sabato 29 ottobre 2022

Interessante Watson!

 

Federico Rampini per www.corriere.it
L’ultima follia del prezzo del gas è questa: in Texas tre giorni fa valeva meno di zero, te lo regalavano, anzi ti pagavano se facevi il favore di andarlo a ritirare. Non scherzo. È un caso estremo, un’anomalia momentanea, ma serve a illustrare i paradossi di un mercato impazzito. Comunque anche in Europa i prezzi del gas sono crollati del 70% rispetto ai massimi. Sono tornati ai livelli di giugno, prima che Putin cominciasse a tagliare le forniture. Gli intermediari del gas parlano di «ingorgo», per non subire perdite sui prezzi di vendita parcheggiano navi-cisterna piene di gas liquido al largo delle coste inglesi e spagnole. La situazione si è capovolta in men che non si dica. Ma potrebbe capovolgersi di nuovo, in senso opposto. Anzi, quasi sicuramente accadrà.
Per almeno un anno, le bollette dell’energia ci faranno disperare: in un certo senso, anche quando scenderanno. Ci attende un periodo di fluttuazioni, a volte incomprensibili. Bisognerà tenere i nervi saldi per fare le scelte giuste ed evitare gli errori del passato. Cominciamo dalla situazione attuale: schizofrenia pura. Gli italiani e molti altri cittadini europei in questo preciso momento subiscono l’impatto di bollette pesantissime, che per alcuni significano sacrifici insopportabili o il fallimento. Nello stesso tempo i prezzi all’ingrosso del gas stanno precipitando, sia pure senza arrivare all’incidente estremo del Texas (un controsenso che spiego più avanti).
Che cosa sta succedendo? In un videocommento apparso sul sito del «Corriere» due giorni fa, ho spiegato le cause fondamentali del calo dei prezzi del gas all’ingrosso. Il clima insolitamente tiepido di questo autunno in tutta l’Europa consente di rinviare l’accensione dei riscaldamenti e quindi modera la domanda di energia. Anche i segnali di recessione mondiale, o quantomeno il rallentamento della crescita, riducono i consumi: col paradosso che la Cina rivende all’Europa del gas che aveva comprato ma di cui non ha bisogno perché la sua crescita è fiacca.
Le scorte per l’inverno sono state completate, le capacità di immagazzinamento del gas sono piene al 95%, quindi è cessata per adesso quella «campagna acquisti» (follemente condotta da ciascun Paese europeo per conto proprio) che aveva innescato la terribile spirale dei rialzi nei mesi scorsi. Ma le bollette che gli italiani stanno pagando riflettono ancora i prezzi all’ingrosso che erano impazziti durante quella «campagna acquisti». Ecco perché sulle famiglie e sulle imprese si abbatte, in ritardo, uno shock energetico che sui mercati all’ingrosso è già in ritirata.
Ma quanto durerà questa caduta dei prezzi? Non mi azzardo a fare previsioni, naturalmente, perché troppe incognite incidono sulla volatilità dei mercati energetici. Però il mercato dei futures già prevede un ritorno di aumenti dei prezzi quest’inverno. Un dato di fondo lo conosciamo, sulla dinamica della domanda e dell’offerta. Se continua la guerra e la Russia resta sotto sanzioni (cioè di fatto è lei che sanziona noi chiudendo i rubinetti di Nord Stream), è stata tolta dal mercato del gas una fetta consistente dell’offerta mondiale.
Per il petrolio è diverso, perché tanto petrolio viaggia su mare e quindi i flussi si adattano: il greggio che la Russia non vende più a noi, lo vende alla Cina e all’India; queste due hanno meno bisogno di petrolio saudita e di conseguenza l’Arabia può venderne di più a noi. È una partita di giro ma l’offerta complessiva di petrolio rimane abbastanza stabile (salvo qualche taglio deciso dall’Opec). Gli equilibri della domanda e dell’offerta di petrolio per adesso tendono ad aggiustarsi senza tensioni eccessive sui prezzi. Poi se arriva davvero una recessione il calo della domanda farà il resto, e i prezzi scenderanno.
Il gas segue altre regole, perché tanta parte delle forniture viaggiavano attraverso gasdotti. Quello che la Russia non vende più all’Europa non riesce a venderlo altrove. C’è quindi una componente sostanziale dell’offerta mondiale che è proprio sparita. Gli altri produttori – Olanda e Norvegia in Europa; Qatar Stati Uniti Canada Australia nel resto del mondo – non possono aumentare così tanto la propria produzione da compensare tutto l’ammanco russo.
Inoltre il gas di quei fornitori deve viaggiare allo stato liquido su nave e noi europei ci metteremo molti anni per costruire tutti i rigassificatori di cui abbiamo bisogno. (Piccolo, sporco segreto: poiché il gas liquido non è soggetto a sanzioni, noi lo stiamo comprando anche dalla Russia).
Interviene un altro problema. Per aumentare l’offerta di gas in tutti quei paesi che non sono la Russia, bisogna investire: sia nell’estrazione da nuovi giacimenti, sia nelle infrastrutture di immagazzinaggio e di trasporto. Ma governi e opinioni pubbliche in Occidente hanno contribuito a decretare uno sciopero degli investimenti, «maledicendo» le energie fossili da qui all’eternità.
Ancora di recente delle ong ambientaliste hanno pubblicamente attaccato una grande banca, Bnp Paribas, intimandole di non finanziare con un solo euro gli investimenti nel settore del gas. Rieccoci, schizofrenia pura, o autolesionismo mostruoso. Abbiamo bisogno di gas, ma vogliamo vietare tutti quegli investimenti che sono essenziali per averlo.
Questo spiega anche l’anomalia della quotazione «sotto zero» in Texas. Per la precisione, il 25 ottobre in una seduta di scambi sul mercato «spot», il gas naturale del West Texas è sceso a meno 2,25 dollari per milioni di Btu (British Termal Unit, l’unità di misura del gas). La causa è questa: localmente, in Texas, di gas se ne produce anche troppo. Però non si riesce a trasportarlo verso i consumatori sotto forma liquida. Un terminal è fuori uso da giugno per un incendio. Un altro è stato chiuso per manutenzione. Per cui i produttori di gas non sanno che farsene, pagano chi riesce a portarglielo via.
Si tratta di un problema momentaneo, anch’esso però è legato allo sciopero degli investimenti di cui sopra. Anche in America un ambientalismo anti-scientifico, con complicità a Wall Street e alla Casa Bianca, ha penalizzato per anni tutte le infrastrutture del settore negando capitali essenziali. L’idea che la transizione alle energie pulite possa essere veloce, quasi istantanea, è una follia che sta facendo danni enormi: in particolare contribuisce alle rigidità nell’offerta di quelle energie fossili che resterano ancora indispensabili a lungo.
Torno alle montagne russe: le oscillazioni folli dei prezzi del gas nei prossimi mesi. Salvo ulteriori imprevisti, dopo aver pagato delle bollette allucinanti che riflettono la corsa agli acquisti dei mesi scorsi, i consumatori italiani dovrebbero vedere arrivare delle bollette più normali che rifletteranno i prezzi di oggi, in netta discesa. Ma poi? I mercati cominceranno ad anticipare la prossima «campagna acquisti»: quando tutti i paesi europei dovranno ricominciare a fare scorte in vista dell’inverno 2023-24.
L’estate prossima ci troveremo in una situazione non molto diversa da quella dell’estate scorsa. Avremo attivato pochi rigassificatori nuovi (noi italiani molto meno dei tedeschi). La produzione olandese e norvegese, o qatarina, canadese, statunitense, australiana, sarà aumentata ma non abbastanza per via di quello sciopero degli investimenti di cui sopra. La Russia, se continua a combattere, continuerà a non venderci il suo gas salvo quel poco che arriva via nave o sui gasdotti «minori» (che attraversano Ucraina e Turchia).
Le rinnovabili non sono un’alternativa, anche perché bloccate da vincoli «paesaggistici». Per compensare il gas russo mancante non basta qualche pannello fotovoltaico in più sui tetti delle case. Bisognerebbe tappezzare il Mezzogiorno di mega-centrali solari, sequestrando così gran parte del territorio del Sud per alimentare l’industria del Nord. Oppure affollando le nostre coste di pale eoliche. Sappiamo che non accadrà. Negli Stati Uniti, dove Biden ha promesso di moltiplicare per trenta il parco eolico entro l’anno 2030, i ritardi di attuazione sono spaventosi e quell’obiettivo appare del tutto irrealistico.

Ragogna

 


Travaglio!

 

I Senzafaccia
di Marco Travaglio
Il segreto del secondo e del terzo mestiere più antichi del mondo – la politica e il giornalismo – è non avere una faccia. Così puoi dire di tutto senza perderla. E, se uno ti rinfaccia un voltafaccia per sputarti in faccia, puoi ridergli in faccia: “Faccia? Quale faccia?”.
Meloni vuole alzare il tetto del contante per favorire i poveri: perderanno i 500 euro al mese di Reddito, ma potranno girare col rotolo di 5.000 euro legati con l’elastico. Sono soddisfazioni.
Il ministro FdI Luca Ciriani spiega alla Stampa: “Intanto c’è una questione di privacy: ognuno deve poter spendere i soldi come crede”. Non capisce che il tetto al contante riguarda come paghi, non come spendi. E la privacy non tutela chi compra droga, bazooka, prostitute, favori illeciti. “Le mafie e i grandi gruppi non sono spaventati dal tetto ai contanti”. Se è per questo, neppure da Fiamme Gialle, tribunali, carceri e Codice penale: aboliamo anche quelli?
Lucio Malan, deputato FdI, twitta giulivo: “Se paghi in nero non hai alcun limite”. Gli risponde G. De Nada: “Sì, se paghi in nero hai un limite: che devi pagare in contanti. Per questo ci sono dei limiti al contante: per limitare i pagamenti in nero. Cos’è che non hai capito esattamente?”. Malan sottosegretario, come minimo.
Enrico Letta attacca Meloni perché “non ha mai pronunciato la parola pace” in 68 minuti di discorso alla Camera. Ma non spiega come mai Letta non ha mai pronunciato la parola pace in 68 giorni di campagna elettorale.
L’unica volta che De Luca ne fa una giusta – la marcia a Napoli per la pace in Ucraina – il Corriere lo accusa di “pacifismo destabilizzante” perché ignora “il ‘no grazie’ della comunità ucraina, della Cisl, del centrodestra” e ora “un altro governatore” potrebbe indire una marcia “per la vita”. Sì, ma esattamente cosa destabilizzerebbe?
Su Rep Giovanna Vitale svela la vera causa del disastro Pd: “l’avvocato pugliese” (Conte) e la sua “campagna aggressiva e non priva di ferocia ai danni di Enrico Letta”. Per dire il sadismo, pare che “punti a un suo candidato” alle Regionali nel Lazio: “Marino o Fassina” e “in casa dem masticano amaro: ‘Una provocazione, è come se noi proponessimo di candidare Di Maio’”. Ma il Pd non ha bisogno di proporre di candidare Di Maio: l’ha già candidato e i suoi elettori l’hanno già trombato.
Il portavoce e l’ambasciatore del governo ucraino criticano il capogruppo leghista Romeo (“cerca di compiacere il Cremlino”) e Conte (“Ipocrita manifestare per il cessate il fuoco”). Quando Von der Leyen e una ministra francese criticarono Meloni, Mattarella e Meloni protestarono contro le due euroingerenze. Ma ai due impiccioni ucraini nessuno risponde di chiudere il becco. E poi dicono che abbiamo un governo sovranista: magari.

Barbara e il neofascismo

 

Meloni, l’album di famiglia
NEOFASCISMO E GATTOPARDISMO - La premier rimaneggia una serie di fotogrammi pieni di omissioni, da Gladio alla P2 alle stragi di mafia. Però arrivano le lodi della stampa. E il lavoro di Draghi può proseguire
DI BARBARA SPINELLI
Fortuna ha voluto che nei dibattiti sulla fiducia a Giorgia Meloni, mercoledì al Senato, intervenisse per il M5S Roberto Scarpinato, ex magistrato, per parlare non tanto del ventennio fascista, ma della nostra storia recentissima e di quel che il neo-fascismo ha detto e fatto per decenni dopo l’avvento della Repubblica, in combutta con segmenti oscuri dello Stato e parte dei poteri forti.
L’ex magistrato ha ricordato le trame nere, la cui esistenza non è oppugnabile, e il ruolo svolto dai neofascisti nella strategia della tensione (strage di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, del treno Italicus, di Bologna). Ha connesso il presente col passato tutto intero. Ha ricomposto una biografia della nazione che per due giorni, in Parlamento, era stata presentata da Meloni come storia a pezzi, simile alla guerra mondiale a pezzi descritta da Papa Francesco.
Si può capire l’ira di Meloni, che s’esprime volentieri col linguaggio urlante del corpo (movimento della bocca che scaglia improperi, sguardo fosco). Lo squarcio inferto al velo nel quale s’avvolge l’ha visibilmente seccata. Tanto è bastato perché il microfono venisse spento nell’attimo in cui Scarpinato, evocando i legami fra destre eversive e mafia, pronunciava il nome di Marcello Dell’Utri. Abbiamo notato stizza nei banchi di destra, silenzio nel Pd ancora draghiano, applausi solo di 5 Stelle e Giuseppe Conte, che oggi appare l’unico vero leader dell’opposizione. La storia a pezzetti si è così scontrata, per qualche minuto, con un discorso di verità. Accadde qualcosa di simile quando Rossana Rossanda, il 28 marzo 1978, nel pieno del sequestro Moro, lanciò un macigno nello stagno del Pci: “In verità, chiunque sia stato comunista negli anni 50 riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle Br. Sembra di sfogliare l’album di famiglia”. Ancora aspettiamo chi, a destra, sfogli il proprio album di famiglia e smetta di tacere sul neofascismo postbellico nell’ora in cui quest’ultimo si presenta – parla ancora Scarpinato – come “l’ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento”. Da quando ha giurato sulla Costituzione, Meloni è circondata da sorrisi e acclamazioni fin qui riservati a Draghi (è impressionante il trasformismo di una stampa dimentica del proprio mestiere di cane da guardia). I sorrisi di Mattarella e Draghi innanzitutto, talmente larghi da divenire sospetti (perché è donna? giovane? underdog “meritevole”?). “Una cosa emotivamente un po’ impattante” è stato per lei il salire le altrui scale a Palazzo Chigi, al termine delle quali l’attendeva raggiante il predecessore, insigne rappresentante in Occidente dei poteri forti. Sono emotivamente impattati anche i commentatori: ecco infine una donna, addirittura una “fuoriclasse”, modello di passione mescolata a competenza, e magari il Pd ne avesse una così. I Gattopardi s’affollano sulla scena e dietro le quinte.
Intanto il capo di governo annuncia false “rivoluzioni copernicane”, quasi tutte nel segno della continuità: in politica economica (condoni, indulgenza verso gli evasori), sull’energia, l’ambiente, il lavoro (strali contro il Reddito di cittadinanza). E in politica estera – fedeltà atlantica incondizionata nella guerra in Ucraina, attacchi alla Cina, sostegno ai maxi-profitti delle industrie militari – tanto da suscitare il fondato sgomento di Conte: “Ma non è che alla fine l’agenda Draghi, presidente Meloni, la vuol scrivere Lei?”. È fondato lo sgomento, perché in filigrana già s’intravedono futuri possibili: crisi della coalizione di destra, alleanze con i draghiani Renzi e Calenda.
Non che siano scomparsi dubbi e sospetti sul passato di Fratelli d’Italia, anzi: fioriscono, i dubbi, sotto forma di copiose produzioni di libri su Mussolini e Marcia su Roma, nel caso li avessimo scordati. Per la verità non abbiamo dimenticato, non c’è bisogno che nei talk ci ripetano un giorno sì uno no (Sapevatelo su Rieducational Channel!) che la Marcia fu un abominio. Si sta bene quando la storia di una nazione o un individuo si riduce a una serie di fotogrammi rimaneggiati – prima il Risorgimento, poi la Marcia e le leggi razziali, poi l’America che ci libera e resta unica perenne stella polare visto che antifascismo e Resistenza non sono nominati, infine la palingenesi con il duetto La Russa-Liliana Segre accampati sugli schermi che chiudono il cerchio. È come se tra la fine della Repubblica di Salò e oggi ci fosse il nulla, e non: le congiure e i tentativi di colpo di Stato, Portella della Ginestra, assassinio di Mattei, Gladio, Piano di rinascita democratica della P2, assassinio di Moro, stragi di mafia, ecc. Quanto all’antifascismo, Meloni l’ha evocato solo per ricordare gli “anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica, quando nel nome dell’antifascismo militante, ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiave inglese”. Già, questo fu l’antifascismo, non ci avevamo pensato: ammazzamenti con chiavi inglesi. Non c’è da stupirsi se questa riscrittura della storia, che implicitamente riconosce solo agli Stati Uniti il merito di Liberazione dai nostri mostri, sia perfettamente funzionale ai dogmi neoliberisti e neocon, in continuità gattopardesca col governo precedente e il volere dei mercati. Anche questo governo rallenterà le trasformazioni ecologiche, e per questo incorpora ex ministri come Cingolani, che oltre al nucleare difende il fossile, il carbone e il gas liquido Usa da comprare a caro prezzo (esentandolo da rigidi tetti del prezzo: mica è gas russo!) proprio quando il rapporto Onu pubblicato mercoledì certifica che il riscaldamento terrestre sta toccando il punto di non ritorno. Impossibile che il pianeta fronteggi un simile disastro quando infuria una guerra per procura tra Occidente e Russia e s’infiamma il conflitto Usa-Cina.
Come neoliberista/illiberale, infine, il capo del governo teorizza il laissez-faire, le deregolamentazioni, e una democrazia non più “interloquente ma decidente” (“Il motto di questo governo sarà: ‘Non disturbare chi vuole fare’”). Motto plurisecolare, che Keynes criticò fin dal 1926: “(Il laissez-faire) presuppone che non vi sia grazia né protezione per quanti indirizzino il loro capitale o il loro lavoro nella direzione sbagliata. È un metodo che porta verso l’alto i ricercatori di guadagno a cui arride il successo, grazie a una spietata lotta per la sopravvivenza, attraverso la quale si seleziona il più efficiente per mezzo del fallimento del meno efficiente. (…) Se lo scopo della vita è quello di cogliere le foglie dagli alberi fino alla massima altezza possibile, il modo più facile di raggiungere questo scopo è di lasciare che le giraffe dal collo più lungo facciano morire di fame quelle dal collo più corto”. È passato quasi un secolo e ancora c’è – da Meloni a Renzi a Calenda – chi difende le giraffe con collo più alto.
La guerra contro i poveri è cominciata e la chiamano Ritorno della Politica e Meritocrazia.

Salutiamolo!




venerdì 28 ottobre 2022

Stupenda!




Mumble mumble...

 


ENI

Nel terzo trimestre del 2022 il gruppo petrolifero italiano, partecipato al 30% dal ministero del Tesoro, ha messo a bilancio utili per 3,7 miliardi di euro contro gli 1,4 miliardi dello stesso periodo del 2021 (+ 161%). La produzione di idrocarburi in calo del 7%

SHELL

Profitti da record per la compagnia petrolifera inglese Shell che ha chiuso il terzo trimestre dell’anno con utili per 9,5 miliardi di dollari (9,4 miliardi di euro), il doppio rispetto ad un anno fa e secondo risultato migliore di sempre dopo quello del periodo aprile-giugno 2022. Il risultato è al di sopra delle stime degli analisti che si attendevano guadagni per 9 miliardi. L’utile dei primi 9 mesi dell’anno supera i 30 miliardi di dollari. 


Ditemi la verità: non vi prudono le mani? 

Vi prego ditemi che non è vero!

 


Attanagliati da una bufera senza precedenti, stento a credere che questa informativa sia vera! Vi prego confermatemi che si tratti di un fake! 

Non avrei remore a sfancularvi se siete impegnati a gestire queste baggianate! 

E PERCHÉ NON CHIAMARLA PURE GIORGIO?

(Senza considerare che da oggi per me la Verniciata di Democrazia sarà La Signora Presidente del Consiglio. Tiè!)

E all'improvviso, una luce!

 



In preda ai fumi serracchiani, e del suo parrucchiere, che chissà quale mestiere farà principalmente, ottenebrati e rabbuiati dal flaccido comportamento del segretario dormiente, avviliti per il costante vaporizzazione delle beltà di quel partito una volta non in baia di scriteriati mestieranti occupati a mantenersi una poltrona - a proposito! Nessuno che abbia commentato la dipartita politica dei 5stelle giunti al secondo mandato, leggasi Fico, Taverna, Crimi, Bonafede! Come mai non si parla di questo? Paura eh? - sfidando le leggi biologiche - vedasi Casini e Grissino - ebbene: tramortiti da sconfitte e inanità improvvisamente ci siamo scossi per la soavità delle parole di questo giovane, Lorenzo Pacini, Segretario regionale lombardo del PD. 

Che ha detto di così sublime Pacini? 

“È scandaloso che nonostante il disastro elettorale il segretario nazionale – dimissionario – e tutta la dirigenza nazionale parlino ancora a nome del partito su tutti i canali televisivi e dettino legge negli organi decisionali del partito. Non ci riconosciamo né nel segretario Enrico Letta, né nei capigruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. Avrebbero dovuto fare un passo indietro subito dopo le elezioni e stare zitti, invece continuano a guidare partito e gruppi parlamentari”.   

Parole sante che da tempo immemore non udivamo da quelle parti. Finalmente qualcuno che ha compreso dove s'annidi il problema principale avvilente un intero partito! 

Vi allego di seguito tutta l'intervista del Fatto Quotidiano. Gioia per le mie orecchie! 

Quali sono stati gli errori più gravi?
Chi guida il Pd ha sbagliato tutto sia dal punto di vista della linea strategica che di quella comunicativa. Riguardo alla strategia, nonostante una legge elettorale favorevole alle coalizioni, Letta non è riuscito ad allearsi né con Calenda, né con Conte.

Chi avrebbe preferito dei due?
Bisognava allearsi o con l’uno o con l’altro, spostando il partito più a destra o più a sinistra, non lasciandolo in mezzo. La mia opinione personale è che sarebbe stata meglio un’alleanza con il M5S, ma ne avrei accettata anche una con Azione e Italia Viva.

E gli errori dal punto di vista comunicativo?
Si è cercata una polarizzazione tra Letta e Meloni, come se la scelta fosse questa, ma in realtà c’erano diverse alternative. E non ha funzionato il parlar male dell’avversario, senza dire perché gli elettori dovevano votare noi. Il messaggio è stato “scegliete o noi o loro”. E gli elettori hanno scelto loro.

Comunicazione poco brillante anche alla Camera nelle repliche al discorso della Meloni?
Letta ha fatto un intervento che non faceva né caldo né freddo, come al solito. Serracchiani è riuscita a far fare a tutto il Pd un figura di emme. Scriva pure di merda, se vuole. Non puoi accusare il primo presidente del Consiglio donna della storia italiana di volere le donne un passo indietro agli uomini. Certo, col nuovo governo si pone un tema di tutela dei diritti delle donne, di composizione prettamente maschile dello stesso esecutivo, di politiche che rischiano di non favorire il lavoro femminile. Ma le parole di Serracchiani alla Camera sono state un disastro. E infatti Meloni l’ha distrutta.

Dopo tutti questi disastri, da dove ripartire?
O il partito cambia o non ha più senso di esistere. Non vogliamo una rottamazione, che vuol dire far fuori solo i tuoi nemici. Ma vogliamo un azzeramento, una rivoluzione.

Sembra di sentir parlare un grillino…
Pretendere che ci sia un cambiamento radicale del Pd perché dal 2007 a oggi non ha mai vinto un’elezione a livello nazionale non è essere grillini, ma è essere consapevoli, realisti e in grado di dire per la prima volta davvero le cose come stanno. Puoi fare tutte le proposte del mondo, ma se hai gente che ha governato per anni senza realizzare le proposte, perdi di credibilità. Deve andare tutto insieme, rinnovamento della proposta politica e rinnovamento della classe dirigente.

Cosa vi aspettate dall’evento del 29 ottobre a Roma?
Che emerga una nuova linea di metodo e di politica programmatica.

Di metodo?
Se non si cambia la legge elettorale reintroducendo le preferenze, nello statuto del Pd vanno inserite le parlamentarie. Si vota con le preferenze dal consiglio di istituto quando sei alle superiori fino al parlamento europeo, non ho capito perché a livello di parlamento italiano non possiamo avere le preferenze. I candidati vanno scelti sul territorio con parlamentarie che consentano agli elettori di centrosinistra una scelta diretta dei propri rappresentanti in parlamento. Poi, a livello generale, bisogna ripensare a un sistema di finanziamento pubblico della politica. La politica costa, non è possibile farla mettendosi nelle mani dei finanziatori privati.

Il finanziamento pubblico non è un concetto vecchio per voi che siete giovani?
Sarà anche vecchio, ma il problema rimane ed è molto attuale. Non voglio una politica finanziata dalle lobby, ma una politica finanziata dallo Stato. Se sono i privati a finanziare la politica, poi vuol dire che devi rispondere a loro.

Come deve essere invece la vostra nuova politica programmatica?
Vanno fatte scelte che consentano al Pd di diventare un partito saldamente di centrosinistra, socialdemocratico in senso europeo. E consentano di ricostruire un’identità. Il Pd deve decidere chi vuole rappresentare, deve decidere quali battaglie fare, quali diritti e categorie di persone difendere. Basta con l’idea di voler accontentare tutti, basta col partito della responsabilità, basta andare al governo con chiunque: negli ultimi anni ci siamo andati con tutti, da Forza Italia alla Lega, al M5S.

Quali battaglie vanno fatte?
Per esempio sul salario minimo. In generale serve un’attenzione molto forte sul tema del lavoro, che è la battaglia di questo decennio. Bisogna lottare per la difesa delle classi lavoratrici italiane che oggi, pur lavorando, rimangono povere dal Nord al Sud, perché gli stipendi in questo Paese sono troppo bassi.

Il Pd non ha avuto parole nette su un tema come il reddito di cittadinanza.
È stato anche questo un errore: la gente vuole sapere se sei a favore o contrario. Io penso che il Pd dovrebbe essere a favore del reddito di cittadinanza, perché in questo momento sta salvando almeno un milione di persone dalla povertà assoluta.

Sembra di nuovo vicino al M5S.
No, sono vicino a un’idea di opposizione forte e concreta, che si concentri sui temi e sappia parlare al Paese. Se i 5 Stelle vogliono far parte del campo progressista, lo dimostrino e rinuncino alle loro battaglie populiste. In modo che insieme si possa fare un’opposizione vera e si possa creare un’alternativa progressista e di sinistra a questa destra.

Non teme che una reale iniziativa politica nell’opposizione venga assunta solo da Conte?
È già così e se il Pd non smette di perdere tempo, il M5S supererà il Pd non solo come capacità di fare opposizione, ma anche in termini di sondaggi e di voti. È difficile che Conte possa unire un’opposizione così frastagliata. Un nuovo leader o una nuova leader del Pd invece potrebbe essere in grado di unire Pd, M5S e Terzo Polo.

Può essere utile che il Pd cambi nome?
No, cambiare nome sarebbe una presa in giro verso gli elettori. Il problema non è il brand, ma sono i dirigenti, chi va a parlare in tv, le proposte. Su questo ci vuole la rivoluzione.

Se non ci sarà, ha detto meglio chiudere. Farà ancora politica in questo caso?
Certo, il destino politico mio o di tanti altri non dipende dal Pd. Continuerà a esistere un partito di centrosinistra e dei gruppi di riferimento di centrosinistra, perché in questo Paese un popolo di centrosinistra esiste.

  

Chissà…




Ragogna

 


Osho

 


Giorgia travagliata

 

Balle in maschera
di Marco Travaglio
Pensiamo anche noi, come i nuovi innamorati di Giorgia, ma soprattutto come i fratelli Caponi, che la giovanotta è studente che studia, si deve prendere una laura e deve tenere la testa al solito posto, cioè sul collo. Ma, dopo la sua replica in Senato sul “tetto ai contanti che penalizza i più poveri” e sul discorso di Roberto Scarpinato, ci piacerebbe conoscerne gli insegnanti e i testi: perché forse il problema è tutto lì. Altro che Istruzione e Merito. Fra i tanti problemi dei poveri, non ci era mai venuto in mente il tetto ai contanti, che Monti portò a 1.000 euro, Renzi a 3mila, Conte a mille, Draghi a 2mila e ora la destra vuol alzare fra i 3mila e i 10mila. Anche perché i 5 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 10 mila euro l’anno difficilmente se li portano tutti in saccoccia. E i poveri ancor più poveri che non lavorano e non guadagnano neppure quelli possono permettersi il lusso di ignorare il tetto, perché non rischiano di sforarlo per mancanza di contanti. A meno che non si mettano a spacciare droga, o a chiedere il pizzo nei negozi, o a fare gli spalloni, o a rubare nelle case, o a svaligiare banche, nel qual caso non sarebbero più poveri. Quindi attendiamo con ansia che Meloni o i suoi docenti ci presentino un povero che gira con un rotolo di 3 o 10mila euro in tasca.
Scarpinato, ex Pg di Palermo e ora senatore M5S, elenca una serie di fatti accertati in sentenze definitive sui rapporti fra il neofascismo e le stragi e fra il duo B.-Dell’Utri e la mafia. Meloni consulta i suoi prof. e/o i suoi testi, poi definisce Scarpinato “persona che giudicava gli imputati in tribunale” e il suo discorso “emblematico dei teoremi con cui parte della magistratura ha costruito processi fallimentari, a cominciare dal depistaggio sulla strage di via D’Amelio”. Ne avesse azzeccata una. 1) Scarpinato è sempre stato pm o pg: mai giudicato nessuno. 2) Il depistaggio su via D’Amelio col falso pentito Scarantino fu costruito dalla polizia e avallato dalla Procura di Caltanissetta retta da Giovanni Tinebra, poi premiato per il teorema dal governo Berlusconi-2 con la nomina a capo del Dap; e fu smontato grazie al pg Scarpinato, che istruì il processo di revisione tutt’altro che fallimentare, infatti fece assolvere gli 11 imputati innocenti e condannare i veri colpevoli. In Senato le sue parole, essendo vere, sono state accolte dal gelo (5S esclusi, quasi tutto il Pd e Sesto Polo inclusi); quelle di Meloni, essendo false, dalla standing ovation delle destre. La stampa di destra ha lodato la premier e attaccato il senatore; quella “indipendente” è rimasta neutrale (non spetta mica ai giornalisti dire chi mente e chi dice il vero). Unica eccezione, Mattia Feltri sulla Stampa: prima ha precisato di aver “perso il filo” fra la ballista e il senatore, poi ha difeso la ballista.

L'Amaca

 

Come i cavoli a merenda
DI MICHELE SERRA
Non è ancora del tutto sciolto, dopo giorni di dibattito, l’equivoco sul concetto di sovranità alimentare, adottato dal nuovo ministero per l’Agricoltura. Essendo di destra sia il governo sia il ministro in questione, in molti hanno voluto cogliere un’allusione al sovranismo. Ma c’entra come i cavoli a merenda (metafora agricola).
La sovranità alimentare è un concetto “di sinistra”, si rifà ai movimenti contadini che negli ultimi trent’anni, soprattutto nel mondo povero, hanno cercato di tornare padroni del loro lavoro e dei loro campi battendosi contro le multinazionali del cibo, la brevettabilità delle sementi, le monocolture, la cancellazione della biodiversità. Non si riferisce alla sovranità delle Nazioni ma a quella delle comunità contadine, e non è proprio la stessa cosa. Volendo, si richiama al vecchio slogan socialista “la terra a chi la lavora”.
Vandana Shiva, Carlo Petrini e altri leader della nuova agricoltura “buona, pulita e giusta” ne parlano da molto tempo. Se fossero stati ascoltati, oltre che da questo Papa, almeno dalla loro (teorica) parte politica, il concetto di sovranità alimentare oggi sarebbe un poco più familiare alla sinistra e all’opinione pubblica in generale. Peccato che la sinistra si sia molto interessata, negli ultimi anni, a quanto accade nella Silicon Valley e nella City di Londra, molto di meno a quello che succede nei campi e lungo la filiera del cibo, così determinante per le sorti umane.
Capitasse, dunque, che la destra scippasse alla sinistra, magari storpiandolo in chiave nazionalista, il concetto di sovranità alimentare, la colpa sarebbe soprattutto della derubata. Molto distratta.

giovedì 27 ottobre 2022

Nessuna novità

 


A chi si è sorpreso per il battuffolato discorso del viaggiatore nel Rinascimento arabo, consiglierei di rileggersi le imprese di questo funambolo della verità durante i vari percorsi storici attraversati, a partire dalla oramai famigerata Era del Ballismo.
Nulla di nuovo sotto il sole per uno come lui, da sempre affastellato in cervice per svilire, sminuire, sminuzzare quella "vaga idea di socialismo" che un tempo era un bene prezioso di un partito all'epoca roccioso, indomito, intransigente, soprattutto perché guidato da persone dignitose.
L'avvento di costui è coinciso con la perdita di valori custoditi e rispettati perché frutto di lotte e sofferenze di molti. La sua azione ha permesso di raggiungere traguardi mefitici impensabili, sciogliere tutele lavorative una volta stemmi di famiglia; ridicolizzare la lotta contro le discriminazioni, ampliando la forbice della diseguaglianza, oramai invereconda in queste lande.
E il comburente alimentante lo smisurato ego che da tempo immemore se ne è impossessato, lo porta oggi ad accarezzare l'idea, schiaffeggiante la ragione, di entrare nell'attuale e nefasto circo magico,sposando ideali che stanno alla decenza come la presenza di Gasparri e della figlie di Craxi e Rauti in Parlamento.
Non stupisce questo suo know-how in materia, non meraviglia più di tanto questo costante e graduale avvicinamento, il fare e non fare, il dire e non dire, il velare, l'arzigogolare attorno al nocciolo, leggasi poltrona. Non s'esitò un attimo nel capire che una parte dei voti necessari per eleggere alla seconda carica dello stato un fascista impenitente, provenivano da quelle zone malsane rette dal saltimbanco in questione, e la prova del nove, destinata agli allocchi, sarà la votazione per il Copasir e la commissione di vigilanza Rai; una delle due andrà quasi sicuramente alla Smaniosa Mnemonica, amicissima del devoto dell'arabo mandante di assassinio, fremente per uno spazio in tolda dopo che si è fatta garantire un seggio in Calabria, mentre alle politiche precedenti la spedirono in Trentino, visto che dalle parti natie aretine al solo proferire il suo nome si sviluppano tuttora foruncolosi su larga scala.
Nessuna novità, nessun clamore mi ha suscitato la recita al Senato, anche perché conosco alla perfezione il copione, anticipandone le mosse. Ho un unico rammarico: se non avesse trovato un pariolino disposto a farci comunella per superare lo sbarramento del 3%, probabilmente ora ne parlerei al passato, godendone, tra l'altro, molto.

L'Amaca

 

Il contrario dell’Europa

DI MICHELE SERRA

La sbalorditiva (ma non nuova) proposta leghista di alzare il tetto dei pagamenti in contanti fino a diecimila euro è spiegabile solo con l’euforia del momento: dev’essere molto eccitante ritrovarsi al governo nonostante una delle più impressionanti catastrofi elettorali della storia repubblicana (dal 17 all’8 per cento. Il derelitto Pd, al confronto, ha registrato un mezzo trionfo).

I rotoli di banconote, in tutto il mondo sviluppato, puzzano di malavita. Non di povertà, come ha sostenuto la premier ieri in Senato: le transazioni da migliaia di euro non sono attività da indigenti.

E alla luce della tecnologia hanno un che di trogloditico che da un lato fa sorridere, dall’altro induce ai peggiori processi alle intenzioni. Che scopo reale può avere — al di là delle ciance — combattere le transazioni elettroniche, se non oscurare l’economia e metterla al riparo dalle tasse, dalle leggi, dalla trasparenza, dall’odiato Stato che rimane IL nemico anche quando si è al governo, teoricamente servitori dello Stato medesimo? Che cos’hanno di così esecrabile, le transazioni elettroniche, in confronto alle mazzette e alle valigette, se non la loro nitidezza e leggibilità?

Per uscire dall’Europa, ben al di là di trattati e convenzioni, per uscirne di fatto, nella vita quotidiana, nella prassi come nello spirito, la proposta leghista è quasi insuperabile: niente è meno europeo (e più reazionario) del denaro contante. Sono mai stati a Parigi, a Edimburgo, in Estonia, a Madrid, gli economisti del Carroccio? Se ci sono stati, è per prendere appunti e fare il contrario.

L’italiano vero, se l’idea leghista dovesse avere seguito, sarebbe tutto pizza, mandolino e rotoli di banconote.

Per gli stranieri, solo folklore. Qui da noi, una penosa certificazione di arretratezza.


Via al Trofeo!

 


Osho

 


Come inizio non c'è male!

 


Grande senatore!

 

Han cercato pure di oscurarlo, questo serio e riflessivo discorso dell'ex giudice Scarpinato, ora senatore M5S. Un testo per una vera opposizione, al contrario di altre parole compiacenti eruttate da quello arrivato trafelato dal meraviglioso paese del rinascimento arabo, retto da un illuminato dedito anche alla sparizione dei propri nemici.
Questo il testo del suo intervento:

"Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare"
"Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale.
Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita."