giovedì 11 gennaio 2024

L'Amaca

 

Com’è lontana l’Ungheria
DI MICHELE SERRA
Una ragazza italiana, Ilaria Salis, è detenuta da quasi un anno nelle prigioni ungheresi, in regime di massima sicurezza, per avere manifestato a Budapest contro un raduno di nazisti europei. In quell’occasione scoppiarono disordini e violenze. Salis, in compagnia di alcuni antinazisti tedeschi, avrebbe partecipato all’aggressione di un nazista che ha riportato lesioni guaribili in pochi giorni. I familiari di Ilaria hanno potuto parlare con lei solamente in settembre, otto mesi dopo il suo arresto.
Qualunque sia l’imputazione a carico di Salis, il caso colpisce soprattutto per i suoi risvolti italiani. Il padre Roberto si è rivolto al ministero degli Esteri, al ministero della Giustizia, alla presidenza del Consiglio, per sapere se è possibile qualche passo ufficiale per assistere una cittadina italiana detenuta all’estero in condizioni durissime, pur essendo ancora in attesa di processo. Riposta ricevuta: nessuna.
Nemmeno “ci dispiace ma il caso non ci riguarda”, oppure “le autorità ungheresi faranno ciò che meglio credono”. No, non una parola detta, un rigo scritto, niente di niente.
Che Ilaria Salis sia finita nei guai per essersi contrapposta fisicamente, non sappiamo con quale grado di coinvolgimento, a un raduno nazista, è probabilmente un elemento che non le giova di fronte alle autorità di un Paese retto dall’estrema destra nazionalista. Ma che le autorità italiane non si sentano in dovere, almeno per salvare la forma, di dare assistenza ai familiari della detenuta, è desolante.
L’Ungheria è membro dell’Unione Europa. I due capi di governo, Meloni e Orbán, sono in ottimi rapporti. Ma né l’una né l’altra circostanza sembrano avere alcun peso per la sorte della cittadina italiana Ilaria Salis. Domanda: ma lo slogan non era “prima gli italiani”?

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