Il Governo del Lunedì
di Marco Travaglio
È inutile girarci attorno: noi nutriamo una segreta passionaccia per il ministro Piantedosi. Non solo per il cognome, che aveva suscitato speranze in tanti sia per le piante sia per le dosi, purtroppo stroncate dal decreto anti-rave. Ma soprattutto perché, appena apre bocca, tutti trattengono il fiato perché può uscirne qualsiasi cosa (caratteristica che divide con gli altri due capi dell’opposizione clandestina al governo: Lollobrigida e Giambruno). Il suo eloquio, per forma e contenuti, ricorda quello di un mattinale di questura compilato da un ubriaco: i migranti scampati ai naufragi sono “carichi residuali”, quelli che han perso un bambino in mare sono “genitori irresponsabili che fanno partire i figli in condizioni di viaggio pericolose” (rifiutando ostinatamente di imbarcarsi su yacht o navi da crociera), i cinque operai falciati dal treno notturno a Brandizzo hanno pagato “la suggestione dei social e la distrazione da video” e così via. Ma, essendo tutto affidato al caso come la lotteria di Capodanno, può pure capitare che da quella bocca esca qualcosa di sensato. È accaduto ieri, quando ha smentito complotti e regìe occulte (la Wagner, la Schlein, Soros, la Francia, la Germania, l’Ue, i rettiliani) dietro il boom di migranti sbarcati, con buona pace di Meloni e Salvini, e ha messo in dubbio che la Tunisia intenda rispettare il memorabile memorandum siglato da Saied con Giorgia e Ursula. Testuale sul complotto: “Salvini può dirlo da leader politico facendo anche delle supposizioni, io da ministro dell’Interno devo avere delle prove”. Ora – a parte il fatto che Salvini non è solo un leader: è anche un ministro e un vicepremier – l’idea che Piantedosi ha dei leader è rivelatrice: li considera dei cazzari che possono sparare qualunque panzana passi loro per la testa. E, visti i leader che frequenta, si può capirlo. Non resta che avvisare gli elettori che, casomai non l’avessero ancora capito, ne saranno entusiasti.
Nel 1999 l’Associazione Arbitri querelò Aldo Biscardi per il mitico moviolone del suo Processo del Lunedì. Il giudice gli diede ragione e archiviò il caso con la seguente, decisiva motivazione: “La credibilità oggettiva delle notizie riportate e fatte oggetto di dibattito è riconosciuta assai bassa, secondo l’opinione comune, trattandosi di notizie artatamente create o ‘gonfiate’ per suscitare la discussione e la polemica… Ne deriva che la credibilità dell’informazione offerta e la conseguente attitudine di questa ad essere, in ipotesi, idonea a ledere l’altrui reputazione sono oltremodo inconsistenti”. Ora il Processo del Lunedì è stato rimpiazzato dal Governo del Lunedì, la cui cialtroneria è così elevata da risultare penalmente irrilevante. Fuorché, forse, per un reato minore: l’abuso della credulità popolare.
Nessun commento:
Posta un commento