venerdì 22 ottobre 2021

Barbero incompreso

 

Barbero, le differenze e la lotta per il potere
di Daniela Ranieri
La Stampa, quotidiano dell’Italia operosa, industriale e insufflata dello Zeitgeist governista, interpella Alessandro Barbero (suo occasionale collaboratore) partendo dalle lezioni che lo storico terrà a Torino sul tema delle donne nella Storia, e titola così l’intervista: “Le donne secondo Barbero: ‘Insicure e poco spavalde, così hanno meno successo’”.
Il lettore curioso, che conosce Barbero quale studioso rigoroso e intellettuale diretto e mai conformista, capisce in un millisecondo che il titolo può essere: a) falso: non si contano sui giornali i virgolettati inventati; b) una riduzione giornalistica di un discorso più ampio; c) un errore del titolista, che con quel “così” allude a un rapporto di causa-effetto tra insicurezza femminile e mancata realizzazione professionale, rapporto che una risposta nell’articolo chiarirà in un battibaleno. In nessun caso, nemmeno per un secondo, penserà che per Barbero lo scarso successo delle donne dipenda da un difetto di natura che le rende inferiori agli uomini.
E infatti alla domanda sul perché le donne fatichino ad arrivare al potere e a fare carriera Barbero risponde: “Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi”. E si domanda: “È possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi?”. La frase è cristallina. E infatti, puntualmente, sui social (e dove sennò? Nei consessi dove è più alta la percentuale di individui pensanti?), il nome di Barbero è investito da una marea di rabbiosa, censoria indignazione, e la parola “strutturali”, quali sono le differenze tra uomo e donna nella nostra società, viene intesa senza il minimo tentennamento come un irricevibile sinonimo di “biologiche” (parola che evidentemente secondo gli arrabbiati Barbero ignora).
Lasciando per un attimo sullo sfondo la possibilità di affermare, sulla scorta di studi noiosissimi e poco alla moda, che esistono eccome differenze biologiche tra uomo e donna, visibili a occhio nudo o invisibili, come quelle ormonali, è evidente che Barbero sta parlando di una differente aggressività sociale, ciò che rende gli individui “competitivi”, “performanti”, adatti ai ruoli di potere così come essi sono stati disegnati dalle élite nelle società occidentali neo-liberali, non solidali, non paritarie e maschiliste. E, sì, ahinoi, le disparità di potere tra uomo e donna sono frutto di condizionamenti culturali. A riprova di ciò, Barbero più avanti afferma: “C’è chi dice: ‘Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore’. Ecco, secondo me, proprio per questa diversità fra i due generi”.
A questo punto anche il meno avvezzo alle sfumature della lingua italiana dovrebbe aver inteso che Barbero parla di differenze antropologiche tra i sessi: dagli albori della società umana, la lotta per il potere è maschile, è il figlio che uccide il padre per usurparne il trono (v. Il ramo d’oro di Frazer), e tuttora quella mancanza di spavalderia predatoria della “figlia femmina” può essere una delle ragioni per cui nel mondo le donne hanno meno potere degli uomini.
Le femministe dovrebbero sottoscrivere all’istante una dichiarazione del genere, e invece spolpano Barbero, sebbene in absentia (giacché lui si tiene igienicamente lontano dai social); il quale Barbero, curiosamente, qualche settimana fa era per i giornali di destra e/o governisti “negazionista delle foibe”, “comunista” e “ubriaco” perché ha problematizzato la cosiddetta Giornata del Ricordo in una intervista rilasciata a chi scrive, e qualche giorno dopo era “no-vax” perché ha criticato il Green pass per accedere all’università. Abbiamo due sospetti: che non si possa dire che ci sono differenze tra i sessi: così pensa chi vuole neutralizzare tutto, pure il linguaggio, pure le desinenze, pure i plurali, in una marmellata di ottusità grazie alla quale siamo tutti uguali nella realtà perché lo siamo sulla carta; che Barbero stia parlando un po’ troppo per i gusti di chi non ama fare distinzioni poetiche e criticare l’epoca dei Migliori al potere (quasi tutti maschi, peraltro). Così accade che il quotidiano di Torino, invece di titolare “Barbero: ‘Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore’”, che è il vero centro dell’intervista, titola in quel modo a dir poco ambiguo, con l’effetto di darlo in pasto a chi vorrebbe che gli storici, specie se dichiaratamente di sinistra ed ex iscritti al Pci, parlino solo del passato e lascino il presente a chi lo cavalca spavaldamente.

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