mercoledì 20/03/2019
Innocente sarà lei
di Marco Travaglio
Ieri ho scritto che “sicuramente Silvio Berlusconi non ha ordinato il probabile avvelenamento di Imane Fadil”, ma “purtroppo nessuno può escludere che c’entrino i vari ambienti criminali che lo circondano da quasi mezzo secolo, da Cosa Nostra alla massoneria deviata, dal sottobosco dell’eterna Tangentopoli ai gigli di campo di Putin”. È quello che pensa qualunque persona informata e raziocinante ogni qual volta accade qualcosa di spiacevole a chi si mette di traverso sulla via di Arcore. E mi pareva il minimo sindacale da scrivere dopo la terribile fine di Imane. Non certo per immischiarmi nelle indagini della Procura di Milano sulla morte (non si sa ancora se violenta o naturale) di quella povera ragazza. Ma per rinfrescare la memoria ai sepolcri imbiancati che fingono di dimenticare il côté malavitoso della biografia berlusconiana. Non solo i suoi fedelissimi superstiti, che comprensibilmente non amano vantarsi di succedere a Mangano, Bontate, Gelli, Craxi, Mills, Previti, Dell’Utri, Cosentino, Tarantini, Lavitola e altri noti statisti. Ma anche i politici e giornalisti soi disant di sinistra che ricordano e scordano tutto a intermittenza, a seconda delle convenienze del momento. Non avevo calcolato che, nella fase crepuscolare, B. è assistito da alcune badanti italianissime eppure digiune della lingua italiana.
Il sen. Giacomo Caliendo, inopinatamente ex magistrato e noto frequentatore della loggia P3, si domanda perché io “non metta in evidenza che la povera Fadil ha già deposto nei processi e la sua morte non incide sull’esame di quanto riferito”. É esattamente quel che ho scritto, ma lui purtroppo non l’ha capito. Poi aggiunge che avrei “colpito Berlusconi senza alcun aggancio con la realtà”: in effetti affermare con quella perentorietà che “sicuramente” B. non è il mandante dell’eventuale delitto potrebbe danneggiare la sua immagine negli ambienti di cui sopra. Però, se Caliendo vuole rimediare, può sempre incolparlo lui di qualche delitto, come persona informata sui fatti. Magari chiedendo aiuto all’on. avv. Francesco Paolo Sisto. Siccome ho scritto che B., almeno stavolta, sicuramente non c’entra, Sisto parla di “attacco vergognoso e diffamatorio”: anche lui l’avrebbe preferito colpevole. E va capito: con tutti i problemi che ha Forza Italia, le manca soltanto l’innocenza di B. Infatti Sisto suggerisce agli inquirenti alcune piste investigative, purtroppo prescritte: “C’è da chiedersi se Attilio Regolo fu infilato nella botte chiodata su indicazione di un antenato di Berlusconi, se Martin Luther King fu ucciso da un collaterale afroamericano del Cavaliere”.
Ma non solo: “Se in fondo Jack Lo Squartatore non fosse che un’antesignana espressione dell’uomo di Arcore”. È chiaro che sa molto più di quel che dice. Poi c’è il povero Enrico Costa, nientemeno che “responsabile giustizia di Forza Italia” (più che un incarico, un ossimoro): “Il ‘Fango quotidiano’ pubblica il teorema di Travaglio, un cocktail di accostamenti allucinanti e tesi farneticanti. Ci auguriamo che tutte le forze politiche, anche le più lontane da noi, prendano le distanze”. Purtroppo le forze politiche tutte, anche le più lontane da lui, si sono poi scordate di prendere le distanze da me, forse perché già abbastanza distanti. Giorgio Mulè, già cronista giudiziario del Giornale, poi direttore di Panorama e ora finalmente deputato di FI, dice che sono “peggio di un avvoltoio”, che prima facevo “il guardone di Arcore sbirciando dal buco della serratura” (mi avrà scambiato con qualche suo o sua collega: io purtroppo non fui mai invitato). E ora faccio “il guardone dell’obitorio e lo sciacallo nel senso letterale del termine: si avventa su un povero corpo per una bassissima strumentalizzazione” e “vilipende cadaveri” in quanto “la giovane diventa solo un nome e un cognome nell’editoriale di Travaglio, non è meritevole di alcuna pietà e viene trasformata in un mezzo pur di infangare Berlusconi… con la tecnica vigliacchetta dell’allusione”.
Quanto all’“allusione”, mi corre l’obbligo di deluderlo. Io non alludo, io affermo. E non vorrei ci rimanesse male, ma Mulè alla sua età dovrebbe sapere che B. frequentava Mangano, Bontate, Gelli, Craxi, Mills, Previti, Dell’Utri, Cosentino, Tarantini, Lavitola e fino al 1994 finanziava Riina. Quanto alla “pietà”, ieri i famigliari di Imane Fadil hanno scelto proprio l’avvoltoio sciacallo guardone per parlare della loro congiunta, che l’estate scorsa aveva scelto proprio il giornale dello sciacallo avvoltoio guardone per la sua ultima intervista. Secondo Mulè, “seguendo la follia di Travaglio, egli stesso o qualcuno del suo branco potrebbero essere accusati di aver avvelenato la giovane pur di dare nuova linfa all’odio mai sopito per Berlusconi”. Quindi alla fine l’avvelenatore sarei io. A meno che io non “provi a rinsavire e soprattutto a testimoniare la pietas
dovuta ai defunti”. La stessa pietas che ha spinto il suo padrone a negare di aver mai visto Imane (la incontrò 8 volte in meno di un anno) e di far dire ieri ai suoi avvocati che la sua morte “dal punto di vista tecnico-processuale nuoce alla difesa di Berlusconi perché non possiamo procedere con il controesame” (cosa non si fa per sottrarsi al controesame). Il Mulè, dopo aver “rinunciato all’immunità parlamentare” (bella forza: non c’è più dal ’93), conclude con un simpatico “lo mando al diavolo, perché è intriso di tale cattiveria, di tale odio, che è destinato a non andare in Paradiso, ma all’Inferno” (decide lui, con un emendamento al Milleproroghe). Ora comunque, per evitare ulteriori incomprensioni, stiamo allestendo un centralino riservato ai parlamentari più acuti di Forza Italia. Funzionerà così: io scrivo il pezzo, loro lo leggono e poi, nel caso, mi chiamano e glielo spiego.
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