Leggere le storie di vita spezzate da un errore umano, porta rabbia e sgomento dentro il cuore. Sapere che la tragedia si sarebbe potuta evitare, idem. Sentire sdegno e ricerca di verità, di commissioni d'inchiesta, di accertamento di responsabilità, pure.
Pagherà alla fine, al solito, l'ultimo anello della catena, colui o coloro che sono stati indotti all'errore da chi, infischiandosene, non ha provveduto a reperire fondi per portare il rischio a zero, in questo caso europei in scadenza il 19 luglio, traguardo indiscusso per un paese civile. Ricordare altre stragi in altri paesi per attenuare scempio, inettitudine, incompatibilità di molti al loro ruolo pubblico, non aiuta, anzi.
Per rispetto a coloro che non ci sono più, dovremmo promettere maggior attenzione, scrupolosità, discernimento delle altisonanti dichiarazioni di questi momenti, partendo purtroppo da un presupposto, che non ci rassicura, che non ci rincuora, anzi: noi siamo quelli di Ustica, qui i problemi si coprono, il rimbalzo della palla, delle responsabilità scaricate in ogni dove alla fine, come sempre, ci stordirà, assuefando in noi la volontà di capire, d'incazzarci per coloro che non ci sono più.
Ogni volta lo stesso canovaccio: dichiarazioni sgomente, ferree volontà investigative, promesse migliorative, come se altri non avessero voluto farle e che poi, ragionando, scopri che gli altri sono loro, ed infine il silenzio, che il Fantasmino quello lo sa fare bene, vedasi, ad esempio, quello assordante attorno a Giulio Regeni.
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