poi, non contento, si rivolge a chi lavorava nelle sue cucine, ovvero lo chef stellato Roberto Conti, invitandolo a togliere dalla sua bio su Facebook “executive chef presso il ristorante Trussardi” e da gran signore, specifica che sebbene Conti faccia credere di essersene andato di sua spontanea volontà, l’ha licenziato lui. “Grazie, ti auguro di fare bene COME NE SEI capace quando vuoi!”, conclude Trussardi. E lì diventa chiaro chi ha scritto il menu della trattoria di lusso. Del resto, si sa, nelle trattorie è tutto fatto in casa, pure i menu. Resta solo da capire se il pesce scimmia, nella scala evolutiva, sia l’anello di congiunzione tra l’uomo e una trattoria di lusso. Attendiamo la risposta del signor Tomaso Trussardi. Via Facebook, naturalmente. Del resto, i grandi comunicatori nel mondo della moda come lui e Stefano Gabbana, rispondono solo così.

venerdì 24 maggio 2019

Forse non son sveglio


Qui avrei dovuto mettere la foto della Michelazzo e della Perriciolo.
Ma non la metto per non alimentare questa notorietà odorante di sterco 


Di sfuggita, solo di sfuggita apprendo notizie attorno alle finte nozze di Pamela Prati con un fantomatico Caltagirone e poi queste due signore tale Eliana Michelazzo e Pamela Perricciolo. Ma non me ne frega nulla della vicenda, dei pianti, delle interviste fatte dalla compagna del figlio del miliardario delinquente. Nulla di nulla di lacrime, di ribaltamento della verità, dei plagi, delle fesserie per strappare qualche copertina. Tutto studiato, previsto, sviluppato per e con la certezza che attorno a queste fabbriche di aria fritta vivano e s'aggirino degli allocchi. Gli stessi allocchi che comprano bottiglie di acqua griffate dalla moglie di quello che ha la ragnatela sul collo a prezzi da immediato arresto con tanto di TSO obbligatorio. 
Ci sono deviati mentali che confabulano, progettano storie, amori, liti, scoop solo ed unicamente per vendere. Le classiche foto finte con i protagonisti pettinati, ben vestiti e noi, mi ci metto anch'io va, quando vado dal barbeo, a confabulare, a commentare il nulla, come le teste cosiddette pensanti. 
Intrecci, sospetti, pianificazioni di una finzione, di un set utile a pochi e affossante sinapsi di molti. 
Ma che ci frega a noi se la Pamelona sessantenne aveva in progetto di sposarsi con un ideogramma? 
Come cambia la vita se questa è finzione? 
E allora immergiamoli nell'anonimato queste mezze cartucce senza alcun valore, questi deserti di emozioni, di positività. 
Lasciamo incartarsi questa michelazzo (minuscolo e spronante ad una rima molto ma molto azzeccata) e l'amica perricciolo, gustiamo del loro evaporare, nessuna traccia a breve si avvertirà del loro flebile passaggio, magari andranno a vendere porta a porta quelle schifezze medianti le famose piramidi gestionali che alla fine inchiappettano sempre la moltitudine. 
Fate finta di nulla, emergete dallo squallore. Leggetevi un bel libro e come d'incanto non vi fregherà più nulla di queste vicende alla beneamata cazzo&campana!   

Supplica



Gomez


venerdì 24/05/2019
FATTI CHIARI
De Luca ricorda Falcone: ossigeno sprecato e ipocrita

di Peter Gomez

Educazione, intelligenza e decenza dovrebbe spingere a non parlare mai di mafia quei politici che si sono fatti eleggere anche grazie ai voti degli amici dei condannati per quell’odioso reato. In Italia, però, il limite del buon senso e del buon gusto è stato ormai superato da un pezzo. Per questo quando qualcuno lo travalica non c’è più nessuno che lo faccia notare.

È accaduto anche ieri in occasione delle commemorazioni per la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della loro scorta. Tra i tanti che hanno sentito il dovere di sprecare inutilmente ossigeno per ricordare ipocritamente il sacrificio di questo eroe italiano c’è stato pure il governatore di una regione del Sud da sempre al centro di mille polemiche. Si tratta dell’arcigno Vincenzo De Luca che nel 2015, nonostante le proteste di Roberto Saviano e del movimento antimafia, pur di vincere le elezioni accettò l’appoggio di “Campania in rete”, una lista ispirata da una serie di amici di Nicola Cosentino: l’ex sottosegretario del governo Berlusconi, legato al clan dei Casalesi e per questo condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione camorristica; a cinque anni per tentato riciclaggio con aggravante mafiosa e a quattro anni per corruzione. De Luca però soffre di cattiva memoria. O, forse, spera che le amnesie ce le abbiano gli altri.

Così, dopo aver detto nel 2016 che l’allora presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi era “una infame da uccidere” e aver definito nel 2018 “camorristi” i bravi giornalisti di FanPage autori di una straordinaria inchiesta sul traffico di rifiuti, il governatore campano oggi spiega che gli viene “da piangere” nel pensare “che sono morti per un’Italia come quella che abbiamo davanti agli occhi” perché “non era questa l’Italia e lo Stato che sognavano”.

Parole, sia chiaro, che condividiamo in toto (anche pensando a chi le ha pronunciate), ma che De Luca avrebbe potuto benissimo usare pure quando al governo c’era un signore, Silvio Berlusconi, il cui partito aveva visto tra i fondatori un condannato definitivo a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa come Marcello Dell’Utri. Il governatore, allora sindaco di Salerno, non risulta però che all’epoca parlasse allo stesso modo. Lo fa invece, con sollievo di tutti, finalmente ora. Promettendo, secondo l’Ansa, di onorare “il sacrificio di Falcone mantenendo il senso del dovere, del rigore assoluto e la dignità istituzionale”. E garantendo di fare la sua parte “come l’ha fatta lui, a fronte dei cialtroni che sono al governo dell’Italia”.

L’opinione sull’esecutivo, sia chiaro, è assolutamente libera. Il litigioso spettacolo offerto dai gialloverdi in questa campagna elettorale autorizza chiunque, anche De Luca, a dire la sua. Noi ci chiediamo però come debba essere definito un governatore che non revoca l’incarico di proprio consigliere alla Caccia e alla pesca a Franco Alfieri (il famoso sindaco delle fritture di pesce, ndr), dopo che la Dia gli ha perquisito casa e ufficio e la Procura lo ha accusato di voto di scambio politico mafioso. Alfieri è ovviamente innocente fino a prova contraria. Ma noi siamo certi che nell’Italia sognata da Falcone non ci sarebbe stato spazio per un consigliere di un presidente di Regione scoperto mentre parla per telefono con un detenuto agli arresti domiciliari (esponente del clan Marotta) di un “contratto di lavoro per pigliare l’affidamento”. Cioè per tornare libero. Nella Campania di De Luca invece lo spazio, e soprattutto una poltrona, c’è.

giovedì 23 maggio 2019

Che figura!



Una delle più grandi sfanculate di ogni epoca si è consumata pochi giorni fa, allorché l'Imperatore dello Smargiasso, l'Al Tappone elevato all'ennesima potenza, il miliardario povero di neuroni, il Mastro Muratore per antonomasia, che per chissà quale congiunzione oscura di pianeti ci siamo ritrovati a capo della potenza più grande e belligerante del globo, ha avuto la balzana idea di far bloccare all'azienda cinese leader nella telefonia l'aggiornamento di software a stelle e strisce ormai entrati nel quotidiano globale, vedi Google.
Huawei si è dunque ritrovata in mutande, senza quei programmi nei suoi telefonini il crollo in borsa è stato istantaneo e il ridimensionamento pure. Il silente Xi Jinping a capo dell'immensa Cina non ha né protestato né invocato ripicche o ritorsioni. Nulla di tutto ciò. Si è messo in viaggio, andando a visitare la più grande azienda produttrice di "Terre Rare" a Ganzhou. Senza emettere neppure una sillaba, una nota informativa, niente di niente si è fatto fotografare nell'immenso stabilimento JL-Mag e, come per incanto, il Vaccaro Biondo ha immediatamente concesso una proroga di 90 giorni al blocco informatico colpente Huawei.
Un solo viaggio, silenzioso e tutto si è sbloccato lasciando l'Unno con al seguito lo scoiattolo in testa a bocca aperta e, soprattutto, sbeffeggiato.
Le terre rare, ma cosa sono?
Andando a leggere sembra una comune di nani disneyani con quei nomi utilissimi per la produzione di supercazzole al bar:

Scandio
Ittrio
Lantanio
Cerio
Praseodimio
Neodimio
Promezio
Samario
Europio
Gadolinio
Terbio
Disprosio
Olmio
Erbio
Tulio
Itterbio
Lutezio

Diciassette metalli, metalli nuovi e indispensabili per la produzione di alta tecnologia come motori per auto ibride, superconduttori, magneti per turbine eoliche. 
Sempre leggendo apprendo che ad esempio senza di loro non ci sarebbero i touch screen, i colori nel video etc. 

Ebbene i cinesi ne producono circa il 70% dell'attuale fabbisogno mondiale. E con quella visita il povero Cowboy Arrappato ha dovuto inchinarsi, chissà se scusandosi pure, al Cinese Viaggiante e Silente, per una delle più enormi figuremmerda della storia universale.

mercoledì 22 maggio 2019

Siamo lì!



Non so se sia più arrappato un marittimo giunto davanti alle vetrine di Amsterdam dopo una navigazione di sette mesi o Chicco Mentana in vista della maratona elettorale notturna di domenica prossima. A mio parere siamo lì!

Passato travagliato


😂😂😂😂😂

mercoledì 22/05/2019
Ancora tu

di Marco Travaglio

L’altra sera, facendo zapping, ci siamo imbattuti in uno di quei revival di archeologia televisiva, tipo Techetè, con vecchi guitti in bianco e nero di tanti anni fa. Così almeno abbiamo pensato, quando abbiamo visto la buonanima di Silvio B. in gran forma, tutto pittato, laccato, moquettato e levigato come un set di sanitari Ideal Standard, con un suo impiegato che lo “intervistava” (si fa per dire) sulle tante, infami “calunnie” che ha subìto in vita sua. Attendevamo che, da un momento all’altro, entrassero le ragazze del Drive In o di Colpo Grosso, accompagnate da Greggio e D’Angelo o da Smaila. Poi abbiamo scoperto che era tutto in diretta: la buonanima era viva. E parlava. Strascicando alla Crozza, ma parlava. Come se, a cinque anni dalla dipartita dal Senato palla volta di Cesano Boscone, l’avessero scongelato dal freezer e liberato dalla funzione Pause per restituirlo al più consono Play. Il Rieccolo riprendeva il discorso da dove l’aveva interrotto nel 2013, come se intanto non fosse successo nulla, risultando lievemente sfasato rispetto al momento attuale. Anzi, al secolo attuale, visto che usava arcaismi come “gabina elettorale” che non si sentivano dai tempi di Costantino Nigra, prima di annunciare che a Bruxelles lui ci andrà davvero. Anzi, a minacciarlo.

Il Cavalier Findus intratteneva il folto pubblico, accuratamente selezionato nella casa di riposo di Cesano Boscone per attenuare l’asincronia della scena e lo straniamento della testata Quarta Repubblica, su temi di interesse non proprio bruciante come i suoi “ben 88 processi con ben 105 fra avvocati e consulenti”. O come i suoi soldi all’estero, ormai cristallizzati da anni di sentenze definitive sulle sue 64 società nei paradisi fiscali e le sue evasioni da 360 milioni di dollari, ormai digerite anche dai suoi fan più accaniti. “Neanche un euro!”, trillava giulivo il conduttore. E B.: “Se mi trovate dei soldi all’estero, sono vostri!”. Risate in sala, anzi in bara. Altra “calunnia”: la condanna per frode fiscale, emessa da un fantomatico “collegio di deputati” (i cinque giudici di Cassazione, che firmarono tutti la sentenza, anche se a lui risulta che uno “non voleva firmarla, ma fu costretto da qualcuno in alto, forse un alpinista”), per “eliminare un avversario politico”. Fu così che lui presentò “un appello in 18 punti alla Corte di Strasburgo che in cinque anni non ha mai aperto neanche un foglio”. In realtà la Corte ha archiviato il caso il 27 novembre senza pronunciarsi, perché i suoi legali, probabilmente senza dirglielo, hanno ritirato il ricorso con una lettera del 27 luglio.

Lì non le eurotoghe rosse, ma Ghedini&C., spiegavano alla Corte che un verdetto “non avrebbe prodotto alcun effetto positivo” per lui, cioè sarebbe stato respinto con perdite) Uno si sarebbe atteso una replica del conduttore informato dei fatti, ma trattandosi di un giornalista di Mediaset e del Giornale era troppo sperare. Altra “calunnia”: “Una frase irriferibile e volgarissima che non ho mai pronunciato sulla signora Merkel”. Che, essendo irriferibile, nessuno in studio e a casa conosceva. Peccato, perché era carina: “Culona inchiavabile”. Noi, che a suo tempo la riportammo perché i suoi la riferivano, terrorizzati che uscisse da qualche intercettazione, sappiamo bene di non aver inventato nulla. E lo sapevano persino il Giornale e Libero, che per due anni chiamarono la Merkel “culona” sapendo di far cosa gradita al padrone, che le attribuiva il famoso “complotto dello spread” per rovesciare il suo terzo governo. Poi, come spesso accade a quell’età, batté la testa, si scordò tutto e si risvegliò da antieuropeista sfegatato a filoeuropeista arrapato, da nemico ad ammiratore dell’“amica Angela”. L’altra sera, per dire, s’è inventato di averla convinta a fargli “eleggere Draghi” affinché “la Bce stampasse moneta” (tutti eventi mai accaduti nella realtà, ma nessuno ha ancora avuto il coraggio di comunicarglielo). Ma ecco l’ultima “calunnia”: il bunga bunga. Migliaia di pagine di sentenze hanno accertato il “sistema prostitutivo” orchestrato per lui, nella villa di Arcore, a Palazzo Grazioli, a villa Certosa e non solo, dai vari Tarantini, Mora, Fede, Minetti. E lui che fa? Come se fosse ancora il 25 aprile 2009 sul palco di Onna, travestito da partigiano col fazzoletto rosso al collo, osannato da tutti ignari di tutto, racconta che “il bunga bunga è una barzelletta che ho inventato io sui due più sfigati che avevo: Bondi e Cicchitto” (la gratitudine è sempre stata il suo forte), simpaticamente sodomizzati “da una tribù libica rivoluzionaria”.

Quanto ai festini nelle ville, “Emilio Fede scoprì che lavoravo pure il sabato notte e allora mi portò due delle sue meteorine, che la volta dopo portarono quattro amiche, che ne portarono altre, finché mi ritrovai con 32 ragazze”. E non ebbe cuore di lasciarle fuori all’addiaccio. Ma erano frugali “cene eleganti, i miei figli passavano a salutare prima di andare a letto, io raccontavo storielle e cantavo”, del resto era o non era già “a vent’anni il miglior cantante di Parigi”, quando anche Aznavour gli faceva una pippa? Subito dopo, in un fuorionda, dice al pubblico che “qualche anno fa me ne facevo sei per notte, ora invece mi addormento dopo la terza”, però ciò che conta è quel che va in onda, no? Dunque tutti a votare per lui che, appena seduto a Bruxelles, fermerà con le nude mani “il progetto egemone del comunismo cinese”. Non solo, ma – con grave sprezzo del pericolo – “aumenterò le pene contro l’evasione e l’elusione fiscale”, avendo appena scoperto con raccapriccio che “in Italia c’è un nero enorme”. E non è Balotelli, no! Sono le “centinaia di miliardi di evasione”. Senza contare, modestamente, i suoi.

lunedì 20 maggio 2019

Fiera intimorente



Alla fiera rionale a cui tutti partecipiamo ansimanti, non poteva mancare lo scempio incutente paura e fobie, armi necessarie a chi sogna di vederci per sempre proni.
Guardiamoci intorno: migranti, ladri, spread, manovra d’autunno, default, lo sfaldamento dell’attuale Europa.
Ci credono ancora in balia dei loro aliti, questi signorotti del nulla, che bramano continuità per auto foraggiarsi di potere e di altro che ben immaginate.
Da “ce lo chiede l’Europa” al pericolo sovranista, senza passare dal via.
Che a ben vedere il paradiso molti lo hanno già trovato: prendete Gin Tonic Juncker: sapete quanto guadagna al mese?  32000 euro lordi! Avete capito bene: trentaduemila euro mensili!!!
La nostra cara Europa ha stabilito di spendere in quest’anno ben 9,943 miliardi di euro in stipendi per alimentare il caro, a loro, regno della burocrazia. E poi la Mogherini anch’ella sui 32.000 euro lordi al mese. E lo stesso il carissimo Moscovici che ne agguanta 27mila.
E i funzionari? Almeno 5mila viaggiano con stipendi lordi oltre i 10mila euro.
L’idea di Europa unita è sacrosanta. Ma non di questa, fornace di burocrati intenti a sodomizzare popoli in nome della cultura finanziaria corrente che privilegia pochi a scapito dei restanti che sono la maggioranza.
Occorre quindi tenere fede e barra dritta, non lasciandosi intimorire da nessun afflato di fobia che quotidianamente tentano di renderci nervosi, irritabili, sfiduciati nel futuro. La manna che scende nei cieli di Bruxelles è per pochi. Le difficoltà, le strette di cinghia sono per noi perché, ripeto, all’orizzonte non si staglia nitido il bene comune, bensì l’ormai celeberrimo appropriamento indebito di poche lobby, eterne e rigeneratesi ogniqualvolta cambi un vento, una brezza, un rivolo di aria che vorrebbe cambiare obiettivi.
L’Europa ha bisogno di gente seria e integerrima in grado di ridurre spese e favori a pochi.
Sta tutto qui. E votando domenica non dobbiamo far altro di ricordarcelo nella cabina elettorale.