Deposto l’ultimo osso gallinaceo, svuotato definitivamente il gotto, appallottolata l’ennesima carta regalo, sorge assieme alla sfera un bagordo interiore d’insoddisfazione, di ritualità spicciola quasi a dover recitare tra un “a lei e famiglia” e l’altro. Quando m’immergo in questi faceti eventi, lacrimevoli per giunta, chiedo aiuto ai due Francesco, baluardi inossidabili, rari totem insufflanti realismo, schiettezza, nudità, ma anche sogni e fantasie spronanti.
“Io sono solo un povero cadetto di Guascogna,
però non la sopporto la gente che non sogna.
Gli orpelli? L'arrivismo? All' amo non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!”
“Per chi vive all'incrocio dei venti
ed è bruciato vivo,
per le persone facili che non hanno dubbi mai,
per la nostra corona di stelle e di spine,
per la nostra paura del buio e della fantasia.”
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