martedì 12 luglio 2022

Andrea e il Rock


I Måneskin sono solo il meno peggio di quanto c’è oggi

di Andrea Scanzi 

Uno dei tanti problemi dell’epoca attuale è l’ignoranza. Molti non sanno leggere, non comprendono il testo e sono intrisi di analfabetismo funzionale. Questo aspetto drammatico viene acuito dai social, dove vige la comunicazione urlata: o è bianco o è nero. Le sfumature non sono né comprese né tollerate. Non esistono quasi mai lettori, bensì tifosi. Vale per ogni settore: lo sport, la politica, la musica.
Appunto: la musica. Poiché c’è davvero gente convinta che quella di Paky o Achille Lauro sia “musica”, ogni critica viene restituita al mittente dai “gggiovani” con la seguente motivazione granitica: “Okay boomer”. Il rincoglionimento è tale che, se osi asserire che Eric Clapton è appena più rilevante e dotato di Salmo, qualcuno ti dà del passatista. Siamo alla canna del gas (russo) e l’unica soluzione resta il meteorite.
Esaurita questa lunga premessa, è tempo di parlare dei Måneskin. Ovviamente sarà inutile, e le prossime righe – poiché né tutte bianche e né tutte nere – verranno fraintese, manipolate e criticate a caso tanto dai fan quanto dai detrattori. Amen. I Måneskin hanno un successo pazzesco, il loro concerto a Roma è stato l’ennesimo trionfo e se piaci a Iggy Pop e Rolling Stones qualche dote devi averla per forza. Il fatto che una band rock abbia successo, in questi tempi di musica quasi sempre pietosa, è una buona notizia. I Måneskin sono bravi, furbi, efficaci, vagamente impegnati, appena appena di rottura e costituiscono – nel panorama postatomico attuale – un apprezzabile meno peggio. Non sono certo loro quelli da attaccare e bombardare. Dunque lunga vita. Al tempo stesso, chi li tratteggia come fenomeni assoluti o si accontenta con una certa facilità o non conosce la storia della musica. La recensione più calzante dei Måneskin l’hanno data i Porcupine Tree. Un gruppo di talento raro, che però (tanto per cambiare) non tutti conoscono. Il loro leader, Steven Wilson, ha ben fotografato l’epoca attuale: “La musica di oggi è TikTok, è contenuto social. Come fai a fare musica in 15 secondi? Noi non ci riusciamo. Ci sono delle nuove band, ma il rock ha fallito nel reinventarsi per troppo tempo. È ormai diventato virtualmente invisibile nel mainstream, dove l’urban è completamente dominante, ed è diventato un genere di culto, come è successo al jazz nella seconda metà del Novecento”. Puro Vangelo, come direbbe Kit Carson. Wilson ha poi recensito la band italiana lanciata da X-Factor e Manuel Agnelli: “I Måneskin? Sono terribili. Certo è fantastico per l’Italia ed è sempre positivo quando una band fa conoscere ai ragazzi chitarre e batterie. Vorrei solo che fossero un po’ meglio. Per chi è cresciuto sentendo i Led Zeppelin, i Pink Floyd o i Black Sabbath, ascoltare gruppi come i Måneskin o i Greta Van Fleet e prenderli seriamente è dura perché sono una copia scadente di quel che erano gli altri. I Måneskin sono molto meglio dei Greta che sono una specie di versione boy band degli Zeppelin, ma non sarebbe bello se arrivasse qualcuno di un po’ più creativo e ispirato?”.
A parte l’uso eccessivo della parola “terribili”, condivido ogni parola. I Måneskin non sono né disastrosi né geniali. Sono un apprezzabile meno peggio in una fase storica musicalmente stitica e involuta. Un gruppo derivativo in tutto, che sa stare sul palco ma che non inventa nulla (e che del resto neanche ne ha la pretesa). Una “discreta cover band che fa inediti”, se permettete l’ossimoro. Ripeto: lunga vita. I cortei, però, li farei per ben altre realtà artistiche. E se ho voglia (sempre) di rock ascolto gli originali. Mica le copie (per quanto dignitose).

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