Sulla privacy di Briatore
di Michele Serra
Perfino Briatore (cioè: perfino un esibizionista) avrebbe diritto a un poco di privacy. La sua prostata e i suoi esami del sangue sono stati, per giorni, esposti al pubblico come le reliquie del santo nelle feste patronali, e la sua quarantena, accolta sotto Palazzo Santanchè dal picchetto d’onore di tutti o quasi i media nazionali, minaccia di essere monitorata da uno stormo di droni. Eppure stiamo pur sempre parlando di unammalato edi una malattia, non di un drink in Costa Smeralda.
Certo, la possibilità che egli stesso posti le immagini della propria cattività (eccomi mentre mi lavo identi, eccomi che faccio gli addominali, eccomi che spiego all’Oms come si affrontano le principali questioni sanitarie mondiali) è molto forte. Appunto per questo, non sivede perché la morbosità pubblica debba sommarsi all’infantilismo privato. Una società adulta dovrebbe anteporre buone regole ai capricci di questo e quello: la malattia si rispetta, la vita privata anche, se poi l’ammalato intende affacciarsi alla finestra (Instagram) e salutare la folla sono affari suoi, peggio per lui. Se invece preferisce il silenzio e il riposo, bisogna rispettare il suo diritto a starsene per conto suo, lui, la sua prostata e i suoi anticorpi. Attorno agli ospedali si fa silenzio, lo dicono perfino i cartelli stradali.
Ma già, questa non è una società adulta. Diagnosi e prognosi di Briatore, e il suo confortevole sudario di fine estate, possono contare suunvastopubblico chenonha di meglio da fare, e tiene lo sguardo fisso sulle finestre (tante) diSantanchè. Chiha avuto una persona cara intubata, magari, preferirebbe altri modi e altri toni. Ma è pur sempre una minoranza: l’immunitàdi gregge è lontana.
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