Con tre righe tre, il Saputello tremendamente ricco, ha affossato una parte vitale della cultura nazionale, MicroMega retto coscientemente da Paolo Flores d'Arcais e riferimento intellettuale per molti.
Ma il Saputello tremendamente ricco ne ha deciso la fine, basandosi su chissà cosa visto che i suoi orizzonti, le sue aspettative, i suoi traguardi a noi sono preclusi dall'inqualificabile gap da portafoglio che il saputello ha per tradizione e nepotismo. Già l'imbrigliamento di caposaldi del libero pensiero quali erano Repubblica e L'Espresso, ci hanno consegnato la realtà del personaggietto (cit.) che è in lui, un mix tra divaricazione sociale, snobismo accentuato, insulsa aria tirata (ops, mi perdoni il fratello) da canne fumarie infradiciate da quell'insano svolazzare sull'ignavia generata dall'eclatante differenza di classe, di casta, di appartenenza alla propria real casa, come il Saputello ben sa.
Degenerativa è senz'altro la convinzione insita nella "riccanza" di poter gestire e dirigere menti e sinapsi dei diversamente loro vassalli, che per quattro monete stivano dignità, ardire, ragione dentro angusti stanzini, al fine di acquisire quella sottomissione ai voleri del capo, Saputello in questa vicenda, e alle sue algide ma pur sempre dorate scelte intellettuali, rappresentanti il confezionamento del recinto di pensiero piacente da sempre ai Saputelli tremendamente ricchi come lui.
MicroMega era, ed è perché non sparirà, un cavallo imbizzarrito, simbolo del ribollire perenne e pericoloso, per tutti i John del globo, del libero pensiero. Alla vista del recinto sabaudo ha fieramente recalcitrato nella giustezza del combattimento contro coloro che, per bieco sfruttamento dei neuroni d'altri alimentanti i propri sconfinati possedimenti, vorrebbero tutti silenti ed ossequiosi, pronti a ricevere lo zuccherino pro die.
Ciò che stupisce ed irrita, è che sia Repubblica che l'Espresso rimangano sedati, paciosi ed annuenti al volere del capo, Saputello Meccanico per giunta!
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