giovedì 30 gennaio 2014

Nuova corsa, nuovo circo


La routinaria esistenza pone periodicamente eventi, festività e periodi vacanzieri che vengono vissuti in modo diverso da ciascuno di noi.

C’è chi trasforma ogni occasione per appuntamenti culinari, come il sottoscritto, c’è chi soffre del momento non potendolo onorare per problematiche finanziarie e c’è chi usa di ogni istante per evidenziare il distacco sociale personale per agi e futuri salti di casta dovuti alla grande disponibilità monetaria.

Viene l’estate e le “marte-marzotto” disseminate nei meandri della nostra penisola pensano alla Prima della Scala del veniente sette dicembre, arriva l’inverno e occorre occuparsi del guardaroba estivo e via andare dentro un ciclo continuo sfornante divari, distacchi e predominanze.

I ricchi. Gli stra-abbienti. I rigonfi.

Sono una specie protetta, da loro stessi, che cade in un strano letargo dentro un buco nero originale, allorché giunge il momento di presentare le dichiarazioni pro fisco; in quel periodo infatti scompaiono Suv e barche, possedimenti e doppie/triple case in alta montagna o in riva al mare. 
Questo letargo per loro è molto remunerativo in quanto assentandosi lasciano la strada libera a coloro che vivono dipendendo da qualcun altro il più delle volte proprio “i temporaneamente scomparsi”, per poter finanziare lo stato, attraverso il prelievo forzato di denari che verranno utilizzati anche per servire pubblicamente questi “sonnolenti” assenti.
Una volta risvegliatisi eccoli pronti a sfrecciare in mare con barche immense ed indecorose, vivendo l’estate come una vetrina, come uno status da utilizzare per immergersi nelle acque, facendo emergere il loro ego, la loro innata voglia di distanziarsi dai più che pressati in spiagge non più libere, come palmipedi tentano anch’essi di emergere dalla canicola solo per acchiappare il rivolo di aria ance se calda, tra un ghiacciolo pagato come un tartufo ed una bibita al costo di un litro di verde.

Non è invidia la mia, ma partecipazione. 
Partecipo di questo circo, enorme e fluttuante, ove in perenne replica si assiste alla differenza di gusti vitali dell’esistenza, dove per un concetto basilare della società umana giustamente privilegiante la proprietà, si è perso di vista il pudore, la giusta quantità, sopraffatti come si è da questo inverecondo accaparramento di risorse, che non un circolo comunista, bensì la Banca d’Italia stima nel 48% di possedimenti in tasca al 10% degli italiani!

Non è invidia ma constatazione, certa ed ineluttabile di come si sia formata negli anni la differenza sociale, la casta dei furbi e quella degli inetti, di come la specie umana sia separata dal mercimonio, dal traffico, dalle plusvalenze, dalle società off shore, dai viaggi nei paradisi fiscali degli spalloni, dalla puzza sotto il naso di chi si crede differente, predestinato, investito dalla dea fortuna a vivere senza toccare la realtà, preoccupato di avere sempre di più, indaffarato a colpire chiunque tenti di salire sul suo natante, che a parer suo gli spetta per una sacrale decisione  del destino.

Non è voglia di combattere, chimera oramai di pochi perché è ineluttabile constatare la dispotica sentenza dell’immoto, del definitivo, del decretato dagli astri, ovvero il fatto dell’impossibilità di poter accedere a miglior forma di vita per chi stenta ad arrivare a fine mese.
Tornare a parlare del perché ci siamo trasformati in un’India europea? Asserire che un ventennio condotto da uno che ha voluto un vulcano finto in una delle sue innumerevoli proprietà, serve a qualcosa?

Purtroppo no.

Questa rincorsa alla novità costosa, all’ultimo atollo polinesiano, alla baita in posti dove solo sedersi costa uno stipendio di un metalmeccanico è per sempre. Occorre constatare che la trasformazione è anestetizzante, non desta più nessuno il vedere uomini ancora in forza seduti su una panca in attesa del pasto caldo nella mensa di grido, nella quale giungono oboli dai differenziati che con quella elargizione pensano di lavarsi l’animo forse immondo. 
Non ci desta neppure vedere persone trafugare le lattughe di scarto nei cassonetti dei mercati a fine attività, o coloro che aspirano al pacco Caritas per poter mangiare qualcosa, o la difficoltà dei padri di famiglia a mantenere un decoroso contegno ai propri figli, la spasmodica corsa a comprare il must del momento, il parlare di sogni irrealizzabili nei bar dei sopraffatti, il narrare, pur in questa età del mondo in cui tutto è immediato e riportato attraverso i media, delle gesta dei differenti, della loro schiera di servitù, dei cavalli dei motori delle loro navi, della varietà di auto acquistate e cambiate al ritmo stagionale, dei vestiti acquistati a prezzo di stipendio annuale dei narranti.

E’ questa la vita che viviamo, la differenza che annusiamo, l’inerme accondiscendenza che subiamo, il rincoglionimento che via etere ci stordisce sino a farci perdere la rotta, il fine del vivere, la voglia di riscatto.


Mentre scrivo ci sarà qualcuno che in questo momento starà già progettando il giro nautico della prossima estate e di conseguenza “giosterà” spasmodicamente per uno degli innumerevoli “Montenapoleone” alla ricerca del nuovo costume, delle nuove scarpe a 24carati, dei vestitini per il dinner, il lunch e la passeggiata post approdo nel porto caldo ed accogliente, ove non mancherà l’incazzatura per quei sessanta centimetri in più del vicino di posto barca, scatenante una furiosa piazzata al consorte accusato di far poco per la famiglia, il quale a sua volta scatenerà una nuova guerra accaparrante a scapito di chi bevendo una birretta su un anonimo molo, spero potrà ridere in libertà di questo circo fine a se stesso e destinato alla polvere, come tutti noi.

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