sabato 29/08/2020
FUORI FASE
Quanto è triste la vita smeralda dopo la pandemia
di Antonio Padellaro
Fino all’altro giorno la migliore definizione di “sfigato” si poteva ricavare, per antitesi, dalla “vita smeralda”, da quel format esistenziale che Pino Corrias ha brillantemente descritto ieri sulle pagine di questo giornale. Perché nel ritratto di Flavio Briatore, eroe eponimo del Billionaire e della omonima Costa si sostanzia la lunga, strenua, pervicace, impavida lotta di un uomo “venuto dal nulla” per emanciparsi da quel nulla. Edificando nel contempo il proprio personale e monumentale antidoto contro la mediocrità umana e il miserello tran tran della gente qualunque (gli sfigati). Un Partenone sardo dove celebrare le tre divinità più propizie e adorabili: la gnocca (“mai sopra i 32 anni”), la grana (di arduo accertamento, soprattutto per il Fisco), la fama (naturalmente virale, ma non in quel senso). Poi, è successo qualcosa che ha come sconvolto e in qualche modo ribaltato quella consolidata scala “figa” dei valori. Più ancora che la positività al Covid dell’imprenditore (niente di grave, fortunatamente), si tratta di tutto ciò che è venuto prima e dopo l’insorgere del suo problema di salute. A cominciare dalla “tattica mediatica”, che una fonte non sospetta come Alessandro Sallusti ha definito “disastrosa”, basata com’era sul “negare l’esistenza” alimentando così “sospetti e illazioni di ogni genere”. “Ci voleva tanto a dirlo?”, si è chiesto giustamente il direttore del Giornale
. Se non fosse che a differenza delle “migliaia di italiani vip e non vip” vittime del contagio, Briatore e i consiglieri a lui più vicini (a cominciare dall’onorevole Daniela Santanchè) avevano rappresentato fino a un momento prima dei noti accadimenti la punta di lancia (un cicinin negazionista) nella crociata contro divieto di ballo nelle discoteche (“non ci sono evidenze scientifiche ma una grande limitazione delle nostre Libertà”). Tutto un agitarsi inconsulto inserito in un contesto che appare tuttavia totalmente fuori sincrono rispetto a quello spirito dei tempi di cui abbiamo scritto. Poiché se la razza cafona costituiva un genere comico già negli anni del berlusconismo arrembante, in questi giorni strani l’estetica del Billionaire, con tutto l’armamentario di gnoccone, macchinone, champagne a mille euro la bottiglia, e gente che balla sui tavoli appare definitivamente tristanzuola, e glamour
tipo borsello e pantaloni a zampa d’elefante (o come se dopo la Grande guerra si fosse tornati alla Belle Époque
con le ballerine sulle ginocchia dei vecchi panzoni in redingote). Domanda: e se gli sfigati fossero diventati loro?
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