La gentilezza è rivoluzionaria
di Michele Serra
Ho ammirazione vera per Gianrico Carofiglio, che scende nell’arena dei talk-show con l’ aplomb impassibile del torero, e lo sguardo sereno del giusto. E ha scritto un piccolo prontuario per non soccombere alla menzogna, allo sghignazzo volgare, al deragliamento logico, e dice che la gentilezza è un’arte rivoluzionaria. Ma mi permetto, alla luce della mia quasi cinquantennale esperienza di parole in pubblico, di affiancare alla sua valorosa sfida democratica qualche nota malinconica.
“La gentilezza è rivoluzionaria” fu uno degli slogan di Cuore , il giornale di satira e non solo di satira che mi capitò di mandare in edicola, ormai trent’anni fa, insieme a valenti autori e redattori. Fondammo le Brigate Molli, gruppo clandestino che considerava molto maleducato rapire le persone, e dunque le invitava a cena.
E al posto dell’esproprio proletario, l’aggiunta proletaria: si restituivano le merci in eccesso, già pagate, negli scaffali dei supermercati.
La classica provocazione d’avanguardia, tal quale la merda d’artista di Piero Manzoni.
Durò lo spazio di un mattino.
La parola “gentilezza”, palesemente sconfitta sul campo, oggi a me suona tal quale la merda d’artista di Manzoni: un azzardo d’autore, un’idea elegante e soccombente, sommersa tra le voci egemoni, che sono quelle, brutali e trancianti, dei demagoghi, dei conduttori televisivi striduli e aggressivi, dei politici assertivi e semplicioni che parlano di tutto liberi dal dovere di dire qualcosa.
Me ne ritraggo per difendere, ben più che me stesso, le mie parole. Sono fraternamente grato a Carofiglio perché affronta una guerra che mi vede disertore.
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