martedì 15 maggio 2018

Tempo e ricordi


Dieci, forse quindici anni di vicinato, le nostre porte di entrata che si sfiorano. Lei, una signora che viveva in solitudine da tanti anni oggi è spirata, dopo una malattia per fortuna non troppo lunga e che  normalmente, e a ragione, chiamiamo brutta. 
La vedevo praticamente tutti i giorni, la sentivo di sera nella sua camera da letto confinante con la mia sala, luogo deputato alle mie infinite penniche dinnanzi alla tv. Sul far del mattino la udivo nel sonno chiamare la mamma, morta anni fa, in una tonalità tipica di ognuno di noi, nel momento del bisogno, di solitudine.
Simpaticamente fungeva pure da rallegrante del pianerottolo, perché chiamava l'altra vicina, anch'essa sola, con un inconfondibile semiurlo alla Tarzan sfociante in un "Gioooo!". Era la certezza che la giornata sarebbe proseguita secondo il classico canovaccio fatto di chiacchiere, di allegre battute, di ricordi, di proponimenti, di fantasticherie. Il fatto inusuale è che nessuno delle due ospitava l'altra nella rispettiva dimora; stavano infatti entrambe sul pianerottolo con le porte di casa aperte. 
Quando arrivavo al piano mi intrattenevo con simpatia a parlare del tempo, del freddo, del caldo; parevano recitare un copione ben definito: Anna, la defunta, criticava ogni notizia, aveva come una specie di sillabario da cui estraeva una sentenza ad hoc, decretata a voce alta a noi astanti. L'amica invece era ed è tutt'ora permeata di un pessimismo storico, alla Leopardi e tutti i cambiamenti, le alterazioni meteorologiche, la rottura dell'ascensore o il ritardo del ritiro della differenziata, provocavano in lei una specie di collasso psichico che solo le urla di Anna riuscivano a ri-stabilizzare in una normalità traballante. Ho vissuto, se pur lontanamente pur essendole vicino, la sua agonia, il suo spegnimento fisico, i suoi sempre più flebili lamenti, il consumo della pelle, la conseguente crescita esponenziale delle dimensioni degli occhi, l'arrivo sempre più avvertibile della signora in nero che oggi se l'è portata via. 
Quando è uscita nel sacco nero ho avvertito più che un dolore una desolazione, un silenzio provocato dal suo andarsene via, per sempre, uno squillo di tromba annunciante un'eternità, un sempre riempito dall'uscita dal tempo, una speranza di nuova vita, di festa, di abbracci. Resterà in me la mancanza dell'urlo chiamante l'amica, manifestante la voglia innata in tutti noi di andare avanti, assieme. 
Riposa in pace Anna! Non ti dimenticherò. 

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