giovedì 18 gennaio 2024

Meditazione tremebonda!

 

A leggere questo articolo mi è venuta voglia di partire per Londra, destinazione cimitero di Highgate per abbracciare le spoglie di Karl, chiedendogli scusa e per implorarne un intervento risolutivo! Hasta la Victoria Siempre! 


Così i super-ricchi uccidono il clima

RISCALDAMENTO GLOBALE - Il report dell’Onu conferma il 2023 come anno più caldo di sempre. Oxfam: fattore che fa esplodere le disuguaglianze, è il “decennio dei grandi divari”. Unica via d’uscita: tassare i mega-patrimoni

di Francesco Sylos Labini 

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite dedicata al monitoraggio del tempo e del clima, ha recentemente ufficialmente confermato che il 2023 è stato di gran lunga l’anno più caldo mai registrato. La temperatura media annua globale nel 2023 è stata di 1,45 °C al di sopra dei livelli preindustriali (1850-1900), superando così la soglia significativa dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici che aveva l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura (a lungo termine) a non più di 1,5° Celsius rispetto ai livelli preindustriali.

Se già dagli anni 80 ogni decennio è stato più caldo del precedente, i nove anni più recenti rappresentano il periodo più caldo mai registrato. Nel 2023, le temperature globali hanno stabilito nuovi record mensili in ogni mese tra giugno e dicembre, con luglio e agosto che sono risultati i due mesi più caldi mai registrati.

Il rapporto dell’OMM sullo stato del Clima Globale nel 2023 ha evidenziato che sono stati superati record in tutti i settori monitorati, inclusi livelli di gas serra nell’atmosfera, calore e acidificazione degli oceani, livello del mare, estensione del ghiaccio marino e bilancio di massa dei ghiacciai. Le temperature superficiali del mare sono state eccezionalmente elevate per gran parte dell’anno, portando a gravi ondate di calore marine. Inoltre, l’estensione del ghiaccio marino antartico è stata la più bassa mai registrata.

I cambiamenti climatici si manifestano quotidianamente attraverso condizioni meteorologiche straordinarie. Non è necessario ricorrere a statistiche sofisticate per accorgersi delle ondate di calore eccezionali, della mancanza di neve, della crisi idrica che si prospetta drammatica nelle isole maggiori, dell’aumento della frequenza di devastanti incendi, delle piogge intense, delle inondazioni e dei cicloni tropicali. Ogni tentativo di spiegare queste trasformazioni, che stanno accelerando sotto i nostri occhi, come il normale susseguirsi delle stagioni, sebbene ancora proposto in modo strumentale e colpevole da vari organi di stampa, è ormai non solo patetico ma anche ridicolo.

La politica, in ritardo su tutti questi sviluppi e in un estremo tentativo di negare l’evidenza, continua a prestare credito a fonti che un Paese serio dovrebbe escludere dai finanziamenti pubblici a causa della diffusione di notizie infondate, se non addirittura false. È giusto che i giovani appartenenti ai vari gruppi di attivisti climatici organizzino eventi dimostrativi per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica.

Il cambiamento climatico a lungo termine si sta intensificando, ed è inequivocabilmente attribuibile alle attività umane. La crisi climatica sta peggiorando la crisi delle disuguaglianze, ampliando disparità e fratture sociali, inaugurando ciò che il rapporto Oxfam Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi, pubblicato in occasione del meeting annuale del World Economic Forum a Davos, definisce come il “decennio dei grandi divari”. Miliardi di persone sono costrette a vedere crescere le proprie fragilità per effetto degli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti mentre una manciata di super-ricchi moltiplica le proprie fortune a ritmi spaventosi e incredibili.

Il rapporto Oxfam presenta uno scenario da film horror: i cinque uomini più ricchi del pianeta hanno raddoppiato il loro patrimonio dal 2020 a oggi, con un tasso di incremento di 14 milioni di dollari all’ora, mentre i poveri sono diventati più poveri per effetto dell’inflazione. In Italia, l’1% più ricco possiede il 23% della ricchezza (e controlla gran parte dei mass media, in particolare quei quotidiani “negazionisti climatici”). Oxfam prevede che il primo trilionario (un trilione sono 1.000 miliardi) comparirà nel prossimo decennio. L’attuale assetto economico, con il trionfo di colossali oligopoli o, in alcuni casi, monopoli, celati dietro il paravento del “libero mercato”, genera quindi un’enorme concentrazione di ricchezza in un numero sempre minore di mani.

La relazione tra le disuguaglianze economiche e la crisi climatica è spiegata in un altro rapporto Oxfam, L’uguaglianza climatica, dove si evidenzia che nel 2019 l’1% dei super-ricchi è stato responsabile del 16% delle emissioni globali di carbonio, equivalente alle emissioni del 66% più povero dell’umanità (5 miliardi di persone). Analizzando la serie storica, si nota che sin dagli anni 90 l’1% dei super-ricchi ha emesso il doppio del budget di carbonio rispetto alla metà più povera dell’umanità messa insieme. Le emissioni dell’1% dei super-ricchi sono destinate a superare di oltre 22 volte il limite di sicurezza (le emissioni consentite per rimanere al di sotto di 1,5°C di riscaldamento globale secondo gli Accordi di Parigi) nel 2030, annullando i risparmi di carbonio equivalenti a quasi un milione di turbine eoliche onshore.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha lanciato per l’ennesima volta l’allarme, affermando che le azioni dell’umanità stanno bruciando la terra. Il 2023 è stato solo un’anticipazione del futuro catastrofico che ci attende se non agiamo immediatamente. Guterres ha sottolineato la necessità di rispondere all’aumento record della temperatura con azioni innovative. Oxfam ha calcolato che una tassa del 60% sui redditi dell’1% dei super-ricchi a livello globale ridurrebbe l’equivalente delle emissioni totali di carbonio del Regno Unito e raccoglierebbe 6,4 trilioni di dollari per finanziare le energie rinnovabili e la transizione dai combustibili fossili. Il problema della tassazione di ricchezze straordinarie e indicibili deve essere posto in cima all’agenda politica, sia per un principio basilare di uguaglianza e redistribuzione delle risorse, sia per limitare le emissioni di gas serra in un momento in cui non si capisce neppure se siamo ancora in tempo a recuperare la situazione.

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