“Diversamente disarmo” e altre perifrasi per Ursula
SATIRA - Giorgia vuole un altro nome, le diamo un po’ di idee
DI TOMMASO RODANO
La premier ne fa una questione cosmetica. Investire centinaia di milioni in armi va bene, ma non le piace il nome. “Riarmo non è la parola adatta – ha detto Giorgia Meloni – il tema difesa riguarda materie prime e tantissimi altri domini. Stiamo dando messaggi non chiari ai cittadini”. O forse la paura è che siano troppo chiari e che le parole coincidano con la realtà dei fatti: riarmo significa proprio riarmo, è difficile fraintendere. Meloni potrebbe aver pensato che in un Paese assetato di sanità pubblica, scuole, lavoro; oberato dal costo della vita che sale mentre i salari ristagnano, i cittadini non siano entusiasti di scoprire che il debito si può fare – o che le spese possano essere scomputate dal calcolo del rapporto tra deficit e Pil – purché si tratti di ingrossare l’apparato militare.
Meloni, insomma, ne fa una questione di brand: “Rearm Europe” non le va giù. Magari ha ragione. Non sarebbe nemmeno la prima volta nella storia della politica – in particolare quando si tratta di armi o di guerre – che il nome di una campagna genera malintesi o imbarazzi. Nel 2001 gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan sotto le insegne dell’operazione Infinite Justice, non il massimo per portare la democrazia nel mondo islamico, dove solo a Dio appartiene la facoltà di impartire giustizia eterna. Per questa ragione, quella guerra fu ribattezzata Enduring freedom (“libertà duratura”): sarebbe stata la Storia (col ritorno dei talebani) a ridicolizzare anche quella soluzione. Un altro nome sfortunato è quello con cui nel 1988 la Germania dell’Est battezzò un’esercitazione militare che simulava la difesa contro un ipotetico attacco occidentale. Era l’operazione Friedenssturm ovvero “Tempesta di pace”, un ossimoro a suo modo straordinario, molto appropriato anche per il piano di Ursula Von der Leyen. Meloni potrebbe suggerirlo all’Europa, in modo da togliere la fastidiosa parola “riarmo” da una monumentale operazione di riarmo.
A tal fine abbiamo raccolto il contributo di alcune delle penne satiriche di questo giornale: la premier può attingervi liberamente, senza pagare i diritti, magari con una cortese citazione. Francesca Fornario la butta lì: perché non chiamarlo “Diversamente disarmo”? Non fa una piega, sarebbe di una delicatezza quasi woke. Alessandro Robecchi propone ben tre brand ripuliti, nuovi di zecca. Il primo è atomico: “NuclearPeaceEurope”. Il secondo ha un sapore finanziario: “Make Cambiali Great Again”. Il terzo è definitivo: “DeadGenerationEU”.
Riccardo Mannelli propone una svolta lisergica, in apprezzabile dialetto romano (forse un po’ complicata da tradurre a Ursula): “E famoselo sto cannone”. Infine Vauro, che la tocca piano, nel suo stile: “Più che un nome, ci vorrebbe una faccina. In questo caso, una faccina da culo sarebbe perfetta”. Disarmante.
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