In memoria di militi ignoti
DI MICHELE SERRA
Chissà se ci sarà mai uno scrittore, o un regista, in grado di raccontare la storia stupefacente dei circa diecimila soldati nord-coreani mandati a combattere al fianco dei russi in Ucraina. E molti a morire.
I soldati di tutte le guerre sono, al 99 per cento, pedine disperse su una scacchiera immensa e sconosciuta. Non meno stranito e sballottato di un coreano a Kursk doveva sentirsi un siciliano sul Carso nella guerra, scelleratissima, del ’15-18, crimine dei nazionalismi europei trionfanti e anticamera della carneficina della Seconda Guerra Mondiale. È la famosa carne da cannone, schiavi spediti a morire lontano da casa, come dalla notte dei tempi (che ci faceva un fante macedone alle porte dell’India, duemilaquattrocento anni fa?).
Ma in questo caso lo straniamento è aumentato dal misterioso isolamento che avvolge quel popolo silenziato, sequestrato alla storia. Riesce difficilissimo immaginare mogli, figli, case che quei giovani uomini hanno lasciato per andare a combattere la guerra di Putin. Non si sa niente di loro, non si legge un’intervista, una dichiarazione, una frase, perfino la precaria lettura del mondo che noi chiamiamo “informazione” non riesce ad arruolare quei fanti. È solo emerso, a un certo punto, che il traffico porno sul web, in quei paraggi, è molto aumentato, e tutti abbiamo pensato: poveretti, fuori dalla galera che chiamano Patria, hanno scoperto il nostro porco mondo. Mi chiedo se ci saranno mai lapidi, con nome e cognome, sopra le tombe di quei caduti. Che almeno da morti abbiano identità di persone. O neppure quella potranno avere, e a celebrarli solo una stretta di mano tra generali.
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