La grande fuga. I successi di Meloni: gli italiani si rimpatriano in altri Stati
DI ALESSANDRO ROBECCHI
Le politiche dei rimpatri di Giorgia Meloni sono un vero successo, infatti nel 2024 156 mila italiani si sono rimpatriati da soli in altri Stati, facendo le valigie e salutando la carbonara e le ospitate di Italo Bocchino in tv (si suppone con qualche rammarico, almeno per la carbonara). Considerando che sempre nel 2024 sono nati in Italia 370 mila bambini, si può dire che per ogni due nuovi italiani, un “vecchio” italiano ha levato le tende. Ciao e grazie di tutto. “Vecchio italiano” si fa per dire, perché di quei 156 mila che sono espatriati, 131 mila hanno meno di quarant’anni e la metà (il 48,5 per cento, per la precisione) sono laureati.
Volendo correre subito alle conclusioni, si potrebbe dire che la retorica nazionalista della signora Meloni, i suoi monologhetti in video diffusi a reti unificate sulla ritrovata grandezza della “Nazzione”, il suo volitivo spronare alla fierezza e al rinascente orgoglio dell’italianità, l’attaccamento sacro alla patria, e tutte quelle fregnacce da cronachette del Ventennio, hanno prodotto risultati concreti: quelli che se ne vanno sono aumentati del 20,5 per cento in un solo anno. Brava Giorgia. Il fatto è – come al solito – che le belle parole colorite e mascellute non servono a niente, perché la gente non vive mettendo in tavola la bella retorica ardita e la Weltanschauung tricolore di Giorgia & Arianna, ma di solito preferisce buon cibo, sicurezza sociale e una risonanza magnetica quando serve, non tra ventotto mesi. Le statistiche parlano chiaro: ci dicono che a tre anni dalla laurea, solo sette italiani su dieci trovano un lavoro, e la media europea è all’otto e mezzo. Ma le statistiche sono anche freddine: non ci dicono se quei sette lavori hanno veramente a che fare con la laurea conseguita, in un Paese in cui basta lavorare una settimana ogni tanto per essere considerati “occupati”. E infatti quando Giorgia parla di boom dell’occupazione, sotto bisognerebbe scrivere, con nota segnalata da asterisco: grazie al cazzo.
Anche la perdita vertiginosa del potere d’acquisto (meno 8,7 per cento in quindici anni) non è tutta responsabilità del governo Meloni, ci mancherebbe, ma è un dato di fatto che in due anni abbondanti non è stato fatto nulla per invertire la tendenza. Pure la retorica pre-elettorale si è sciolta senza lasciare traccia: chi ricorda i “mille euro con un clic” e “toglieremo le accise sui carburanti” può serenamente farsi una risata, anche se molti se la faranno dalla Germania, o dalla Spagna o dalla Svizzera. È probabile che gli italiani che scappano dall’Italia non troveranno altrove l’Eldorado, certo, tutta l’Europa ha i suoi problemi (primo tra tutti quello di educarli alla guerra prossima ventura), ma almeno si risparmieranno l’eterno giorno della marmotta di cose sentite e risentite. Per avere un lavoro non dovranno passare dalle forche caudine dello “stage non retribuito”, non si sentiranno dire che devono lavorare “per avere visibilità e migliorare il curriculum” e non si dovranno sorbire le periodiche lacrimose intemerate dei ristoratori che non trovano cuochi e camerieri che – avidi – vogliono essere pagati.
Insomma, la retorica del Make Italia Great Again che i patrioti spargono a piene mani, abbellita dal paradosso (ah, finalmente non governano più i “comunisti”) diventa, da patetica che era, fortemente autosatirica, una presa in giro autoinflitta. Brutta immagine, quella del comiziante che arringa le folle e poi è costretto a dire, nel bel mezzo del discorso: “Aò! Ma dove andate tutti?”.