venerdì 27 marzo 2020

L'Isola Mento - Giorno 14



E quindi questo rutto Rutte infischiandosene di pandemie, morti, sofferenze, eroismi che da quelle parti se li sognano, ha deciso insieme ad altri glaciali nostri partner nella insulsa attuale Europa cosiddetta, per sbellicamento corale, unita, di bloccare la proposta di un'azione di massa finanziaria per contrastare l'attuale situazione ricordante il periodo post bellico! 
E bravo Rutt, grazie Finlandia, complimenti Angela! 
Quindi dobbiamo pensare che i nostri "problemi nostrani fattisi persone", è inutile che li nomini sono purtroppo sempre in video,  infervorati da sempre a chiedere di uscire dal coacervo burocratico fine a sé stesso, abbiano ragione? 
Come se scoppiasse un incendio in un appartamento condominiale e qualche vicino continuasse a cenare allegramente con tutt'attorno pompieri e lance spara acqua. 
Comunque non c'è problema! come ha ben detto il Premier ce la caveremo da soli, e aspetteremo l'estate con il nostro mare, di cui vi invieremo foto che appenderete nelle vostre brughiere.

I Benetton battono cassa per mano del presidente Ascat Palenzona, un energumeno da sempre a caccia di denari! Grande esempio di civiltà di questi giaguari del lucro! 

Anche i giocatori del Barcellona evidenziano carenze mentali opponendosi alla riduzione, sacrosanta dei loro emolumenti. Certo che per la Pulce Messi non introitare quasi 400mila euro al giorno potrebbe essere un problema di questi tempi. Gli siamo vicini, per così dire...

Continuano a produrre armi, i signori della morte bellica. Gran bella notizia questa, che fa comprendere il punto di non ritorno a cui eravamo giunti prima del Covid.
Verrà il tempo della pace, della rinascita, della rimodulazione di tutte le cianfrusaglie a cui avevamo oramai fatto buon viso. Nascerà un riflusso, una spinta rivoluzionaria capace di limare, abbattere le enormi differenze sociali che quello che c'era prima aveva imposto come modello di società. Abbatteremo ogni ostacolo che si frappone per ricostruire un mondo migliore, alla faccia di tutti i cagnacci che pure in queste ore smaniano per arricchirsi. (credo che questo sia un messaggio subliminale del "Che")

Trascrivo integralmente una toccante lettera aperta di un'infermiera spezzina oggi su La Nazione in un articolo di Emanuela Rosi. 
Da meditare, da tramutare in via maestra per i tempi che verranno:


La nostra guerra contro il mostro e lo sconforto»
Il duro lavoro in un reparto di emergenza spezzino di un’infermiera precaria, a tu per tu con la morte

«Speravo di aprire gli occhi a tanti miei coetanei, e non solo, che potrebbero sottostimare la situazione. Ma ce la faremo, lo so, ce la faremo!». 

Ha paura di ammalarsi? 
«Personalmente non molta, l’ho già rischiata, cosa che succede ogni giorno in tutti i reparti, quando ancora non lavoravo li, ma è andata bene – dice – . Temo solo per la mia famiglia e che io posso trasmetterlo ad altri nel caso». 

I primi giorni di marzo le era arrivata la richiesta dell’Azzienda sanitaria di spostarsi in un reparto di emergenza per sostituire una collega a casa in malattia, dove resterà fino alla fine dell’emergenza. 

«Ho preparato uno zaino al volo con il necessario, 2 cambi, 5 mutande, qualche paio di calzini, un pigiama e poco più – racconta –. Solo il giorno prima mi avevano telefonato e mi avevano chiesto se volevo accettare uno spostamento, se me la sentivo. La situazione richiedeva una sostituzione immediata. Non ho avuto dubbi. Ma non potevo più tornare a casa. Non potevo permettermelo con quel reparto, adesso era troppo rischioso. Il giorno stesso decisi che quella, almeno per il momento, sarebbe stata l’ultima sera passata a casa mia, coi miei genitori e i miei fratelli».

Pensava che non sarebbe durato molto. 

«Le notizie che si leggevano sui giornali per quanto riguardava il mio nuovo reparto e per la mia provincia in generale erano molto rassicuranti: 1 solo paziente positivo e in via di dimissione. – racconta – Mi dissi: benissimo, vedrai che la stai immaginando più grande di quella che è, probabilmente non dovrai fare neanche una notte fuori casa. Il pomeriggio seguente lo ricordo bene. Fu uno shock: 9 positivi? Cosa mi ero persa? Perché nessuno mi aveva avvertito? Cosa stava succedendo là dentro? Perché le consegne venivano date cosi di fretta? Ma di cosa stavano parlando? Positivo chi? Quanti? In 24 ore la situazione era precipitata, i miei colleghi facevano fatica a nascondere la preoccupazione, e quello che sentivo più spesso ripetere era: è un casino, è un casino». Da allora ogni momento è inciso nella memoria: turni duri, lunghissimi, il rientro in una casa che non è la sua, sola, brevi uscite solo per fare la spesa. «Ricordo ogni fatica, ogni pianto, ogni squillo del telefono, le innumerevoli vestizioni e svestizioni, ogni respiro affannoso sotto quella tuta, viste appannate, grandi sudate, il rumore dell’ossigeno, l’odore della candeggina, il tatto ridotto dai doppi guanti, gli sguardi.. Gli sguardi... dei pazienti, dei colleghi. Dei parenti purtroppo non ce ne sono più stati. – racconta – Me ne rimarrà sempre in mente uno in particolare, della mia collega, che verso fine turno, a seguito di due emergenze improvvise in cui due pazienti, di cui uno 50enne, avevano iniziato a desaturare in modo abbastanza rapido, si volta verso di noi con gli occhi lucidi e la voca rotta e quasi impaurita: “Ma qui la gente muore davvero”. Non so perché, ma fu lì che anch’io realizzai di avere paura e che non avevo capito fino in fondo a cosa stavamo andando incontro. Da quel giorno non feci più ritorno a casa. Per il bene di tutti. Restavo semplicemente sola, ore e ore in un’altra casa e in un’altra città vicina, finché non dovevo uscire per la spesa o per il lavoro, che ormai si era trasformato nella ragione dei miei giorni. Uscire e affrontare quel bastardo a testa alta era il mio obiettivo, distruggerlo e ricominciare una vita tranquilla con le persone più care, il mio sogno». 

Per la giovane infermiera, come per i colleghi, alcune giornate iniziano alle 5,45, prima dell’alba, e finiscono alle 7,15 del giorno dopo. E in un lungo turno, qualche notte fa, il primo decesso a cui ha dovuto assistere in quel reparto. 

«Non aveva nessuno vicino in quel momento, e nessuno è venuto per lui. – racconta straziata – Il viaggio finale l’ha fatto da solo, con i parenti distrutti a casa. Sono distrutta anch’io, mi sento impotente e sconfortata. Ma ogni giorno io varco quella soglia e tiro fuori il 100 per cento di me stessa, non sono tranquilla finché non so di averlo fatto, di aver aiutato al telefono quel parente in difficoltà, di aver assicurato ai pazienti che assisto sempre un saluto sincero a ogni turno, di aver aiutato in tutto ciò che posso. E sapete perché devo per forza arrivare al 100 per cento a ogni turno? Perché per me neanche quel 100 per cento è sufficiente. Sento l’impotenza che mi divora a volte, e la sento anche nei miei colleghi, non solo infermieri ma anche medici». 

Vedono i pazienti spegnersi e non hanno modo di metterli in contatto con i parenti. Chi è autonomo chiama i familiari con il suo cellulare, per altri l’unica comunicazione possibile è mediata dagli operatori sanitari. In altri ospedali sono arrivati i tablet per consentire ai ricoverati e ai loro familiari di vedersi, almeno in video chiamata, ma qui non ce ne sono. 

«Noi ci siamo e ci saremo sempre per voi – è il suo messaggio –, ma scusateci se oggi abbiamo serie difficoltà a dirvi “andrà tutto bene, potrà tornare presto a casa”. Ma lo so che ce la faremo». 

Al posto dell'oroscopo trascrivo le frasi dette in tempi recenti da bifolchi e approfittatori che, prima, consideravamo vip (presi dal Fatto Quotidiano)

Iniziamo da uno dei simboli del nulla, che crede che il mondo sia un resort per pochi, poi a seguire altri illuminati dall'ombra.  


28 febbraio Flavio Briatore, imprenditore: “Questa roba qui è un’influenza. Pensa a quante persone muoiono ogni anno in Italia per la polmonite”. Poi una preoccupazione: “E adesso magari sospenderanno anche il Gran Premio del Bahrain”

29 febbraio Luca Zaia, governatore del Veneto: “Li abbiamo visti tutti i video con persone che mangiano topi vivi o questo genere di cose”.

2 marzo Greg Clarke, vicepresidente della Fifa: “Mi aspetto di disputare regolarmente le amichevoli in programma contro Danimarca e Italia a Wembley. Noi continuiamo con il nostro programma”.

2 marzo Gianni Infantino, numero 1 Fifa: “Non possiamo escludere nulla, ma non dobbiamo lasciarci prendere dal panico. Personalmente non sono preoccupato”.

2 marzo Vittorio Sgarbi: “Hanno umiliato l’Italia davanti al mondo. Perché non si può andare al museo egizio di Torino e invece al Mart di Trento le persone stanno una attaccata all’altra? Siamo alla demenza assoluta: sono morti solo anziani che avevano già gravi patologie!”.

3 marzo Davide Faraone, Italia Viva, su Dario Franceschini: “Spero faccia più il ministro e si occupi di più di aprire i musei. Ad esempio domenica in Sicilia abbiamo sperimentato i musei aperti: una bellissima giornata”.

4 marzo Diletta Leotta, showgirl, va a Courmayeur con il fidanzato. Il blocco del lavoro le permette relax.

4 marzo Paolo Crepet, psichiatra: “Questo si chiama panico, istruzioni per accrescere il panico. È evidente che tutto questo ha un senso per chi è sintomatico, per chi non è sintomatico vuol dire paralizzare la nazione”.

4 marzo Maurizio Costanzo: “Io esco comunque”.

5 marzo Chiara Biasi, influencer: “Non ce la faccio più (…) E nessuno che mi sta sul cazzo che muore”.

6 marzo Donald Trump: “Ho parlato con molta gente e ritengo che il numero sia molto al di sotto dell’1%”. E aggiunge: “Molte persone che contrarranno il virus si riprenderanno rapidamente, senza neanche il medico. Alcuni continuano a lavorare”.

9 marzo Barbara Saltamartini, della Lega, festeggia pubblicamente e in gruppo la vittoria alle suppletive.

12 marzo Christine Lagarde, presidente della Bce: “Non siamo qui per ridurre lo spread”. La Borsa di Milano perde il 14 per cento.

13 marzo Boris Johnson, premier britannico: “La diffusione del contagio è inevitabile, molte famiglie devono prepararsi a piangere dei morti. E l’idea più sensata sarebbe quella di provare a teleguidare il tutto attraverso misure parziali e graduali”, per poi “favorire un’immunità di gregge”.

13 marzo Christian Jessen, 43enne medico britannico, scrittore e presentatore televisivo: “Il coronavirus? Una scusa degli italiani per prolungare la loro siesta”.

15 marzo Emmanuel Macron, presidente francese: “Per evitare il contagio mentre votate, portate una penna da casa, blu o nera”.

15 marzo Matteo Renzi: “Dare colpa alla politica, all’Europa o alla Lagarde per me è populismo”.

16 marzo Salvini e la fidanzata vengono fotografati per Roma: “Non stavo andando a spasso al Colosseo, stavo andando a fare la spesa”.

17 marzo il padre di Boris Johnson: “Continuerò ovviamente ad andare al pub”.

19 marzo Georgina, fidanzata di Cristiano Ronaldo, è impegnata a Madeira nello shopping.

19 marzo Jair Bolsonaro, presidente del Brasile: “L’Italia è un Paese pieno di vecchietti, in ogni palazzo ce ne sono almeno una coppia, come a Copacabana, per questo motivo ci sono tanti morti”.

20 marzo Mark Rutte, premier olandese, punta sull’immunità di gregge: “La realtà è che gran parte del popolo olandese verrà contagiato”.

(14. Continua ... Tourmalet permettendo...)

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