venerdì 5 maggio 2023

Ohhh..Orsini!

 



Crosetto teme Rovelli perché sa (bene) di essere in minoranza

di Alessandro Orsini 

Due sono i modi principali per innalzare la qualità del dibattito pubblico in Italia sulla guerra in Ucraina. Il primo consiste nell’introdurre nuove interpretazioni per ampliare l’orizzonte culturale dei cittadini e arricchire la democrazia. Il secondo consiste nell’individuare i ragionamenti illogici che prendono il sopravvento su quelli logici. Da questo punto di vista, l’Italia è un laboratorio straordinario giacché i media dominanti profondono il massimo impegno per proteggere i primi ed eliminare i secondi. A questo punto, il lettore si aspetterà che parli dell’idea assurda più nota, ovvero l’idea che il rifiuto della diplomazia e il solo invio di armi avrebbe portato la pace in pochi giorni. Questa idea illogica è ormai superata. Ce n’è una nuova contro cui combattere. Vorrei portare davanti al tribunale della ragione la tesi secondo cui nessun cittadino italiano dovrebbe criticare aspramente Biden poiché le medesime critiche rivolte a Putin in Russia causerebbero l’arresto immediato. È appena il caso di notare che questa tesi, se fosse applicata rigorosamente, causerebbe la fine di tutte le nostre libertà. Nessuno infatti potrebbe più protestare contro il potere pubblico. Agli operai che scendono in piazza per difendere il salario bisognerebbe obiettare che i loro slogan contro il governo, pronunciati a Mosca, provocherebbero un arresto di massa. Nessuno potrebbe più protestare contro i tagli alla sanità o contro gli abusi delle forze dell’ordine “perché in Russia ti arresterebbero”. Nessuno dovrebbe dire che le politiche espansive del blocco occidentale hanno provocato la distruzione dell’Ucraina, com’è autoevidente. Insomma, il modo migliore di usare le nostre libertà sarebbe quello di non usarle per passare il nostro tempo a dirci fortunati di essere più liberi dei russi: una sorta di schiavitù autoimposta. Arrivo al punto: così come in Italia è lecito criticare le politiche fiscali, allo stesso modo è lecito criticare la politica internazionale. Dal punto di vista della società libera, la critica della politica internazionale e la critica della politica fiscale sono entrambe espressione del diritto di critica. Domandiamoci adesso come sia possibile che un ragionamento così assurdo abbia conquistato tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche mainstream. Come può l’Italia essere caduta in un simile delirio anti-illuministico?

La risposta è da ricercarsi nella paura della classe dirigente bellicista. Per spiegare bene ciò che sta accadendo, devo mettere a fuoco un paradosso. Da una parte, gli ambienti bellicisti detengono il monopolio quasi assoluto dell’informazione; dall’altra, vivono nell’incubo di essere criticati al punto da lottare ferocemente per chiudere intere trasmissioni televisive (in realtà, una soltanto visto il monopolio che detengono). Com’è possibile che a una forza mediatica così spaventosa corrisponda la paura costante di un nemico inesistente? Accade perché Guido Crosetto sa che la sua posizione è minoritaria nella società. Sa che la stragrande maggioranza degli italiani è contraria alla politica di Biden in Ucraina. Ecco perché teme Carlo Rovelli. Crosetto ha dalla sua parte tutti i media dominanti, inclusa Ambra, la presentatrice del festival di piazza San Giovanni. Rovelli, invece, è soltanto uno studioso che esprime le proprie idee. Nel mio libro Anatomia delle brigate rosse (Rubbettino), studiando i totalitarismi in Cina, Russia e Cambogia, ho mostrato che il potere ha paura persino delle ombre quando perde il consenso. Sono passati 15 mesi dall’inizio della guerra. Il fallimento totale delle politiche di Ursula von der Leyen, Stoltenberg e Biden è davanti agli occhi di tutti. Questo fatto riduce il consenso verso Crosetto, mica Rovelli. Calma, nessuno agiti censure: si chiama critica della politica internazionale.

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