martedì 29 novembre 2022

Spiegazione

 

Chi condona i ballisti
di Marco Travaglio
Sabato In Onda, il samiszdat che nel weekend sostituisce Ottoemezzo, era dedicato a incolpare Conte per la frana di Ischia. E Paolo Mieli, noto esperto di urbanistica, profetizzava che il Fatto avrebbe scritto che quello varato dal Conte-1 non era un condono. Una volta tanto ci ha azzeccato: scriviamo che non era un condono non perché siamo amici di Conte, ma perché non era un condono. Spiace anche per gli altri urbanisti Cappellini, De Angelis, Zurlo, Sallusti e Renzi. Ma, per sapere se il dl Emergenze del 2018 fosse o meno un condono, basta leggerlo. I suddetti esperti hanno dedotto che lo fosse perché l’art. 25 s’intitola “Definizione delle procedure di condono”. E, siccome sono anche dei fini giuristi, erano così eccitati all’idea di poter sbugiardare l’azzeccagarbugli di Volturara Appula, dandogli pure una lezione di diritto, che si sono fermati al titolo senza leggere il testo. Sennò avrebbero scoperto che si riferisce alle “istanze relative agli immobili distrutti o danneggiati dal sisma del 21.8.2017 presentate ai sensi della legge 28.2.1985 n. 47, della legge 23.12.1994 n. 724 e del decreto legge del 30.9. 2003 n. 269… pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”. E cosa sono quelle due leggi e quel decreto? I condoni edilizi di Craxi (1985) e di Berlusconi (1994 e 2003). Ecco perché il decreto Conte parlava di “pratiche di condono”: non perché ne stava facendo uno, ma perché citava quelli di Craxi e B. per poter “disciplinare gli interventi per la riparazione, la ricostruzione, l’assistenza alla popolazione e la ripresa economica nei comuni di Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno dell’Isola di Ischia” terremotati nel 2017 (art. 17). Siccome il terremoto aveva distrutto o danneggiato un migliaio di case che attendevano (da 10, 20 o 30 anni) un sì o un no ai condoni craxian-berlusconiani e gli abitanti non potevano ristrutturarle, nel 2018 si chiese ai Comuni di “assicurare la conclusione dei procedimenti” di “esame delle istanze di condono entro sei mesi”. Il che poi avvenne col sì al condono (di Craxi e B.) per chi dice 6 e chi 60 case terremotate.
Il Fatto, pur comprendendo il dramma dei senza casa, criticò il Conte-1 perché dava un brutto segnale: quelle vecchie case avevano comunque dei vani abusivi, anche se non si potevano certo abbattere ignorando i tre condoni. Ma non sanava un solo abuso in più di quelli già coperti dalle sanatorie di Craxi e B. Anzi il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il migliore degli ultimi 25 anni, aggiunse pure il divieto di qualunque opera in aree a rischio idrogeologico o di interesse ambientale, paesistico, archeologico e artistico. Come sempre, i pifferi di montagna partiti per suonare sono finiti suonati. Ma possono sempre incolpare Conte per il terremoto a Ischia del 1883.

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