giovedì 30 dicembre 2021

L'Amaca

 

Patata connection
di Michele Serra
Senza patate fritte, il Giappone potrebbe collassare? Improbabile. Mancano studi scientifici in proposito, ma è possibile sopravvivere senza patate fritte, almeno per un certo periodo. Sta di fatto che tre aerei cargo sono decollati dagli Usa per rifornire urgentemente di patate i McDonald’s giapponesi, drammaticamente a corto.
Difficilmente l’allarme-patate in Giappone è correlabile alla crisi delle materie prime. Lo sarebbe stato, forse, qualche secolo fa, quando il dilemma patata/non patata era perfettamente corrispondente a cibo/carestia, vita/morte. Più probabile che quei tre cargo siano decollati in conseguenza di un postulato del tutto nuovo, e sconosciuto ai nostri avi: i popoli benestanti non sono più capaci di sostenere privazioni anche piccole, tutto deve essere disponibile ovunque e sempre, impensabile non trovare ciliegie a Natale, fragole (insapori) tutto l’anno, vacanze al mare in inverno, nevi sciabili in estate. Basta pagare, e basta trasportare le merci (o i clienti) in giro per il mondo; e basta fare finta che non ci sia un gigantesco prezzo ambientale da pagare a questa ininterrotta sarabanda di merci non di primaria importanza.
Sarebbe interessante sapere se le patatine fritte di McDonald’s, tipico prodotto a basso prezzo, avranno o non avranno, in conseguenza dell’emergenza, un sovraprezzo. Ma in genere i costi ambientali non vengono mai scaricati sul cliente. Vengono dispersi nell’aria, sono costi volatili, occulti. Guai far sapere al cliente di Osaka, o di Tokyo, che era lui, ovviamente senza saperlo, a pilotare quei cargo verso il Giappone. Potrebbero andargli di traverso le patate. L’innocenza del consumatore è il primo presupposto della società dei consumi.

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