L’amaca
Troppo mediocri per Di Battista
di Michele Serra
Di Battista è molto arrabbiato perché l’elettorato grillino è dimezzato, e la metà mancante è proprio la sua: quella anti-sistema (di destra) che dopo un breve ma clamoroso equivoco è ritornata a votare Salvini e Meloni, come è suo pieno diritto, oppure a non votare, nelle migliori tradizioni del qualunquismo italiano, che è la più immortale di tutte le tendenze politiche.
Perché non faccia altrettanto, Di Battista, tornando in seno alla robusta tradizione populista della destra italiana, non si capisce bene.
Forse sogna una specie di chavismo o peronismo in chiave europea, formalmente parecchio "de sinistra" eppure così oligarchico, nella prassi, da fondarsi su piccoli clan o famiglie regnanti, ma è appunto solo un sogno, ci sono troppi fusi orari e troppa storia politica a fare la differenza, capita che dalle nostre parti la democrazia indiretta, fondata sulla rappresentanza, abbia messo radici quante ne bastano per resistere alla piazza e alle piazzate.
Lo spazio politico che quel movimento voleva occupare in origine era così smisurato (sostituirsi ai partiti! Tutti!) che si capisce abbia potuto attirare, in mezzo a tante persone volonterose, anche i mitomani. Ma adesso quel momento, come perfino il più mediocre dei politologi aveva ampiamente previsto, è finito, destra e sinistra, ciascuna con le sue magagne, sono però sopravvissute all’idea di essere rimpiazzate da un algoritmo così come da un vaffanculo, e quelli come Di Battista devono arrendersi all’evidenza. Si fa politica anche tenendo conto delle zavorre, delle lentezze, delle consolidate abitudini. Siamo troppo mediocri per i Savonarola e troppo scafati per delirare per una Evita Peron, per giunta neanche bionda.
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