martedì 19 agosto 2025

Differenze

 Arrivato da Lecco al rifugio Ariaal dopo un’ascesa di 600 mt in due ore con fischi, rantoli e pompa in affanno annessi. Domani previsto brutto tempo (mannaggia e io che volevo rantolare un poco nella valle!) 

Quello che mi ha stordito è una coppia che ha fatto il mio stesso percorso in soavità, cena assieme a noi e finito la cena se ne ridiscende senza battere ciglio infilandosi nel bosco al buio, con le luci in testa… a breve gli chiederò da quale galassia provengono!



Corvo!

 E questo fa un ponte in zona sismica…



Punti di vista

 



Daje Daniela!

 

Che estate, Bat-Renzi: sventa attentati mentre canta con Jerry Calà
DI DANIELA RANIERI
Dopo Ferragosto, mentre le due superpotenze mondiali si sfilettano l’Ucraina, dove la Nato (e la Ue al suo servizio) ha miseramente perso la guerra, il più grande giornale italiano pubblica nella seconda pagina di politica italiana una notizia bomba: “Le estati di Renzi”. E non stiamo parlando solo di questa estate, quando, dopo “una settimana in Corsica a luglio con Agnese”, lo si è visto “con la famiglia a Capri, a cantare con tanto di tamburello insieme tra gli altri a Jerry Calà, all’Anema e core”, come testimonia un video “poi diventato virale”; ma delle estati di fuoco di quando teneva le redini della nazione nel grande scacchiere internazionale.
Per esempio nel 2016, quando, in partenza per la Sardegna, sventò un attacco terroristico con la sola forza del Badedas: “Alle 6 del mattino il telefono del premier squilla: sono i vertici dei servizi segreti. ‘Presidente, dove si trova?’. ‘Appena uscito dalla doccia’. ‘Tra 10 minuti siamo da lei’. Risultò che un presunto kamikaze aveva scritto su Facebook che proprio quell’11 agosto si sarebbe fatto saltare in aria. “E che fa?”, freme il cronista. Matteo ricorda la concitazione di quegli attimi: “Abbiamo poche ore per prenderlo. Qualcuno mi propone di lanciare un allarme a reti unificate al Paese, altrimenti, mi dicono ‘daranno la colpa a te’. È una scelta delicata. Ma non ha senso impaurire 60 milioni di italiani solo per pararsi la coscienza. Dico ai vertici delle forze dell’ordine: raddoppiamo la vigilanza e troviamolo. Ore drammatiche, incollati al telefono. Poi la svolta: viene catturato… Arrivo al mare la sera, e con i ragazzi faccio finta di nulla”. Batman non avrebbe saputo fare di meglio.
Come dimenticare, poi, l’estate del Papeete, quando lui, da statista qual è, mise da parte i dissapori col M5S e favorì il Conte-2 col Pd. “Chiamo Dario Franceschini e divento il fautore del governo giallorosso. Con le elezioni, Salvini avrebbe ottenuto un’ampia maggioranza sovranista per governare e poi eleggere il presidente della Repubblica nel 2022. Roba pericolosa”.
“Una mossa del cavallo”, osserva il cronista, facendogli un po’ di pubblicità all’omonimo libro. Matteo, schivo com’è, non si crogiola nella gloria e accoglie la successiva provocazione dell’intervistatore: “Lei, da premier, è il leader che ha fatto più bilaterali con il presidente della Russia”. Matteo afferma che Putin è “uno straordinario negoziatore”, che “usa un tono di voce monocorde” ed è “un professionista” (come in un sogno ci sovvengono le immagini di quando, ai vertici internazionali, Matteo sembrava imitare la camminata da Kgb, col braccio sinistro semi-fermo e il destro oscillante).
Naturalmente il cronista, che è un giornalista del Corriere e quindi non è tenuto a saperlo, non fa alcun accenno al fatto che nel 2015 il governo Renzi mandò alla Russia di Putin 94 blindati Lince violando l’embargo (vedi Il Rottamato. Antropologia di Matteo Renzi, PaperFirst). Gli preme sapere un’altra cosa: “Con Obama, che volle lei e sua moglie Agnese all’ultima cena di Stato da presidente Usa, vi sentite ancora?”. Ah, Barack: “L’ho visto l’ultima volta qualche mese fa. Eravamo ospiti a una conferenza internazionale in Asia”, e qui si toccano vertici di manuelfantonismo siderali, manca solo il cargo battente bandiera liberiana.
Non manca invece un accenno all’ostracismo di cui è vittima sui media, in particolare su Mediaset, che l’ha “cancellato dal palinsesto” dacché ha criticato Pier Silvio. In effetti non si capisce perché un politico di tale levatura non possa raccontare queste cose a Verissimo, ospite di Silvia Toffanin. Intanto, perché no, l’intervista potrebbe diventare una rubrica fissa sui maggiori quotidiani italiani: “Gli autunni di Matteo Renzi”, “I solstizi d’inverno di Matteo Renzi”, “I cenoni di capodanno di Matteo Renzi”, anche se scrivendolo ci accorgiamo che è già così: manca solo l’intestazione.

Doppio Pino

 


Il Pelé del golf: gioca coi piedi
DI PINO CORRIAS
Dopo il denaro e molto prima delle donne, la passione di Trump è il golf. Ne ha comprati 18 campi nel mondo. E come con il denaro e con le donne, anche nel golf, gioca solo dove si sente padrone di fare e disfare le regole e naturalmente imbrogliare. Per questo gioca solo nei campi suoi, dove lo hanno soprannominato il “Pelé del golf” perché calcia via le palline degli altri, sposta o sostituisce la sua – proprio come Goldfinger, il nemico di 007 nel romanzo di Ian Fleming – secondo una preziosa inchiesta di Sports Illustrated che ha indagato sulla ventina di campionati social che Trump si vanta di avere vinto.
Nei primi 200 giorni del suo secondo mandato, The Donald, cappello e guanti bianchi, ha giocato 49 giorni, il 24,5% del tempo, sottratto ai doveri della Casa Bianca. Per una spesa, al momento, di 68,6 milioni di dollari – quasi 1,5 milioni a giornata – contando che con lui si muovono non meno di cento persone, tra gli addetti allo staff e alla sicurezza. Più le coperture militari di cielo, terra, mare, i controlli preventivi, il volo dell’Air Force One, il trasferimento aereo di “The Beast”, la bestia, la limousine super blindata che lo precede ovunque.
Ma se quelli che spende sono soldi dei contribuenti, con buona pace degli operai della Rust Belt che l’hanno votato, i dollari che guadagna dai suoi campi da golf sparsi nel mondo, sono solo suoi: 555 milioni di dollari incassati nel 2023, 354 milioni nel 2024.
Nell’ultimo campo da golf ristrutturato extra-lusso, il Turnberry Golf Club, in Scozia, vicino al paese natale di sua madre, Trump ha mandato in buca tutte le palline che gli ha portato in dono la presidente europea Ursula von der Leyen, arrivata a fargli visita come si fa con gli imperatori d’altro secolo, per poi sedersi accanto a lui, ma un po’ più in basso, e ascoltarlo senza fiatare. Risultato: dazi per tutti i Paesi europei al 15%, più 750 miliardi di euro per acquistare gas e petrolio americano, più l’impegno a comprare armi per dieci anni dagli arsenali a stelle e strisce. Nell’ultima inquadratura, rilasciata a fine pestaggio, Donald è una maschera arancione che ride, Ursula, ha il colore di una bandiera bianca, ma alza il pollice nel segno di vittoria, immortalandosi nella foto più stupida dell’anno.
(6 – Continua)
Trump odia l’Europa per slogan
DI PINO CORRIAS
Trumpodia l’Europa che vive in ghingheri, distribuendo sussidi e ferie ai suoi eleganti perdigiorno, cioè noi, che dormiamo tranquilli sotto le coperte riscaldate dalle forze armate americane. Compresa la deterrenza nucleare e i satelliti che fanno la guardia ai nostri cieli, mentre noi ci godiamo la bellezza delle antiche cattedrali, i privilegi del tempo libero, dell’arte e della cultura: parassiti.
Trump odia l’Europa perché la considera roba sua, da quando i ragazzi in divisa da marines hanno attraversato l’Atlantico, sono sbarcati in Sicilia e in Francia per liberarla dai cingoli tedeschi e dai pennacchi italiani. E l’hanno fatta rinascere non solo versando il sangue, ma anche milioni di dollari, regalando ai singoli Stati i jeans, il rock & roll, il frigorifero, oltre a una libertà ben controllata dei mercati, della politica, delle mode culturali, da opporre al mondo in grigio e filo spinato del comunismo sovietico: ingrati.
Trump odia l’Europa perché è troppo grande per non avere un capo e dunque troppo frammentata, troppo ondivaga nelle decisioni, troppo liberal nei costumi, troppo politicamente corretta con le minoranze. Preferisce scomporla di più, prendere per il bavero un Paese alla volta, avere rapporti singoli con i leader, come ai tempi imperiali, quando gli accordi li facevano i sovrani, il mondo sapeva e non sapeva, comunque obbediva. Meglio ancora ignorarla l’Europa. Bypassarla come ha appena fatto in Alaska. Preferirle di gran lunga gli accordi con le dittature arabe, con le autocrazie, comprese la Russia e le terre rare di Ucraina con le quali è sempre facile propiziare buoni affari per l’America, per la propria famiglia, i propri amici. E se Russia e Ucraina sono in guerra da tre anni, era l’Europa che avrebbe dovuto occuparsene invece di nascondersi dietro le spalle dell’America: inetti.
Trump odia l’Europa perché è anche quell’odio così tanto diffuso tra milioni di americani che ha nutrito la sua ascesa, i suoi slogan, la sua sentenza definitiva: “L’Unione europea è nata per fotterci”. Parole pronunciate dalla Casa Bianca, inaugurando l’artiglieria dei dazi, assecondato dal pubblico di devoti che dopo ogni firma lo applaude in diretta, come accadeva negli studi della Nbc, la rampa che lo lanciò nella sua orbita intorno al mondo.
(7 – Continua)

Visione d'insieme

 

Tom Tom fra gli slogan
DI MARCO TRAVAGLIO
Per capire quel che accade e potrebbe accadere sull’Ucraina, bisogna sapere che cosa si nasconde dietro gli slogan ripetuti in questi giorni da protagonisti, comprimari e comparse.
“Pace giusta”. Non è mai esistita nella storia. Le guerre finiscono in tre soli modi: 1) il contendente sconfitto si arrende e subisce le condizioni del vincitore; 2) i due contendenti in stallo, se nessuno riesce a prevalere, congelano la linea del fronte, rinviando ad altri tempi il trattato di pace che sancisce i nuovi confini; 3) il contendente in svantaggio, persa ogni speranza di vittoria ma avendo ancora molto da salvare, fa a quello in vantaggio una proposta che non possa rifiutare affinché cessi le ostilità. Il caso 1 è quello della Germania nazista e dei suoi alleati nella Seconda guerra mondiale. Il 2 è quello delle due Coree. Il 3 è quello attuale dell’Ucraina nella visione di Trump e di Putin, ma non (ancora) dell’Ue e di Zelensky.
“Non si può premiare Mosca per l’invasione regalandole terre ucraine”. Gran parte delle terre che Putin rivendica se le è già prese da un pezzo: la Crimea nel 2014, l’intero Lugansk e i tre quarti delle regioni di Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson dal 2022. L’unico “regalo” sarebbe il 25% del Donetsk: i russi possono conquistarlo manu militari con altri bagni di sangue, od ottenerlo subito a tavolino col ritiro ucraino in cambio del proprio da tutti gli altri fronti (da Sumy a Odessa).
“La Costituzione dell’Ucraina le impedisce di cedere territori”. La Costituzione può modificarla un voto del Parlamento e/o un referendum. Come nel 2019, quando l’Ucraina “neutrale” e “denuclearizzata” si autoimpose di entrare nella Nato. Lo disse Zelensky il 21 marzo 2022, quando era pronto ad accordarsi coi russi a Istanbul: “I compromessi tra Ucraina e Russia saranno sottoposti a un referendum… Anche lo status dei territori temporaneamente occupati in Donetsk, Lugansk e Crimea”. E il 28 parlò di un “referendum per modificare in pochi mesi la Costituzione sullo status neutrale dell’Ucraina”.
“La Nato garantisca la sicurezza di Kiev da future invasioni inviandole truppe di interposizione ed estendendole l’articolo 5 anche se non fa parte dell’Alleanza”. Difficile che Putin accetti truppe Nato ai suoi confini, avendo invaso l’Ucraina proprio per evitarlo. Quanto all’articolo 5, che impone a tutti i membri Nato di intervenire in difesa di uno aggredito, è improbabile che ottenga l’unanimità dei 32 soci: al massimo può prometterlo chi ci sta. Ma poi, ove mai un’Ucraina dimagrita e neutrale fosse di nuovo attaccata, deciderà chi governerà nei vari Paesi Nato se inviare truppe o infischiarsene. Quindi la promessa è scritta sulla sabbia, anzi sull’acqua. E non da volenterosi, ma da velleitari mitomani.

lunedì 18 agosto 2025

Per dire…

 


Quando prenoti di lunedì all’osservatorio astronomico per vedere pianeti e stelle che sono lì da miliardi di anni e poi ti accorgi che alle 18:15 c’era lo Spezia e alle 21 la finale di Sinner… e le stelle stanno a …scompisciarsi!