venerdì 17 dicembre 2021

Daje Daniela!

 

“Repubblica” celebra la “Crazy pizza” di Briatore in salsa kitsch
DI DANIELA RANIERI
(Premessa: la parola “marchette” offende le oneste signore che fino al 1958 hanno operato nelle Case di tolleranza e di cui Dino Buzzati elogiò “il garbo, il magistero tecnico, la fantasia, l’intuito psicologico, perfino la delicatezza d’animo”. Chiameremo dunque la pratica a cui la metafora rimanda “pubblicità editoriale”).
Il giorno mercoledì 15 dicembre Repubblica dedica una pagina intera di pubblicità editoriale a Flavio Briatore, intervistato in quanto “businessman flamboyant” che “si è messo in testa di rilanciare Roma”. Ci si è gelato il sangue: che si sia deciso a entrare in politica? No, di più: l’imprenditore di Cuneo, si apprende, vuole aprire una pizzeria a Via Veneto. Ma “pizzeria” è riduttivo: “Non è una pizzeria. È un brand. Un brand per far tornare la Dolce Vita a Roma”. L’intervistatore è scettico (forse prova a dissociarsi come può da quel che gli tocca fare), ma la pagina gronda una salsa kitsch megalomane che vi invitiamo a condividere. Il pizzettaro di lusso si atteggia a pioniere (potremmo indicargli almeno sei pizzerie del centro dove una Margherita costa 15 euro): “Vede, la pizza è uno street product, di solito te la portano su tavoli spogli o non apparecchiati, te la buttano là con un servizio approssimativo, roba che non ti invoglia a rimanere nel locale”. Noi poveri romani, che fino a ieri mangiavamo la pizza direttamente dai cartoni sul marciapiede, o la prendevamo al volo tipo frisbee dalla strada per spendere meno, stiamo per fare un’esperienza inaudita: “Noi abbiamo pensato di fare una pizzeria chic, branché” (branchée, che vuol dire “alla moda”, ndr). “Serviamo ottime pizze, in un posto elegante, con un servizio impeccabile. La pizza è un prodotto importante, ma è presentato in modo cheap, noi gli abbiamo creato intorno un environment diverso”. Uno pensa: saranno gli effetti del Covid, che crea danni neurologici in chi lo ha avuto e fa parlare così (anche se secondo l’amica Santanché era una prostatite, e non c’entrava nulla che Briatore fosse tenutario di un locale-focolaio con 60 dipendenti contagiati, nella gaia estate Smeralda del 2020). Infatti prosegue: “Via Veneto è un brand dentro il brand” e questo “creerà business”. Invece il giorno dopo (ieri), Repubblica Roma ri-dedica a Crazy Pizza un’altra pubblicità editoriale, di due pagine, con quattro articoli pieni di parole come “mission”, “mood”, “location”, e allora si capisce che il long Covid qui non c’entra, e nemmeno l’esser diplomati geometri, qui c’è proprio tutta una diciamo cultura che sta avanzando grazie alla pizza chic, che Briatore, chissà perché, mangia al contrario, addentando la fetta dal cornicione, così che la mozzarella cola tutta nel piatto dalla punta afflosciata, una cosa che noi proletari ci vergogneremmo di fare davanti a testimoni, soprattutto perché massimamente idiota. Comunque, dopo aver saccheggiato i cadaveri di Fellini, Mastroianni, Morricone, il giornale perpetra il vilipendio del buon gusto, coi commercianti di zona importunati per dare il benvenuto a “mr. Billionaire”, e il loro presidente che sogna i “calchi delle mani dei grandi del cinema”. Ma non è solo pubblicità, c’è spazio anche per le notizie: “Per riportare la Dolce Vita in via Veneto a Flavio Briatore non basta la ricetta della pizza chic. Nell’impasto c’è anche un’altra idea che l’imprenditore affida a Repubblica dopo aver raccontato del suo nuovo brand, Crazy Pizza (repetita iuvant, ndr)”. “‘Sarebbe bello arrivare a una pedonalizzazione totale o parziale della strada’, spiega il manager”, che ha già intimato al sindaco Gualtieri di pulirgli il viale davanti al locale. Per noi andrebbe bene, a patto che si vietino anche le moto d’acqua davanti alle coste e gli yacht ormeggiati a Porto Cervo. Comunque, dopo questa scorpacciata, a noi più che la Dolce Vita viene in mente La vita agra di Luciano Bianciardi, in cui il protagonista progettava di far esplodere il Pirellone.

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