La scelta del vecchio Neil
di Michele Serra
Il vecchio, grande Neil Young ha chiesto (e ottenuto) di ritirare tutta la sua produzione musicale da Spotify pur di non condividere la stessa piattaforma con il podcast No Vax di tale Joe Rogan. “Le false informazioni sui vaccini fanno morire le persone — dice il cantautore canadese — e dunque o Young, o Rogan”.
La scelta è drastica, perfino discutibile, ma ha un pregio raro: è una scelta, e come tutte le vere scelte ci mette di fronte a un problema.
Ci costringe a vederlo. Il problema è che i grandi vettori di notizie, musica, spettacoli, chat, contenuti vari, si sono costruiti uno status di “neutralità” in base al quale tutto può stare con tutto, tutti con tutti, in una promiscuità babelica, smisurata, frastornante. Sono spariti gli ambiti, è morto il vecchio concetto di responsabilità editoriale: non siamo editori — dicono i monopolisti del web — siamo semplici fornitori di servizi. Una infrastruttura. Come le ferrovie e le autostrade.
Qualche goffa policy aziendale tenta di simulare un’etica dei contenuti, spesso con esiti imbarazzanti: censurano la tetta, non la svastica. Ma stravince l’idea, spaventosa, di un luogo nel quale la sola differenza in corso d’opera è tra ciò che non vende, e scompare, e ciò che vende, e sopravvive. Destra e sinistra, scienza e superstizione, cultura e ignoranza, competenza e ciarlataneria, tutto nello stesso sacco: se sei bravo ti orienti, e peschi giusto, se non sei bravo galleggi nel caos.
La pretesa di poter contenere TUTTO, di poter essere TUTTO: esiste una definizione più efficace di totalitarismo? Neil Young suggerisce l’antidoto, che è ricominciare a scegliere. Per smettere di essere scelti, scegliamo noi dove stare e con chi stare.
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