domenica 02/12/2018
Il Piccolo Giustizialista
di Marco Travaglio
Per l’angolo del buonumore, segnaliamo un “collega” che merita la più affettuosa solidarietà: Alessandro Sallusti, costretto dalle circostanze a passare d’un tratto dal presunto “garantismo” a uno sfegatato “giustizialismo”. Le circostanze sono i guai di papà Di Maio e soprattutto la vittoria del figlio che ha portato i 5Stelle al governo con la Lega e il fu B. all’opposizione. Sallusti ha impiegato nove mesi per riaversi dallo choc, ma ora sta riprendendo conoscenza. Solo che non sa più chi è: dopo 25 anni trascorsi a santificare un delinquente naturale che ne combinava di tutti i colori, a gabellare le sue prescrizioni per assoluzioni, a cancellare una condanna definitiva per frode fiscale, a difendere l’associazione per delinquere che circonda il padrone, s’è scoperto dall’oggi al domani “giustizialista”. Conversione improba come l’impresa degli studenti pluribocciati che provano a fare tre anni in uno, non essendo riusciti a farne uno in uno. E comica come quella dei carnivori impenitenti che un bel giorno si scoprono vegani e ti danno lezioni di tofu. Il povero Sallusti, pur nuovo del mestiere, s’impegna molto, ma l’inesperienza gli fa brutti scherzi. È come i bambini che giocano al Piccolo Chimico e incendiano casa. Si vede che gli mancano proprio le basi.
Convinto di avere finalmente la prova che i 5Stelle rubano come gli altri (magra consolazione per la gente normale, ma non per chi ha un padrone pregiudicato e pluri-prescritto), ci si è tuffato a pesce col tipico empito del neofita. E da dieci giorni apre il Giornale sul caso di Di Maio padre. Per carità, anche gli altri giornali vi hanno dedicato il decuplo degli spazi riservati alla sentenza sulla trattativa Stato-mafia. Ma i titoli di Sallusti hanno un che di commovente, anche perché basterebbe sostituire il nome “Di Maio” col nome “Berlusconi” (o di uno a scelta dei delinquenti della ditta) per procurargli una sincope: “Quell’immobile ‘fantasma’ sul terreno di babbo Di Maio”, “Il silenzio di Di Maio sull’edificio fantasma intestato a suo papà”, “Fantasma anche per Equitalia il fabbricato dei Di Maio”, “Lavoro nero in famiglia. Di Maio scarica suo padre”, “I dubbi sulla ditta di famiglia: usava il magazzino fantasma?”, “Abusi e altro nero nell’azienda di Di Maio. Blitz dei vigili nel capannone fantasma. E spuntano nuovi operai irregolari”, “Il Pomigliano-gate”, “Pure Luigino in nero? Il ministro non chiarisce”, “Inchiesta sui Di Maio”, “Grosso guaio: spuntano i rifiuti abbandonati: in arrivo avvisi per il padre e la zia del ministro”. Poi si scopre che si tratta di capanni di 40, 20, 15 anni fa.
Più un mucchietto di mattoni abbandonati. Tutta roba del nonno o del padre del vicepremier, che a tuttoggi non è dato sapere cos’avrebbe fatto di male. A parte qualche lavoretto senza contratto in una pizzeria. Ma supponiamo che abbia fatto tutto il 32enne Luigi, noto enfant prodige, già attivissimo prim’ancora di nascere o ai tempi dell’asilo. Meriterebbe quei titoli se negli ultimi 25 anni il Giornale ne avesse fatti di mille volte più feroci sui delitti mille volte più gravi di B. e del resto della banda (non dei rispettivi genitori). A proposito del “nero” accertato da sentenze definitive (non da titoli di giornale): 360 milioni di dollari sottratti al fisco da B. con i fondi neri accumulati all’estero gonfiando i prezzi dei film acquistati da Mediaset a Hollywood; 1.500 miliardi di lire di fondi neri Fininvest accantonati su 64 società estere nei paradisi fiscali; e altri pozzi neri impuniti grazie alla depenalizzazione del falso in bilancio, all’ex Cirielli e ai 12 condoni fiscali varati da B. A proposito di abusi edilizi: nel 2004, mentre il pm di Tempio Pausania indaga su una dozzina di abusi edilizi a Villa Certosa (Costa Smeralda, vincolo paesistico totale), B. con la scusa del terrorismo, impone per decreto il segreto di Stato sulla sua villa e la trasforma in “sede alternativa di massima sicurezza per l’incolumità del presidente del Consiglio e per la continuità dell’azione di governo”, coperta da immunità. Ed estende i benefici a tutte le altre sue residenze sparse per l’Italia. Poi allarga il (suo) condono del 2003 alle aree protette. Così la Idra Immobiliare, proprietaria delle sue magioni, presenta 10 richieste di condono edilizio per Villa Certosa. E sana tutto per 300 mila euro.
Difficilmente, negli archivi del Giornale, troverete titoli tipo: “Quegli immobili fantasma nel parco di B.”, “Il silenzio di B. sugli edifici fantasma nella sua villa”, “Abusi e altro nero nelle aziende di B.”, “L’Arcore-gate”, “Il Certosa-gate”. Ora però tenetevi forte, perché ieri Sallusti s’è superato col sontuoso, leggendario titolo: “Abusi, inchiesta sui Di Maio. Ma li salverà la prescrizione”. Non è meraviglioso? Dopo un quarto di secolo trascorso a difendere la prescrizione come una conquista di civiltà e un inalienabile diritto umano, a magnificare le leggi che allungavano i processi e dimezzavano i termini, o condonavano gli abusi edilizi, ora si scopre che la prescrizione e il condono sono marchi di infamia solo per due capannoni e quattro mattoni di papà Di Maio (anzi, “dei” Di Maio, ad abundantiam). Le 8 sentenze di prescrizione su B. lo definiscono corruttore impunito di politici, testimoni, senatori, falsificatore impenitente di bilanci e utilizzatore finale di sentenze comprate e finanzieri comprati. Ma per Sallusti sono tutte assoluzioni. Invece uno che non è neppure indagato è già “salvo per prescrizione” che, nel suo caso e solo in quello, non è assoluzione, ma condanna mancata. Poi, da domani, quando Di Maio tornerà a battagliare per bloccare la prescrizione, Sallusti tornerà a difenderla a spada tratta. Come scriveva l’altroieri in una memorabile excusatio non petita, “Siamo garantisti ma non fessi”. Fesso è chi legge.
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