sabato 18 aprile 2020

L'isola Mento - giorno 36



Fase 2 come farla, dove farla, chi lasciare a casa, i turni, lavorare di domenica, le filiere, i nuovi poveri, la dinamica delle app, come andremo al mare, dove prenderemo il sole, chi si potrà tuffare, le apericene, non si può stare più in casa, non vedo l'ora di partire per le vacanze, ma cosa sono le vacanze?, pare che anche molti notai abbiano fatto richiesta del contributo dello stato ai possessori di partita Iva, se così fosse spererei in un bel asteroide, le liposoluzioni arretrate, le farmacie che dicono fanno del bene a tutti. 

Solo poche parole al riguardo:

E' molto probabile che chi è guarito dal Covid nel giro di qualche mese potrebbe perdere l'immunità. 

Con una percentuale di imbecilli in Italia quantificabile in un 30% la possibilità di ritornare in lockdown è altissima.

Capitolo anziani in case di riposo, alla Trivulzio per intenderci: questa di seguito è l'intervista su Repubblica ad una gran bella persona che di lavoro fa l'infermiera dentro quei ripostigli per futuri cadaveri. Leggetela con attenzione. 

“Hanno falsificato la mia firma ma griderò al mondo la verità Dopo tanti orrori non dormo più”

di Tiziana De Giorgio MILANO — 

«Ho aperto il giornale, ho visto quella lettera. Quell’elenco. Poi ho guardato bene. Fra i nomi che difendevano l’azienda c’era il mio.

Come si sono potuti permettere? Come, me lo spiega, come?». È uno sfogo interrotto a più riprese dalle lacrime, quello di Antonella Corsini, infermiera da più di trent’anni al Trivulzio. Lavora al Frisia di Merate, nell’hinterland milanese, una delle sedi del Pio albergo dove il virus, da metà marzo, sta spazzando via vite con ritmi che fanno paura. La sua firma compare in quella lettera scritta da un gruppo di operatori socio-sanitari, all’indomani dei nostri primi articoli sui morti alla Baggina. Un documento inviato alle istituzioni che difende l’operato dell’azienda, guidata da Giuseppe Calicchio. Corredata però da elenchi di firme che Repubblica ha dimostrato essere tarocchi. Nomi che si ripetono tre volte fra le pagine. Fra questi, quelli di medici che sembrano avere ruoli cruciali.
Ma oggi viene a galla altro.
«Qualcuno di loro ha ricopiato la mia firma con cura — racconta l’infermiera — E io voglio gridarlo al mondo. Raccontare lo schifo di cui siamo stati vittime e testimoni. E quelle porte spalancate al virus».
Non sapeva nulla di quel documento?
«Chi l’ha mai visto, chi l’ha mai letto quel foglio? Non l’avrei firmato mai. Io non dormo più la notte per quello che stiamo vivendo. Quelle file di lenzuoli bianchi nella camera mortuaria. I nostri nonni morti, affamati d’aria, senza nessuna dignità. Esseri umani che se ne sono andati in un modo terribile. Senza che nessuno fosse lì a dire una preghiera, nessun parente a salutarli. Senza neanche la possibilità di essere lì a stringergli la mano: ci siamo contagiati e ammalati uno dopo l’altro».
Il Pat sostiene di aver semplicemente rispettato le regole.
«Ma come fa a dormire questa gente che ci ha imposto di non usare cautele per noi e i nostri pazienti?».
Con chi ce l’ha? Con Calicchio?
«Con tutti quelli che avevano il compito di tutelarci e impartire ordini. Anche se la direzione impone degli obblighi, se sei il responsabile della sicurezza tu devi rispondere a livello morale, no?
C’era chi aveva la capacità e il diritto di opporsi alle direttive. Il dovere di proteggere vite».
Le hanno vietato di usare le mascherine, Antonella?
«Io la responsabile della sicurezza l’ho sentita con le mie orecchie.
Dava ordini ai coordinatori, a tutti quelli che erano preposti a dare ordini agli infermieri».
E cosa diceva?
«Che non dovevamo indossarle.
Che non si poteva. Anche quando sono iniziati i decessi. Quelle morti spaventose una dopo l’altra. Da rappresentante sindacale hanno cominciato a chiamarmi i colleghi.
Abbiamo paura, mi dicevano dai reparti: ci hanno lasciato pochissime mascherine, dovevamo farle durare tre giorni, impartivano.
“Non è mica l’Ebola”, ci siamo sentiti dire».
E lei cosa ha fatto?
«Ricordo la sera in cui ho chiamato il responsabile infermieristico. Non era al Frisia, si è precipitato lì. Ha aperto la farmacia. Ha consegnato le mascherine che mancavano, trasgredendo gli ordini. Non riuscirò mai a resettare questo periodo, mi creda. Troppa irresponsabilità, troppa superficialità, troppa. Per questo mai avrei firmato quel documento».
Cosa farà adesso?
«Sporgerò denuncia. E se chi ha queste colpe non paga, spero che la coscienza lo perseguiti per tutta la vita. Se ne ha una».

(36. continua ... Tourmalet permettendo...)

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