Sulla Terra ci si annoia
di Michele Serra
Nel Terzo Millennio dopo Cristo, in questo molto simile al Terzo prima di Cristo, esiste la possibilità che un singolo individuo diventi ricco come interi popoli, e anche di più.
Il fenomeno dipende dalla progressiva anchilosi della mano pubblica, dunque del fisco, che ha perduto ogni velleità di funzionare come calmiere delle disuguaglianze. (Nell’America di Roosevelt l’aliquota fiscale sui redditi alti superava l’80 per cento; con Reagan è scesa sotto il 30). Così capita che anche Jeff Bezos, come il gemello diverso Elon Musk, non sapendo più che fare della sua stratosferica ricchezza, si dedichi alla conquista dello spazio, nuova fissazione dei plutocrati americani.
Il fenomeno colpisce perché sottintende che qui sulla Terra rimane ben poco di interessante da fare; meglio dunque — chi può pagarsi il biglietto — preparare le valigie per Marte, badando di scegliere vestiti che stiano bene con il rosso, il rossiccio e il ruggine, che sono le uniche tinte presenti su quel pianeta.
Non ho idea di come ci si senta con mille miliardi di euro in tasca. Certo, è difficile riuscire a spenderli tutti con le sciantose o al baccarà, alla maniera degli avi dissipatori.
Ma per esempio: irrigare i deserti? Ripulire gli oceani dalla plastica? Dare scuole agli analfabeti? Ospedali ai malati? Coprire d’oro chi fa ricerca sul cancro? Insomma, trovare la maniera di restituire alla propria comunità (alla propria clientela, direbbero forse Bezos e Musk) almeno una parte dei quattrini che la politica, negli ultimi cinquant’anni, ha rinunciato a riscuotere in forma di tasse?
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