martedì 20 novembre 2018

Toninelli visto da Scanzi


martedì 20/11/2018
IDENTIKIT
Il “vigile” Toninelli: l’uomo inadatto nel posto sbagliato
di Andrea Scanzi

Orange is the new black, Toninelli is the new Nardella. Lanciato a bomba contro se stesso, Danilo Toninelli è una sorta di Bignami dell’insipienza: tutto quel che non andrebbe fatto in politica, lui lo fa. Persino Beppe Grillo ha detto che parlare di lui “è come sparare sulla Croce rossa”. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è più Paperino che Disastro, ma quando sei a capo di un dicastero – purtroppo – sempre più centrale, non puoi permetterti neanche mezzo inciampo. E lui, di inciampi, vive. Senz’altro onesto e brava persona: e non è poco. Ma non basta. Parafrasando Marco Travaglio, che ne ha scritto settimane fa, potremmo dire che quando Toninelli non scrive, non parla, non si muove e non sta sui social, qualcosa di buono lo indovina. Un po’ poco, però. E la sua presenza nel Salvimaio finisce col sabotare il governo dal suo interno. Venerdì scorso, sempre sul Fatto, Pino Corrias ne ha vergato un ritratto mitologico. Raccontandone anche gli inizi: “Come molti della premiata lotteria Cinquestelle, Danilo Toninelli viene dal quasi nulla della provincia, paese di Soresina, dove nasce il 2 agosto 1974. Babbo salumiere, madre casalinga, un fratello, una villetta. Fino ai vent’anni, dopo i compiti, aiuta in bottega al bancone. Qualcuno lo ricorda ancora in camiciola bianca e cappello tra i cotechini, già allora adornandosi i polsi con i bracciali colorati, dettaglio d’anticonformismo paesano che ancora coltiva. Finito il liceo e il capocollo, studia Giurisprudenza a Brescia, si laurea, e quando gli tocca il militare, anno 1999, si arruola carabiniere, ufficiale di complemento: ma l’Arma non è ancora il suo destino”.

Assicuratore, matrimonio, figlie. Le prime candidature stitiche (84 e 9 preferenze) col M5S. Poi l’elezione nel 2013. “Secchione” esperto di legge elettorale, inventa il cervelloticissimo “Toninellum” e lo propone in streaming a Renzi. Al tempo la Diversamente Lince di Rignano è all’apice del suo regno tragicomico e Toninelli ne esce zimbellato il giusto. Ora: se ti fai mettere sotto da uno come Renzi, è bene che tu smetta. Subito. Ma lui non smette mica.

Si fa rieleggere nel 2018 e diventa addirittura ministro. Da allora è una slavina. Sensibilizza sul Codice della Strada, ma nella foto non mette la cintura. Si fa ritrarre con sguardo ora “concentrato” e ora “con occhio sempre vigile”, anche se a guardarlo sembrerebbe al massimo soffrire di stipsi. Posta scatti al mare, sorridente muscoloso e piacione, mentre imperversa l’emergenza Genova. Sorride con Vespa davanti al plastico del Ponte Morandi. In un crescendo mesto di tafazzismo bulimico, si rivela poi nell’ordine: sognatore di rosticcerie nelle stazioni e bimbi che giocano sui ponti autostradali; uomo che sussurra a tunnel inesistenti; e da ultimo “esultatore” col pugno chiuso (destro, però) lanciato al cielo dopo una votazione solo per lui storica. “Ischia il vento”, compagno Toninelli! Dopo quell’esultanza da Tardelli moscio ha pure fatto l’inchino zen, mentre la “pianista” Bernini si travestiva da pasionaria posticcia. Uno spettacolo ingigantito dai media, che trasformano ogni minuzia grillina in reato da ergastolo, ma pur sempre mediamente pietoso. Pare si sia arrabbiato pure Di Maio, e non per la prima volta. Nulla di personale, ma non è proprio il lavoro suo: in quel ruolo lì, Toninelli è ontologicamente inadatto. Durante il “caso manina”, mentre Salvini si difendeva dicendo che “Conte leggeva e Di Maio scriveva”, il collettivo Spinoza chiosò così: “Conte leggeva. Di Maio scriveva. E Toninelli colorava”. Geniale. Ma forse non era una battuta.

Nessun commento:

Posta un commento